Sono Peter Pan

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Feci un respiro più profondo e le mie palpebre vibrarono appena, prima che io aprissi gli occhi. La luce del corridoio fece restringere le mie pupille in un attimo facendomi venire un colpo di malditesta. La mia tempia sinistra cominciò a pulsare terribilmente.

Scossi la testa e mi portai le mani al viso, strofinandolo: «Che botta» mi lamentai e mi misi a sedere, sfiorando con le dita una mazza da baseball al mio fianco. Aggrottai la fronte, poco prima di ricordarmi perché brandivo una mazza da battitore. Fissai la camera vuota e buia davanti a me e deglutii a vuoto. C'era qualcosa –o qualcuno, che cavolo ne so?!- che fluttuava sopra il mio letto poco fa. E ora non c'era più. Mi guardai attorno, prima di alzarmi goffamente e ispezionare la stanza da cima a fondo. Nulla. Neanche un minuscolo granello di polvere di fata o di quell'orrendo insetto che balenava accanto al viso dell'essere. Nulla.

"Forse sono ubriaca" pensai, massaggiandomi la tempia e ripercorrendo a ritroso il corridoio, infilandomi in bagno per rinfrescarmi il viso: "In fin dei conti, sei stata sommersa da film e libri e riferimenti a Peter Pan per tutte le scorse 24 ore. È possibile che tu sia un po' travolta dagli eventi".

Annuii alla me stessa nello specchio e risi appena per la mia stupidità. Nessuno può volare e non esistono esseri umani in miniatura in grado di farlo. Punto.

Me ne andai in cucina, per recuperare un bicchiere di acqua fresca e assumere il mio analgesico, ma quando tornai in salotto, per riprendere la visione del film, rischiai nuovamente di svenire.

«Ho sempre odiato questo cartone» sbottò il ragazzo appollaiato alla testiera del mio divano: «Mi fanno apparire come il menefreghista di turno» sbuffò, passandosi una mano tra quei capelli ricci: «E poi, diciamocelo, Trilli. Tu non ci assomigli per niente a quella bambolina spastica». Una risata cristallina fece vibrare l'aria nella stanza e un distinto rumore di campanelli mi scosse l'anima.

La mia mandibola andò a cozzare contro il pavimento. Sentii nettamente il rumore dell'osso che si infrangeva sul parquet e neanche feci caso che in realtà mi era solo caduto in bicchiere di mano.

Fu allora che quell'individuo si voltò verso di me ed i nostri sguardi si incrociarono. Inutile dirvi che persi anche il fiato. Quegli occhi erano ciò che di più inverosimile ci fosse sulla faccia della terra. Facevano risultare normale perfino il fatto che il loro proprietario volasse. Erano talmente belli e magnetici e mozzafiato da non poter appartenere a nessuna dimensione reale.

«Ah, ti sei svegliata» sentii esclamare il ragazzo ed io mi sentii mancare ulteriormente le gambe, quando lo vidi spiccare un leggero volo e venire verso di me.

I suoi piedi non toccavano terra. I suoi cazzo di piedi non pestavano sul mio parquet. Perché?! Perché non volevano camminare sul mio pavimento, quei fottuti piedi scalzi?

«Oh, no!» sbottò allarmato il giovane, accelerando verso di me: «Non svenire di nuovo».

E, proprio nel momento in cui la mia testa ciondolò all'indietro, mi sentii sollevare e mi ridestai all'istante, agitandomi: «Mettimi giù!!» sbraitai, agitando le gambe e cacciando pugni all'aria. Il ragazzo obbedì, ma arriccio il naso.

«Sì, però tu non svenire di nuovo» disse come una protesta e fece comparire su quel musetto tanto adorabile un piccolo broncio. Non mi lasciai incantare –anche se avrei voluto tanto- e recuperai in fretta una padella, brandendola a mo' di arma.

«Chi sei tu?!» gli urlai addosso, sulla difensiva: «Che cavolo ci fai a casa mia? Come hai fatto ad entrare?! Sei un ladro?!».

Lui alzò le mani –grandi, perfette mani forti – e sfoderò un sorriso di scherno, che per poco non mi fece capicollare di nuovo a terra. Inciampai, mentre giravo attorno al bancone della cucina.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 14, 2015 ⏰

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