2. Neverland

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Mi sveglio a fatica, in sottofondo il rumore di qualcuno che bussa alla porta. Mi alzo e vado ad aprire. Davanti a me si presenta la figura barcollante di Spugna, gli abiti sporchi e l'alito che puzza già di alcool.

"Mi manda il capitano. Stiamo arrivando sull'isola, preparati." Dice e barcollando se ne va.

Con una certa agitazione preparo il mio sacco, mi sistemo capelli e vestisti e poi esco sul ponte. Mi avvicino a Uncino e lo saluto.

"Finalmente! Guarda." Indica davanti a lui. Lentamente mi giro, il cuore comincia a battermi forte e sento i palmi delle mani tutti sudati. Li passo sui pantaloni per asciugarli e lentamente mi avvino al parapetto.

"Questa è lei... L'Isola che non c'è..." mi appoggio al parapetto senza smettere di fissare l'isola. È molto più grande di quanto mi aspettassi e coperta da una leggera nebbia. Sento Uncino avvicinarsi a me.

"Da qui in poi occhi ben aperti. Peter Pan è molto furbo e sicuramente sa già che siamo qui."

Annuisco e sento la sua mano darmi una piccola pacca sulla spalla.

Qualche minuto dopo ci ritroviamo a sbarcare sull'Isola. Salto giù dalla Jolly Roger e mi ritrovo immersa nell'acqua fino alle cosce. Con poca grazia raggiungo la riva e mi trascino fino a un tronco spezzato, ottimo per sedermi e togliermi l'acqua dagli stivali. 

Mi guardo attorno per studiare un po' la zona. Intorno a me riesco a scorgere soltanto alberi e cespugli ornati da fiori mai visti prima.

Intanto Uncino e la sua ciurma scaricano le provviste per il viaggio, io mi addentro un po' nella foresta. Un po' la curiosità e un po' la voglia di ritrovare il mio fratellino, senza rendermene conto mi allontano troppo dal gruppo e finisco per perdermi. Perfetto.

Come se non bastasse sento un rumore, come un fruscio, avvicinarsi a me. Sento il battito del cuore accelerare mentre il fruscio si trasforma in un rumore di passi per poi diventare un'ombra. Senza un attimo di esitazione prendo un ramo spezzato dal suolo e colpisco l'ombra. Sento un tonfo e qualcuno dire "AHI!". Allora apro lentamente gli occhi e rimango a bocca aperta. Steso per terra mi ritrovo un ragazzo, probabilmente della mia età, il volto pieno di cicatrici. Lascio cadere il ramo con cui l'ho colpito e mi accovaccio accanto a lui per vedere come sta.

"Scusami... Non volevo colpirti, solo che mi hai spaventata..."

Faccio per controllargli la ferita ma lui mi allontana con una mano. Solo in quel momento noto che ha gli occhi azzurri. Il suo sguardo è freddo e pungente, ma non riesco a smettere di guardarlo.

"Ehi, c'è nessuno? Sto parlando con te ragazzina."

Sbatto un paio di volte le palpebre capendo solo in quel momento che stava cercando di comunicare con me. Distolgo subito lo sguardo da lui, le guance in fiamme.

Ma cosa sto combinando?! Non è da me fare queste cose...

"Scusami, stavi dicendo?" chiedo con lo sguardo puntato sul terreno nella speranza di nascondere il rossore.

"Ti stavo chiedendo cosa ci fai sull'isola di Peter Pan. Chi sei e cosa sei venuta a fare qui?" Chiede con tono freddo e pieno di disprezzo.

Apro e chiudo la bocca un paio di volte, senza sapere cosa rispondere.

Spazientito si alza e con poca delicatezza mi afferra per un polso obbligandomi ad alzarmi. Ora la mia schiena si trova contro la corteccia di un albero e il suo viso è ha pochi centimetri dal mio.

"Allora? Hai per caso perso la lingua?"

La sua stretta sul mio polso è salda, ma non mi fa male. Lo guardo negli occhi e mi costringo a parlare. Gli spiego perché sono qui. Nessuna emozione trapassa il suo viso e la sua presa rimane salda sul mio polso.

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