Capitolo 12 - Nuovo arrivato

409 43 68
                                    

Da più di due settimane, ormai, Aaron perdeva pomeriggi interi studiando e allenandosi con i coltelli angelici.
I progressi nelle materie toriche erano notevoli e ormai gli mancavano solo poche pagine da studiare di Storia del Mondo Invisibile, di Creature Invisibili e di Arti e scienze delle Armi Angeliche - materia tenuta dalla professoressa Elisabeth Singer, vampira più che affascinante - e poi sarebbe stato interrogato in ciascuna materia per essere definitivamente al passo con il resto degli studenti dell'ottavo anno.
Per quanto riguardava l'allenamento fisico, doveva ancora lavorarci su.
Jason gli faceva fare almeno quindici giri di corsa lungo il perimetro del castello ogni giorno, una serie infinita di flessioni ed esercizi di agilità che gli sarebbero serviti a far aumentare anche la sua massa muscolare, ma sembrava tutto inutile.
Non che Aaron non fosse all'altezza del compito, ma era praticamente impossibile che mettesse su muscoli, dato che, per svolgere quelle infinite attività fisiche, non faceva il minimo sforzo, o meglio, non sentiva fatica.
Era come se il suo corpo agisse in maniera sconnessa, insensata.
Sentiva i muscoli chiedere di essere messi alla prova ancor più duramente, li sentiva chiedere di più.
Sapeva che, se avesse voluto, avrebbe potuto correre e saltare per ore senza stancarsi più di quanto non avrebbe fatto fino a pochi mesi prima facendo una nuotata di un paio di vasche.
Era una stranissima sensazione, dato che aveva sempre odiato lo sport, ma con quel marchio era cambiato tutto. Non che gli piacesse sentire Jason impartirgli ordini su cento flessioni da fare al giorno, ma non poteva nemmeno dire di odiare la sensazione dei muscoli che si contraevano senza fare troppe storie.
Nonostante queste capacità che solo lui aveva tra tutti quegli studenti marchiati in tenera età, fin quando non avrebbe imparato a maneggiare come si doveva quei coltelli angelici, non avrebbe potuto frequentare le lezioni del professor Horton, che era appunto il direttore della Casa dei Cacciatori.
Mentre rifletteva su tutto ciò, Aaron stava prendendo l'ennesima mira con uno dei coltelli, strizzando un occhio per mettere bene a fuoco il volto di Jason, che si trovava a una decina di metri di distanza da lui.
Una volta presa la mira ideale, tirò indietro il braccio e poi lanciò l'arma verso il suo bersaglio con tutta la forza che aveva.
La lama dorata tagliò l'aria, roteò verticalmente su sé stessa, si raddrizzò proprio appena stava per giungere dov'era destinata ad andare, quando...
-Prevedibile.- commentò con sufficenza la voce magnetica di Jason. Dalla frusta che aveva appena sfoderato senza doversi muovere minimamente ora pendeva il coltello di Aaron, avvolto in una stretta che lo rendeva inutile.
Il riccio, che fino ad un attimo prima aveva lo sguardo speranzoso, alzò gli occhi al cielo e sbuffò. Poi voltò le spalle al ragazzo dagli occhi verdi e si incamminò verso un pacchetto di sigarette che aveva poggiato sul tavolino con le biglie.
-Molto prevedibile.- specificò Jason sfilando il coltello dalla frusta e tirandoglielo di rimando.
Aaron si voltò appena in tempo per afferrarlo, se no gli avrebbe anche potuto trapanare un braccio.
-E la vuoi smettere di ripetermelo?!- si lamentò poi sentendo l'agitazione crescere dentro di lui a quella sottolineatura.
Jason rimase in silenzio con le braccia scoperte dalla mancanza della giacca da prefetto incrociate al petto.
-Credevo che potesse incitarti a migliorare.- disse con tono realmente dispiaciuto e abbassando lo sguardo sulla sigaretta che Aaron aveva ormai acceso e messo tra le labbra.
-Meglio di così non so fare.- ribattè schietto l'altro, appoggiandosi ad un tavolino e lasciando che il fumo lo avvolgesse. -Non sarò mai bravo come te e non penso che ti sarebbe piaciuto se avessi trovato la mossa giusta per colpirti davvero.-
Jason non rise, ma gli si avvicinò a passi lenti guardandolo con severità.
-Che c'è?- continuò Aaron aggrottando la fronte e allontanando la sigaretta dalle labbra.
-Primo, non voglio dire che non sei bravo perchè, credimi, non è affatto così, ma solo che dovresti fare qualcosa di inaspettato oltre che utilizzare le tecniche giuste. Non puoi sperare di colpire un demone a morte senza fare qualcosa di imprevedibile.-
Aaron lo guardava con sufficenza continuando a fumare, ma in realtà stava facendo tesoro delle parole di quello che era diventato il suo "insegnante" preferito, cosa che non avrebbe mai ammesso nemmeno a sé stesso.
-E, secondo,... lo sai che non voglio che fumi!- esclamò Jason con tono tra il supplichevole e il seccato, afferrandolo per il braccio con il quale stava reggendo la sigaretta in modo tale da impedirgli di continuare. -Potrebbe essere dannoso per i tuoi risultati, oltre che per la tua salute.-
-Wow, Jason passione padre ansioso!- esclamò Aaron non riuscendo a trattenere una risata. Poi tornò serio divincolandosi dalla sua presa. -Sei ridicolo.- E fece un altro tiro più profondo, senza distogliere lo sguardo da quegli occhi color smeraldo, per poi fare uscire lentamente il fumo dalle labbra come a sottolinerare che non gli avrebbe dato ascolto, come una sfida.
Gli occhi di Jason, oltre tutto quel fumo, sembrarono scintillare di una luce strana e nuova, quasi inquietante.
-C-che hai visto?- chiese Aaron tutto ad un tratto spaventato che avesse potuto vedere qualcosa dietro di lui, magari un insetto demoniaco, ammesso che ne esistessero.
Appena il fumo diminuì, il volto di Jason divenne più visibile e i suoi occhi si addolcirono come anche la sua espressione e il sorriso che gli spuntò sulle labbra.
-Per una frazione di secondo, mi era sembrato di vedere della sensualità in te.-
Quell'espressione ammiccante fece sgranare gli occhi di Aaron e colorare le sue gote di una tonalità di rosso bene evidente sulla pelle color latte.
-Grazie per avermi ricordato che di solito non sono sexy.- ribattè fingendo disinvoltura e incrociando le braccia al petto con aria superiore.
-Tesoro, ma io scherzavo.- Jason sorrise cercando di trattenere una risata e avanzò di un passo mettendo le mani sul tavolino in modo da intrappolare l'esile corpo del ragazzo davanti a sé. Quello sguardo affilato color smeraldo stava letteralmente uccidendo qualcosa dentro il povero Aaron che ormai sentiva lo stomaco contorcersi, come se quella situazione fosse terribilmente imbarazzante. E di fatto lo era, dato come Jason lo stava guardando. -Tu sei sempre sexy.-
Jason tentò di sussurrargli quelle ultime quattro parole all'orecchio, ma Aaron inclinò il capo il più indietro possibile e lo spinse con una mano lontano da sé, anche se non ottenne più di un ridicolo passetto indietro e un sorriso divertito.
-Non provare mai più a prendermi per i fondelli!- gli urlò contro ormai paonazzo.
La cosa strana era che, insieme alla rabbia del momento, sentiva ancora quella strana sensazione allo stomaco e non riusciva a guardare quel sorriso dalla dentatura bianca che spiccava sulla pelle abbronzata senza pensare che fosse perfetto.
-Ma io non sto prendendo in giro nessuno.- insistette Jason, ancora divertito.
-Sai sempre come confondermi le idee!- Aaron alzò gli occhi al cielo, ma poi si rese conto di potere sfruttare quella imbarazzante situazione a suo favore. -Ma quindi... tu mi trovi... ehm... carino?- balbettò.
Jason aggrottò la fronte.
-Come dovrei prendere questa domanda?-
Aaron fece oscillare il capo da un lato all'altro rispondendo come in una cantilena: -Come quella di un ragazzo etero che chiede ad un ragazzo gay se lo si può considerare carino agli occhi di chi è attratto dai ragazzi.-
Il sorriso di Jason si spense lentamente, ma poi egli si schiarì la voce e mostrò un nuovo sorriso, anche se più debole.
-Ti piace una ragazza?- gli chiese con tono stranamente dolce.
Aaron avvampò nuovamente.
-Devi solo rispondere alla mia domanda, non cercare di ficcanasare.- lo ammonì.
-Be', ti ricordo che tra noi due il "ragazzino" sei tu. Ed io non mi faccio mai usare dai ragazzini.- ribattè l'altro mostrandosi leggermente infastidito, nonostante il sorriso. -Ma voglio fare un'eccezione. Quindi sì, personalmente ti trovo...- Si avvicinò di più a lui fino a far quasi sfiorare le punte dei loro nasi, continuando a fissarlo con occhi quasi a fessura. Le sue labbra dischiuse stavano quasi per pronunciare il verdetto. -... Sai una cosa? Credo che potrei fare a meno delle parole per dirtelo.-
L'aria maliziosa con cui lo guardava, fu la goccia che fece traboccare il vaso.
-Jason, credo che la nostra conversazione debba finire qui.- si affrettò a dire Aaron, mettendosi a sedere sul tavolino dietro di lui pur di allontanarsi di più. -Credo di potere sopravvivere senza sapere la tua risposta.-
-Che poi non è detto che la tua bella abbia i miei stessi gusti.- aggiunse Jason passandosi una mano tra i capelli neri con un fare tanto naturale e annoiato che dava a vedere la non troppa delusione per quella risposta. -È di qui o... di Manhattan?-
Aaron lo gaurdò seccato.
-Sei peggio di mia madre.-
Dicendo quelle parole, gli vennero alla mente tante di quelle cose che di colpo la tristezza lo invase.
Sua madre, Ryan...
Non lo avrebbero potuto vedere mai più.
Ora, per loro, lui era invisibile, nel vero senso della parola.
Quando si rese conto di avere gli occhi lucidi e che Jason era ancora lì con lui, tirò su col naso e si voltò a guardare un punto della stanza indefinito, riprendendo a fumare.
-Aaron.-
Quando Jason lo chiamò, lui non rispose, restando con gli occhi acquosi fissi sulla parete vuota. Almeno, questa, non lo avrebbe visto piangere, non lo avrebbe visto debole.
-Ehi...- Il sussurro di Jason giunse alle sue orecchie come un suono chiaro, come l'unica cosa chiara in tutte quelle cose assurde che ormai facevano parte della sua vita. E ora la sua mano calda e affusolata gli si stava avvicinando con accortezza, quasi temesse di essere rifiutata con un altro spintone o una manacciata.
Ma Aaron non fece nulla se non accogliere quella mano sul suo collo, sorprendendosi di quanto quel gesto fosse privo di malizia.
-È per questo che fumi tanto? Per quello che hai dovuto lasciare?- gli chiese Jason facendolo voltare di scatto verso di lui.
Ormai era inutile nascondere le lacrime.
Gli occhi castani di Aaron scivolarono sulla mano che ancora gli cingeva il collo, rassicurante.
-Fumavo anche prima.- riuscì a rispondere tornando con i piedi a terra. Poi si asciugò gli occhi con il dorso di una mano.
Jason chinò il capo, riflettendo.
-Ora riesco quasi a capire mia madre.- fece debolmente il riccio. -Anch'io ho voluto tenere Ryan all'oscuro di tutto questo, ma ora mi rendo conto di quanto io abbia sbagliato. Se gli avessi detto la verità... magari ora non mi starebbe considerando il peggire amico della storia. Si starà sentendo abbandonato, trascurato. Penserà che abbia deciso di non dirgli della mia presunta partenza perchè non gli volevo veramente bene, invece non è affatto così, ma lui... lui non lo sa...-
Ormai, anche se le lacrime non si decidevano a scendere, Aaron aveva gli occhi rossi e lucidi, mentre una smorfia di dolore e tristezza gli compariva sul volto.
E, quando Jason si precipitò a stringerlo in un abbraccio caldo e rassicurante senza esitare un attimo, non riuscì a rifiutare quel gesto affettuoso che ormai gli era fin troppo poco familiare.
Aaron si abbandonò alle lacrime, stringendo le dita attorno alla stoffa della maglietta lucente di Jason, come se fosse un'ancora a cui aggrapparsi, l'ultima rimasta.
Dal canto suo, Jason lo stringeva tra le sue braccia con forza, come se in quel modo il suo dolore si potesse alleviare.
Non riusciva a capacitarsi di una cosa: era stato lui a impedire ad Aaron, lo stesso ragazzo che ora stava consolando, di dire tutta la verità al suo migliore amico.
Non riusciva ad accettare di essere l'unico vero motivo della tristezza che avrebbe accompagnato per sempre quel ragazzino al quale si era affezionato fin troppo.
-Per me, dire tutto a mio padre sui cacciatori, è stato difficile, molto. Anche perchè ora è costretto a vivere nei pressi di Melantha.- gli rivelò Jason continuando ad accarezzargli la schiena fino a risalire sulla sua nuca con una mano, provocandogli dei brividi appena percepibili. -Scusami, pensavo che non farti dire nulla a nessuno fosse la cosa migliore da fare.-
A queste parole, Jason accompagnò un bacio sulla fronte di Aaron, il quale aprì gli occhi di scatto, sentendo, non solo l'animo in subbuglio, ma anche lo stomaco, di nuovo.
Il riccio si staccò da lui affettandosi ad asciugarsi gli occhi.
-Non... non avrei voluto che mi vedessi così.- gli confessò con lo sguardo basso. -Ora hai una ragione in più per considerarmi un debole, oltre che un ragazzino.- aggiunse con un sorriso sarcastico e triste al contempo.
Jason stava per ribattere, probabilmente con qualcosa di simpatico, a giudicare dalla sua espressione nuovamente sorridente, ma qualcuno spalancò di colpo le porte della stanza degli allenamenti, facendolo sobbalzare.
Erano Onoùphrios e Rosanne.
Il preside aggrottò le sopracciglia e fissò lo sguardo su Jason per poi passarlo su Aaron, che, nel frattempo, si era dato una sistemata alla maglietta attillata e che era sceso giù dal tavolino
-Spero di non avere interrotto niente di importante.- disse Onoùphrios con tono pacato, con il solito sorriso e lo sguardo celeste e vago che, non a caso, ricadeva su Jason.
-No, affat-
-Possiamo perdonarla.- se ne uscì prontamente Jason interrompendo un Aaron in più che totale imbarazzo. Il preside e Rosanne aggrottarono la fronte. -Per non avere bussato alla porta prima di entrare.- precisò il ragazzo dai tratti asiatici con un sorriso quasi sadico sul volto.
Onoùphrios non si stava certo sforzando di non dare a vedere il fastidio che stava provando, pensò Aaron.
-Non ha interrotto assolutamente niente, signor Fletcher.- replicò quest'ultimo, lanciando un'occhiata di fuoco a Jason, che però era evidentemente troppo preso dal gustarsi l'espressione interdetta e falsamente sorridente del preside.
-Dovreste mettervi d'accordo.- riprese Onoùphrios intrecciando le mani dietro la schiena nuda e spostando gli occhi vitrei su quelli color cacao di Aaron. -E dovreste anche sbrigarvi. L' Huntingmoon sarà stanotte. E voglio che partecipi anche tu, Aaron.-
Jason sgranò gli occhi e quasi scoppiò a ridere per le parole del preside che dovevano sembrargli piuttosto divertenti.
Aaron lo guardò inarcando le sopracciglia.
-Non vorrà davvero farlo partecipare già da ora!- esclamò Jason quasi con tono accusatorio, smettendo di ridere al vedere l'espressione più che seria di Onoùphrios e l'alzata di spalle di Rosanne sulla soglia della porta. -No, non sono d'accordo. Dovrebbe aspettare la caccia del prossimo mese.-
-Poco importa se sei d'accordo o meno.-
Quel tono austero era tradito appena visibilmente dallo sguardo celeste carico di qualcosa di indecifrabile, ma che era vagamente identificabile con il rimorso.
Aaron aveva già sentito parlare delle così dette "Huntingmoon" dai suoi compagni di stanza.
Si trattava di cacce ai demoni vere e proprie, che avvenivano all'interno del Bosco Nero con le dovute precauzioni da parte di insegnanti e preside, in modo tale che nessuno studente avesse troppi problemi a difendersi durante questi "giochi".
-Io voglio partecipare.- sentenziò Aaron facendo un lungo respiro.
Tutti e tre i presenti si voltarono a guardarlo, stupiti.
Jason lo stava praticamente uccidendo con lo sguardo, il preside aveva le sopracciglia alzate tra il sorpreso e il soddisfatto, mentre Rosanne aveva le braccia incrociate al petto e gli mostrava un sorriso leggermente spaventato.
Il silenzio era imbarazzante.
-So di non essere ancora allo stesso livello degli altri, ma non lo sarò mai se non tento di...-
-Tu non parteciperai.- ripetè Jason fissandolo per convincere sé stesso che sarebbe andata come avrebbe voluto lui.
-E invece io credo che debba partecipare.- se ne uscì Rosanne facendosi avanti a passi lenti.
Onoùphrios le sorrise facendole un cenno di approvazione.
-Aaron, Rosanne e Lydia ti spiegheranno come funziona il gioco più nello specifico. Questa notte, alle ventitré, saremo tutti ai piedi della boscaglia.-
"E addio al coprifuoco." pensò Aaron tra sé, ma annuì soltanto.
-Bene.- commentò Onoùphrios con un ulteriore sorriso soddisfatto. Poi, quando Aaron e Rosanne gli porsero gli opportuni saluti e stavano per uscire dalla stanza degli allenamenti, il suo sguardo intercettò Jason, che si era preso la giacca viola dalla sedia sulla quale l'aveva abbandonata e che stava seguendo gli amici. -Oh, non posso ancora congedarti, Jason. Resterai qui per discutere di...-
-Mi sa che mi congederò da solo, allora.- ribattè il cacciatore con un sorriso civettuolo sulle labbra.
Onoùphrios lo guardò con rimprovero.
-Io sono il preside.-
-E io ho l'urgente bisogno di una doccia.- Ci fu una pausa carica di tensione e di occhiate di sfida. -E anche Aaron.- aggiunse poi Jason guardando con la coda dell'occhio il riccio ormai fuori dalla stanza con Rosanne.
Vedendo l'espressione d'improvviso rigida di Onoùphrios, Jason sorrise divertito e si incamminò verso i suoi amici.
-Che ti ha detto?- gli chiese Rosanne curiosa, mentre si incamminavano verso la Sala dei Cacciatori, nella quale potevano essere invitati anche studenti di altre casate.
Jason fece spallucce per poi voltarsi a guardare Aaron, che camminava tra lui e la strega con il capo chino e le mani nelle tasche posteriori dei pantaloni.
-Vuoi partecipare solo per fare qualcosa senza il mio consenso?- gli chiese provicatorio, ma senza rabbia.
Aaron alzò lo sguardo confuso su di lui.
-Ma no!- esclamò. -Vorrei solo vedere a che punto sono capace. Affrontare un demone minore non è mai stato in cima alla mia lista dei desideri, però...-
-Si tratta di una prova guidata e sarà liberato un solo demone in tutto il bosco. È improbabile che capiti proprio davanti a te.- disse con noncuranza. -Soprattutto se io lo impedirò.-
-Ma non è giusto!- esclamò Aaron esasperato e fermandosi di botto di camminare.
-Ehi, piccioncini, dovreste smetterla di litigare come una vecchia coppia in crisi!- ridacchiò Rosanne scuotendo la testa. -Non riesco proprio a capire come sopravviviate a tutte le lezioni insieme.-
-Guarda, non lo so nemmeno io.- fece Aaron buttandola sul ridere e riprendendo a camminare per raggiungerla.
Presto Jason fece lo stesso e, tenendo una mano in tasca, con l'altro braccio gli cinse le spalle.
Aaron, preso alla sprovvista, fece per replicare, ma Jason attaccò subito a parlare guardando avanti a sé, come se avesse appena compiuto il gesto più naturale del mondo.
-Sapete cosa mi dà fastidio?- chiese corrucciato.
-Uhm?- fece Rosanne passandosi le dita di una mano tra i capelli scuri e mossi.
-L'omofobia. E le persone false. E i pantaloni a cavallo basso.-
Aaron battè più volte le palpebre e sorrise, pensando a quanto fosse banale mettere i pantaloni a cavallo basso allo stesso livello delle prime due cose elencate, mentre Rosanne si piegava letteralmente dalle risate.
Bastava poco per farla ridere, pensò Aaron.
Jason inclinò il capo quanto bastava per guardare Aaron sorridere e, con il pollice della mano che gli faceva penzolare sulle spalle, gli carezzò delicatamente una guancia.
Il riccio si ritrasse appena, sentendosi attraversare da un'ondata di calore in volto e dai brividi lungo il corpo.
Alzò con cautela lo sguardo smaliziato sul ragazzo che continuava a guardarlo dall'alto.
-Adoro il tuo sorriso.- gli sussurró quest'ultimo in modo che il rumore dei tacchi di Rosanne le impedissero di ascoltare.
Aaron dischiuse le labbra cercando le parole più adatte e meno idiote da dire.
-Smettila.-
"Okay, potevo fare di meglio." si disse tra sé.
-Vorrei vederti sorridere più spesso, davvero.- continuò l'altro senza badargli.
-Jason!-
La voce gelida e femminile che richiamò l'attenzione dei tre proveniva inevitabilmente da Lydia che, con i lunghissimi capelli biondi e lisci al vento, stava attraversando di fretta il corridoio venendo loro incontro.
-C'è bisogno di... di una mano.- disse incerta guardando Aaron con la coda dell'occhio.
Jason aggrottò la fronte e fece scivolare il braccio dalle spalle di Aaron.
-Vengo subito.-
-No.- ribettè Lydia mettendo una mano a mo' di stop per fermarlo. Guardò nuovamente Aaron e poi fece segno al suo migliore amico di avvicinare l'orecchio alle sue labbra.
Mentre gli sussurrava qualcosa, Aaron e Rosanne si scambiarono un'occhiata stranita e confusa e poi tornarono a guardarli.
Appena Lydia finì di parlare, Jason si allontanò da lei con occhi brillanti.
Sembrava stupito e... felice.
-Che è successo?- chiese Aaron fissandolo. -Tutto okay?-
Jason non rispose subito ma si limitò a continuare a sorridere.
-Non posso crederci... Aaron,- disse poi voltandosi a mettergli le mani sulle spalle, cercando i suoi occhi scuri con i suoi due smeraldi. -è successa... una cosa.-
Il riccio aggrottò la fronte.
Jason sospirò, smettendo di sorridere.
-È successa una cosa a Ryan.-

*

Aaron non sentiva più niente, nessuna voce. Tutto era ovattato.
Non che stesse per perdere i sensi, ma quello che lo circondava, al momento, poco gli importava.
Non voleva sentire nessuno. I suoi pensieri erano rivolti a Ryan.
Quando, pochi istanti prima, Jason gli aveva detto che gli era accaduto qualcosa, non era riuscito a restare fermo. Forse solo il suo cuore si era fermato, per un istante, ma poi aveva chiesto a Lydia dove fosse e cosa gli fosse accaduto e lei aveva risposto semplicemente con "Terza torre a destra. Vicepresidenza del professor Posey."
Rosanne aveva cercato di afferrarlo per un braccio appena lui era scattato a correre verso la rampa di scale più vicina, ma Jason l'aveva incitata a lasciarlo andare.
Ma ora, Aaron, sentiva che sia lui, che Rosanne, che Lydia lo stavano seguendo. Sentiva i loro passi ovattati dietro di lui.
Continuava a correre come se sapesse perfettamente dove fosse la vicepresidenza, la terza torre, ma in realtà non c'era mai andato.
Le domande che si sarebbe dovuto porre erano tante: come aveva fatto Ryan a giungere fin lì? Come mai era venuto? Avrebbe potuto vederlo? Era un cacciatore anche lui?!
Ma la sua mente era concentrata su un'unica certezza: non era ferito.
Altrimenti lo avrebbe trovato in infermieria.
Arrivato quasi per miracolo davanti alla porta giusta della torre sulla quale c'era scritto "Vicepreside Dylan Posey", bussò all'impazzata e poi, sententendo dei passi all'interno della stanza, senza aspettare che gli dessero il permesso di entrare, aprì la porta.
Davanti a sé si presentò una stanza circolare dalle pareti interamente tinte di bianco e oro, con una scrivania sulla quale era seduto il professore di Creature Invisibili al centro e tanti divanetti beige in fondo.
Lo sguardo castano di Aaron sorpassò velocemente il professore che lo guardava stranito e si concentrò su tre figure sui divanetti.
-Ryan!- esclamò.
Con gli occhi spalancati per lo stupore e la preoccupazione, si diresse a passi veloci verso quel trio, non facendo neppure caso che uno di loro era Tyler, il ragazzo di Elicia.
Il ragazzo dai capelli tinti di rosso e dal volto a forma di cuore stava seduto all'angolo del divanetto, con lo sguardo avvilito e i vestiti sudici e strappati.
-Ryan.- ripetè Aaron con voce più flebile, rallentando il passo e chinandosi su di lui.
Non che si aspettasse uno schiaffo, ma l'opzione non era da escludere, quindi si mantenne ad una dovuta distanza.
Ryan alzò lo sguardo nocciola su di lui, guardandolo senza stupore.
-Ciao, Aaron.-
Il suo tono falsamente tranquillo era sfumato dal timore che gli attraversava ogni singola parte del corpo ed Aaron lo capì subito.
-Che... che ti è successo?- fece Aaron con sguardo tremante. -Perché puoi vederci?-
Ryan sospirò e tornò a guardare le sue stesse mani, aprendo e chiudendo i pugni con attenzione.
-Sei un cacciatore.- disse il rosso dopo un momento di silenzio. Aaron restò di sasso. -So tutto. Mi hanno detto tutto appena ho fatto il tuo nome.-
Aaron non trovava le parole.
Nel frattempo erano arrivati Jason e le ragazze che si erano messi da parte col professore.
-Scusa.- sussurrò con lo sguardo basso. -Ti avrei detto tutto se avessi potuto, ma... tu sei sempre stato così scettico...-
-Non posso più esserlo, a quanto pare.- sbottò tristemente Ryan, facendogli segno di sedersi accanto a lui.
Aaron lo fece e gli strinse una mano con cautela.
Ryan, senza osare guardarlo, la strinse a sua volta.
-Cosa sei, Ryan?- gli chiese in un sussurro. -Ci siamo sempre detti tutto. Dimmi cosa sei. Possiamo condividere questo peso, così che sia più sopportabile per te.-
Ryan, finalmente, lo guardò e gli fece un mezzo sorriso.
-Non mi sono mai piaciuti i film fantasy, ma pare che da oggi in poi la mia vita debba essere come in uno di quei tuoi film preferiti sui...- non riuscì a completare la frase.
Il riccio lo strinse a sé con forza, accarezzargli la schiena e appoggiandogli il mento su una spalla.
Ryan ricambiò l'abbraccio con la stessa energia e le sue labbra sembrarono arricciarsi in un sorriso, un sorriso vero.
Staccatosi dall'amico, Aaron si guardò attorno, alla ricerca della risposta che il suo amico non riusciva a dargli.
Erano nella torre del professor Posey, direttore dei licantropi, al suo fianco era seduto il prefetto della suddetta categoria di studenti e davanti a loro stava una colonna sulla quale era appoggiato Tyler, licantropo anch'egli, che lo guardava con sfida e odio.
-Ryan,- disse Aaron cercando nuovamente lo sguardo del rosso. -tu... tu sei un lupo mannaro.-

Hunters of Fallen AngelsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora