TOUCH 5' Capitolo

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Le mie gambe correvano veloci, udivo scricchiolare le scarpe sul terriccio del bosco. Da quando avevo scoperto che lo jogging era un modo molto efficace per calmare lo stress, non ne potevo più fare a meno. Era un toccasana.

Sebbene il terreno fosse accidentato, mi sembrava di volare. Facevo lo slalom tra gli alberi e tra i cespugli, respirando a pieni polmoni quell'aria così fresca e pulita. La coda di cavallo mi sbatteva sulle spalle e sentivo le minuscole gocce di sudore che scivolavano dietro il collo.

Mi fermai, quando davanti ai miei occhi si spalancò lo scenario più suggestivo che avessi mai visto. Patrick aveva ragione. Era davvero un Paradiso.

Per fortuna, i turisti non lo conoscevano, altrimenti lo avrebbero preferito alle rive del lago Michigan, ne ero certa. Aveva un che di etereo e incontaminato.

Il lago era di un blu intenso, sfumato di verde; decine di metri più in là, dove l'acqua era più profonda, la cascata scrosciava rumorosa, scorrendo sulle rocce frastagliate della montagna che la circondava.

Il cielo azzurro si rifletteva sulle increspature delle onde, in un arcobaleno di sfumature turchesi, bianche e cerulee. Non mi sarei mai stancata di ascoltare quel brusio tenue: era rilassante e mi faceva stare bene.

La vegetazione rigogliosa abbracciava tutta la parte frontale del lago: i colori dell'estate erano ovunque, in quel paesaggio da sogno. Il blu acceso e trasparente, il verde smeraldo, l'azzurro terso, il bianco sgargiante della schiuma che spruzzava lungo la parete rocciosa.

A un tratto, intravidi qualcosa che si muoveva nell'acqua. Mi avvicinai, con passo prudente. Senza volerlo, come se stessi facendo qualcosa di sbagliato, mi nascosi dietro i cespugli.

Dischiusi le labbra, acquattandomi. Un ragazzo stava nuotando nel lago. Nudo.

Intravedevo il suo sedere sodo e rotondo che fuoriusciva dalle onde, le spalle muscolose che si muovevano agili, mentre nuotava a stile libero.

I suoi movimenti erano fluidi, rapidi. Sembrava non respirare affatto, la foga emanata dal suo corpo era ipnotizzante.

Rimasi impalata e senza parole. Sperai non mi avesse vista o sarei morta di vergogna.

Si spinse verso la riva. Quando poggiò i piedi, camminò con lentezza per uscire dal lago, passando le mani sul volto.

Le gocce d'acqua gli scivolavano addosso, dai capelli scuri e corti, e percorrevano tutto il torace levigato. Spalancai la bocca e i miei occhi caddero sulla sua erezione: era un frutto invitante, da mordere. Bagnato. Lucido.

Aveva un tatuaggio tribale sull'inguine, proprio accanto al suo sesso. Se avesse avuto il costume, non sarei mai riuscita a vederlo.

Avvampai, il cuore cominciò a battermi furioso. Il suo sedere era così maledettamente perfetto che non mi sarei mai stancata di vederlo muovere; le sue natiche, mentre camminava verso la riva, sembravano vivere di vita propria, armoniose e atletiche.

Merda, era una visione. Il ragazzo più sexy che avessi mai visto. Si chinò e prese l'asciugamano che aveva lasciato sull'erba, accanto allo zaino e al costume da bagno.

«Ora che ti sei goduta lo spettacolo, puoi venire fuori da lì.»

La sua voce mi fece sobbalzare. Era così roca e sensuale che provai un brivido. Mi aveva scoperta.

Aspettai che si avvolgesse l'asciugamano ai fianchi e saltai fuori dai cespugli. Ero rossa come un peperone, le ginocchia mi tremavano.

«Scusami, non volevo spiarti» balbettai.

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