Non se n'è mai andato

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Il Sole di mezzogiorno era alto nel cielo dell'Inghilterra - come sempre non proprio limpidissimo - e anche se, oggettivamente, il tempo non era dei migliori, a migliaia di chilometri dal suolo si stava bene. L'aria era umida, le nuvole somiglianti a batuffoli di cotone costellavano l'azzurro incerto del panorama circostante.
«Vedo, vedo... Ehm... Qualcosa di azzurro.»
«Il cielo.»
«Oh, fratello, un po' di vita! Dunque, George, vedo... Qualcosa di grande!»
«Il cielo, Eric?»
«Già.»
«Io vedo qualcosa di mortalmente noioso.»
«...Il cielo?»
«No, questo gioco. I ragazzini si divertono davvero così? Dovrei insegnarvi come ci si gode la vita!»
Ecco, quello era l'unico, vero problema di fondo: il cielo. Non c'era altro da un bel po' d'ore; l'unica soluzione era concentrare lo sguardo sul panorama sottostante, che andava cambiando rapidamente alla veloce andatura dei manici di scopa.
«Tra poco dovremmo riuscire a vedere la piana di Salisbury, dove è situato Stonehenge!» Annunciò John, additando un'area verde sotto di loro. «E vicinissimo c'è Salisbury stessa!»
«Finalmente! Ho una fame da lupi!» Esultò entusiasta Eric, allargando le braccia con tanta euforia che fa far quasi cadere il gemello dalla scopa - con una manata.
Fortuna volle che ciò non avvenisse.
«Questa è l'ultima volta che ti do il cambio per guidare!»
«Scusa ma ho fame!» Piagnucolò Eric con fare infantile.
George si tastò lo stomaco; non poteva negare che, nonostante l'impazienza fosse molta, anche lui era affamato. A quell'ora alla Tana sicuramente tutti stavano facendo colazione.
Chissà se Ron aveva già scelto cosa dire al resto dei Weasley.


«Oh cielo, il mio George! Dove si sarà cacciato?»
«Suvvia tesoro, non essere così melodrammatica, George è grande, sa badare a sé stesso! E tu, Ron, per l'amor di Morgana, dicci una buona volta dov'è tuo fratello!»
«Sì, certo. Ecco, mamma, George... Lui... Come dire, stamattina è andato... Be', hai letto il biglietto, no? Cioè, è partito per andare a-»
«Ronald, vuoi dirci o no dov'è andato tuo fratello?!»
«Miseriaccia, Hermione non ti ci mettere anche tu! Mi deve un grossissimo favore, poco ma sicuro!»


Chissà perché aveva la strana sensazione che fosse meglio non farsi questa domanda.
Nel mentre, i gemelli avevano continuato la loro piccola discussione.
«E poi come fai ad avere ancora fame dopo tutto quello che hai mangiato ieri sera? Fratello, sei insazi-» E lo stomaco di John prese a brontolare, chiudendo la discussione e facendo zittire il bambino. «-abile.»
«Come dici, scusa? Non ti sento bene col rumore del tuo stomaco in sottofondo!»
George non cercò neanche di trattenere l'ilarità; in quel momento gli sembrava di rivedere Ron ed Hermione quelle volte in cui, quand'erano ancora piccoli, il mastodontico appetito del rosso indispettiva non poco la Grifondoro.
John ed Eric gli ricordavano molto di Hogwarts, in effetti, ed era strano; in quelle a mala pena ventiquattr'ore che li conosceva, aveva rivisto in loro lui e Fred, Ron ed Hermione, dal modo in cui dormivano persino Charlie e Percy!
Era strano, sì, ma George non aveva considerato più di tanto la stranezza delle capacità di quei bambini.
Come aveva affermato una volta Lee Jordan: Corvonero si nasce, non si diventa!
«Non c'è niente da ridere. Se guardate giù, simpaticoni, vedrete Salisbury.» Bofonchiò John, gonfiano le guance al sentire la risata del fratello colorare l'atmosfera assieme a quella del giovane Weasley, il quale soffocò - o almeno tentò - le risate, annuendo. «Credo che ti chiamerò Piccolo Granger!» Affermò, prima di gettarsi in picchiata verso l'area sottostante; ovviamente si premurò di atterrare dietro un palazzo, lontano da occhi indiscreti.
Infilò - letteralmente - il manico di scopa in una tasca dello zainetto; non era granché ferrato con gli incantesimi d'estensione quando aveva incantato lo zainetto del gemello - anni prima -, ma non ci si poteva lamentare. Dentro quel vecchio oggetto aveva messo davvero di tutto.
Malgrado ne combinassero di tutti i colori a scuola, invece di studiare seriamente, lui e Fred erano sempre stati maghi molto capaci e svegli.
Eric e John atterrarono lì vicino e, riposta la scopa nello zainetto di George, la prima cosa che fecero fu affacciarsi sulle strade popolate di vita di Salisbury; sembrava che nessuno li avesse notati. La gente camminava tranquilla, beandosi dell'ordinarietà della vita quotidiana, quella che George non avrebbe mai imparato neanche a conoscere e che affascinava tanto suo padre.
«Quanto li invidio!» Mormorò Eric, fissando con insistenza un bambino che, in lontananza, camminava affianco alla madre con un pacchetto di scones in mano. Alzò lo sguardo su George, guardandolo con gli occhi imploranti. «Andiamo a mangiare anche noi? Io ho fame!»
«Eh?» Il mago si riscosse dai suoi pensieri e abbassando lo sguardo notò l'espressione a momenti sofferente del castano; anche John pareva affamato e non poteva biasimarli: in fin dei conti erano pur sempre due bambini! Senza contare che anche lui aveva appetito.
«Va bene, va bene - Non c'è bisogno di fare quelle facce, non avete mica davanti Piton e la sua grossa falce!»
«Chi?» Chiese Eric.
«Ma non era la Morte ad avere una falce come arma?» Obiettò John.
«Io parlavo del suo naso.»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 27, 2015 ⏰

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