Due.

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Louis' pov.
Quando sono nato, la vita della mia famiglia sembrava raggiungere la perfezione. Ricordo che, la mattina, ci pareva quasi di stare in una di quelle pubblicità delle brioche. Io e le mie sorelle passavamo i pomeriggi a giocare a nascondino e a rincorrerci per rubare i un giocattolo o un pezzo di cioccolato. Abitavamo in una bella casa con un giardino grande e bello, che mia madre riusciva a tenere sempre perfetto: non c'era mai un fiore appassito o una mela per terra, era tutto perfetto nel nostro angolo di mondo, come lo era la nostra vita. Mio padre riuscì a rovinare tutto in solo ventiquattro ore.
Non dimenticherò mai quel giorno, nonostante siano passati dieci anni mi sembra di vedere in ogni momento mia madre piangere e mio padre gridare, fino a rendere freddo il mio cuore anche in una giornata d'agosto. In estate, tutti gli anni, io e le mie sorelle passavamo un mese dai nonni in campagna, ma quell'anno io ero rimasto a casa, un po' perché dovevo essere punito per la mia bocciatura, un po' perché avevo il piede ingessato. Quella mattina avevo sentito i miei parlare di lavoro, case e soldi, ma non avevo capito molto. Mio padre era spesso in viaggio per lavoro ed ero solo deluso dal fatto che non fosse nemmeno venuto a salutarmi al suo ritorno, la sera prima. Dopo un pranzo silenzioso e veloce, andai in camera mia e mi addormenta, sognando la mamma che, con la sua voce dolce, mi svegliava per cena. Ma non fu così dolce il mio risveglio. Mi svegliai con il rumore di un piatto che si frantuma sul muro e rovina la perfezione della nostra cucina e della nostra vita. Mio padre urlava e mi precipitai giù per le scale, facendole quasi tutte rotolando a causa della mia gamba rotta. Appena entrai in cucina il tempo si fermò. I miei mi guardarono zitti e avevano gli occhi iniettati di sangue e le guance rosse, mio padre di rabbia e mia madre di pianto. Poi il silenzio si ruppe.
"Ecco il tuo bastardo." Disse mio padre. Lo sussurrò in faccia a mia madre, che era nell'angolo. Lo disse a voce bassa e lentamente -b.a.s.t.a.r.do.- come se volesse, con quelle parole, uccidere mia madre. Vidi un'altra lacrima rigarle il volto e solo allora mi accorsi che i suoi bei vestiti era strappati e il suo corpo era pieno di lividi e graffi. Fu di nuovo mio padre a rompere il silenzio, con uno schiaffo sul volto dolce della mia bella mamma. Poi salì le scale illuminate dal sole caldo del tardo pomeriggio -fuori bruciava il sole e dentro c'era una tempesta-. Mia madre si alzò lentamente e con la poca forza che aveva in corpo mi trascino fuori da quella casa e poi dentro la nostra macchina. Viaggiammo in silenzio per tre ore, fino a raggiungere la casa dei nonni. Non parlammo mai di quel giorno e non rividi mai mio padre. Ancora oggi, mia mamma e le mie sorelle, vivono in quella casa vecchia con i miei nonni.
É per questo che sono scappato, mangiato dalla rabbia e dalla delusione, e sono finito a lavorare in piccolo negozio di un piccolo paese.

That boy.|LarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora