So che momenti come quello che mi è stato chiesto di raccontare sono nella vita di tutti, ma quando mi è stato chiesto di scrivere questa storia e mi sono guardata indietro ho visto una lunga catena di scelte prese troppo frettolosamente e senza riflettere, momenti in cui mi sono trovata nel posto più sbagliato in cui potessi essere. Mi è successo con la scuola, le amicizie, lo sport e con tutto quello che riesco a ricordare.
Poi mi sono fermata a riflettere e ho capito che la vera felicitá, per quanto mi riguarda, l'ho provata solo in quei momenti in cui, nonostante tutto, non mi sono data per vinta e ho fatto quello che dovevo fare per arrivare un passo più vicina a quella che volevo essere.
Quindi ho scelto di raccontare il momento in cui ho deciso di essere quella che voglio diventare, il primo momento in cui il mio sogno è nato e si è avvicinato un po' a diventare realtà, ed è solo grazie a quello se riesco ad impegnarmi e raggiungere quei piccoli traguardi che mi riempiono di orgoglio e felicità e mi spingono ad andare avanti.Avevo circa sei o sette anni. Non abitavo nello stesso piccolo paese dove risiedo ora, e un po' mi manca.
I miei avevano portato me e mia sorella ad una specie di fiera, non saprei in che altro modo definirla. La serata era stata divertente, per una bambina come me. Avevo giocato nei gonfiabili, sulle giostre e avevo mangiato tutto quello che un bambino potesse desiderare. Ovviamente mi ero stancata molto scatenandomi per tutto il parco dove la fiera si teneva e non avevo più molta voglia di trattenermi là, soprattuto perchè i miei amici ci avevano giá lasciati.
Ricordo chiaramente che quella notte non c'erano nuvole e neppure vento. L'aria era calda e umida e completamente immobile. Certo, il clima non mi aiutava a comportarmi in maniera decente.
Ero sudata e piena di terra, visto che avevo giocato per ore, e quando tornai da mia madre lei rimase sconvolta dallo stato in cui mi trovavo.
Non mi importava: ero, e sono, fatta così. Alcune cose valgano semplicemente la pena di essere fatte. E, per una bambina di sei anni, giocare a nascondino con gli amici era semplicemente l'unica cosa che contasse.
Quasi, tra le bizze per la stanchezza e i rimproveri di mia madre per i vestiti sporchi, non mi ero accorta che nello spiazzo asfaltato di fronte a noi qualcuno aveva preparato una dimostrazione di qualche tipo.
Io volevo andarmene, ma a quella dimostrazione doveva prendere parte un amico o parente di mia madre, quindi dovevamo rimanere a guardarla.
Io rimasi in un angolo con il broncio, semplicemente troppo seccata per riuscire a godermi il momento.
Per l'attenzione che stavo prestando poteva essere qualsiasi cosa e mi spaventai quando sentii accendere delle sirene.
Qualcuno portò sullo spiazzo una macchina incidentata e poi arrivò un'ambulanza.
Non mi era mai piaciuto il suono delle sirene e, a dire il vero, non mi piace neppure ora, quindi fui molto sollevata quando le fecero smettere di suonare.
Devo ammettere che quello che capii all'ora dell'evento non fu molto. Vedevo delle persone che tiravano fuori un manichino dalla macchina e un'altra persona spiegava quello che stavano facendo con un microfono.
Tutto quello che diceva poteva essere detto in arabo, per quanto ne ricordo adesso, peró fui interessata da quello che le persone al centro della scena stavano facendo.
Quando tornammo in macchina ero così eccitata che quasi saltellavo. Continuai a bersagliare mia madre di domande su quello che quegli uomini stavano facendo e mia madre, pazientemente, mi rispiegò tutto da capo.
Stetti qualche minuto in silenzio mentre mia madre e mia sorella parlavano di argomenti che non mi interessavano e che non ricordo. Mentre tornavamo a casa mi immaginavo di essere al posto di quelle persone nello spiazzo asfaltato, di prendere il manichino e di salvargli la vita.
Mi sono sentita per il resto della serata come se avessi trovato il gioco perfetto, quello che mi avrebbe fatto divertire così tanto da non voler smettere più.Infatti non ho più smesso di voler "giocare a quel gioco", solo che con il passare degli anni è diventata una cosa molto seria. Il desiderio di salvare il manichino si è un po' modificato negli anni, ma in sostanza è rimasto il mio punto fermo per questi dieci anni.
Tutte le volte che mi sento persa nello studio ripenso a perchè ho deciso di impegnarmi in una scuola come il liceo scientifico e grazie a questo riesco a superare test che mi parevano impossobili.
Quando mi trovo di fronte ad una sfida in ambito sportivo, o nelle mie amicizie o anche qua su Wattpad, penso che se voglio reallizare il mio sogno dovrò affrontare sfide ben più impegnative di quelle e che non posso mollare ora come non farò in futuro.
E tutte le volte che riesco a superare i miei limiti e a reallizare una piccola vittoria contro la me stessa che già mi dava per spacciata sento di essere viva e di trovarmi nel posto più giusto possibile e posso veramente capire come si sentisse quella bambina di sei anni che pensava che alcune cose valessero la pena di essere fatte, qualunque fosse stato lo sforzo da affrontare, se poi la ricompensa fosse stata tanto dolce.