TOUCH 2' Capitolo

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Mancavano pochi mesi al diploma, avevo compiuto diciotto anni il mese prima. Per tutta l'adolescenza ero stata un topo da biblioteca, e continuavo a passare i sabato sera a leggere romanzi in camera mia.

Il mio libro preferito era sempre stato Orgoglio e Pregiudizio, amavo il modo di scrivere di Jane Austen. Distinto, pulito, senza fronzoli. E anche un po' virginale. Così come ero io.

Lo avevo già letto cinque volte. Mr. Darcy era il mio uomo ideale, avrei pagato oro per trovare un ragazzo come lui. Nella mia squallida ingenuità, ero convinta che i Darcy esistessero davvero, e che fossero lì fuori, pronti a conoscere una Cheryl qualunque. Come me.

Quella mattina mi trovavo nella biblioteca del mio liceo, a Hillsdale, e mi apprestavo a proseguire la sesta lettura. Ero arrivata al capitolo quando Lizzie conosce Darcy alla festa da ballo e qualcuno mi interruppe.

«Scusami. Potresti indicarmi lo scaffale dei saggi di Jung?»

Squadrai incuriosita il ragazzo che avevo davanti. Capelli scuri, occhi neri. Fin dalla prima occhiata mi sembrò bellissimo, un sogno.

«Jung? Psicanalisi?» riflettei. Indicai con l'indice l'altra corsia, dietro di noi. «Laggiù, lo scaffale più alto.»

«Grazie.» Rimase immobile, a scrutarmi. Arrossii e chinai il capo, non sapendo cosa dire. Perché mi stava osservando in quel modo?

Sapevo di non essere un granché. Non ero appariscente come le altre ragazze. Sistemai i grandi occhiali rettangolari dalla montatura nera che mi erano scivolati sulla punta del naso. Avevo legato i capelli in una coda di cavallo, ma alcune ciocche erano sfuggite e mi ricadevano sulla fronte.

«Vuoi chiedermi qualcos'altro?» chiesi, e sperai che se ne andasse. Quando leggevo tendevo a estraniarmi dal mondo, non badavo a nulla di ciò che mi circondava.

Quel tipo mi metteva parecchio in soggezione. Ero sempre stata molto timida, soprattutto con i ragazzi.

Si mise a ridere. «Di solito, quando dico che cerco volumi su Jung, la maggior parte delle persone mi chiede perché non su Freud.»

Mi strinsi nelle spalle. «Jung è molto più interessante. Freud pensa sempre e solo al sesso.» Non appena ebbi pronunciato questa frase e lo vidi sorridere di più, mi vergognai da morire. Che cavolo avevo detto? Ero una scema, dovevo smetterla di parlare prima di riflettere, quando ero nervosa.

«Sono Greg» porse la mano destra. «Greg Mcdaniel.»

Gliela strinsi con garbatezza. «Cheryl Benton.»

Nervosamente mi rialzai per l'ennesima volta gli occhiali: dovevo decidermi a cambiare montatura, erano troppo pesanti e scomodi, anche se utilissimi per leggere. «Sei uno studente di college?»

Sedette accanto a me, sulla sedia più vicina. «Sì, terzo anno di Psicologia, a Detroit. Sono tornato a casa per le vacanze. Devo fare una tesi su Jung per i prossimi esami.» Poggiò una guancia sulla mano, puntandosi sul gomito. Era davvero carino. Aveva un volto pulito.

«Tu frequenti questo liceo?»

«Sì» risposi, arrossendo ancora. «Ma tra poco mi diplomerò.»

«Hai già deciso quale facoltà seguire?»

«Molto probabilmente letteratura. Amo i classici.»

Prese il libro, che avevo chiuso infilandoci dentro il segnalibro. «Come la Austen, giusto?»

Assentii. Il fatto che mi stesse così vicino mi faceva battere il cuore all'impazzata. Avevo molti amici maschi, nella mia classe, ma mai nessuno si era tanto avvicinato a me.

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