Prologo

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"Corri!" Il ragazzo teneva stretta la mano di lei, trascinandola a folle velocità verso l'uscita della città. Dietro, il latrato dei cani si faceva sempre più vicino, e alla ragazza sembrò quasi che uno di loro le stesse annusando la caviglia nuda. Teneva stretto un bambino con il braccio libero, e lo copriva con i lunghi capelli biondi in modo che non prendesse troppo vento. "Dai, Luce." Lui la incitava, e lei aumentò il passo, riuscendo a raggiungerlo e mettendosi al suo fianco. Girarono l'angolo di una strada, trovandosi davanti il cancello che li avrebbe portati al primo livello di Liucos, la Città di Luce. All'improvviso lui si fermò, mettendole un braccio intorno alla vita e schiacciandola contro il muro. Il bambino emise un vagito, ma Luce si affrettò a calmarlo, cullandolo un pò.

"Victor, io..." Il ragazzo le mise una mano davanti alla bocca stanca, attenuando il fiatone quando vide quattro cani grandi la metà di lui correre per la strada adiacente alla loro. Li seguivano un paio di uomini in uniforme bianca, che abbaiavano comandi talmente in fretta che lui a stento riusciva a capirli. Passarono dritti. Non li avevano visti. Lucinda gli tolse la mano dalla bocca con un gesto deciso, che di solito lui avrebbe apprezzato. L'amava per questo, ed era l'errore più grande che avesse mai potuto fare. "Sono stanca." la sentii mormorare, e per un attimo si fermò a guardarla. Aveva ancora la camicia da notte bianca, sporca di sangue in mezzo alle gambe per il recente parto. I capelli scompigliati le si rizzavano da tutte le parti, e gli occhi verdi erano lucidi per la stanchezza e il sudore. Accarezzò con una mano la testa della bambina avvolta in un lenzuolo troppo grande, chiudendo gli occhi e cercando di riprendere la calma. Volevano lei, e volevano loro, perché loro avevano disobbedito.

"Ancora uno sforzo. Ci siamo quasi." la rassicurò, stringendole un braccio e riprendendo la corsa. Aveva partorito da qualche ora, ed era già costretta a correre perché quegli stronzi lì fuori avrebbero dovuto prendere sua figlia. Superarono il primo cancello, scendendo le enormi scale in marmo bianco che li avrebbero portati al piano terra. Da lì sarebbe bastato raggiungere l'ultimo cancello e spiccare il volo per superarlo. Dopodichè sarebbero stati al sicuro nella foresta che un tempo li teneva divisi.

"Victor." La sua voce flebile gli giunse alle orecchie un attimo prima di perdere la presa. La vide cadere sulle scale. La bambina piangeva, e lei era pallida come un lenzuolo. La allungò verso di lui, guardandolo con gli occhi socchiusi. "Portala via." disse, ma lui scosse la testa in modo violento. Il latrato dei cani divenne più forte, e quando Victor alzò la testa sentii il suo cuore mancare un battito. Due uomini lo fissavano con aria soddisfatta, le ali dorate di uno in contrasto con quelle nere dell'altro. Certo. Adesso collaborano. Represse il moto di ira che gli aveva attanagliato lo stomaco, vedendoli piombare verso di loro come falchi. Prese Lucinda tra le braccia e corse più veloce. Ben presto la sua pelle iniziò a riempirsi di piccole macchie nere, e le ali esplosero nella maglietta, strappandola. Spiccò il volo con agilità, sentendo i muscoli contrarsi ad ogni battito d'ali. Lucinda era fredda tra le sue braccia, ma si muoveva ancora, e teneva la bambina stretta al petto.

"Lasciami andare. Ti rallento." mormorò, rannicchiandosi ancora di più contro il suo petto. Victor la guardò, un lampo negli occhi scuri.

"Non ci pensare nemmeno."

"Non le abbiamo neanche dato un nome." Fece un mezzo sorriso, mentre la porta si faceva sempre più vicina.

"Ci penseremo dopo." E lo credeva davvero. Credeva davvero che ce l'avrebbero fatta. Che alla fine avrebbero capito che la loro bambina non era sbagliata. Non era pericolosa, ma non sempre le cose vanno come previsto. Victor lo capì quando il peso sulla sua schiena divenne insostenibile, e si ritrovò a precipitare nel vuoto. Girò la testa in tempo per vedere Dominique Kane che si schiacciava contro la sua schiena, impedendo alle ali di battere. Lucinda urlò quando Victor fu costretto a lasciare la presa."No! Luce!" Lo schianto fu tremendo. L'asfalto gli entrò nelle ossa, la polvere lo ricoprì interamente. Sentiva già che le ferite si stavano rimarginando. Ci mise un attimo a capire dove fosse finito. Era completamente circondato da figure in bianco e figure in nero, che si mantenevano distanti le une dalle altre. I cani che aveva seminato poco prima adesso erano ragazzi e ragazze di non più di vent'anni, seminudi e tenuti al guinzaglio. "Lasciami andare, Kane!" gridò, muovendosi come un serpente in trappola quando Dominique gli bloccò le ali sotto al braccio ed iniziò a legarle con una corda.

"No! No!" Con la cosa dell'occhio riuscì a vedere uno degli uomini in bianco che strappava la bambina dalle mani di Lucinda, tenuta ferma per le braccia. Continuava a calciare l'aria, e la stanchezza di prima sembrava dimenticata.

"Victor, per favore. Non rendere le cose difficili." Il suo amico gli sussurrava all'orecchio con un tono quasi di scuse, ma lui riusciva solo a sentire il rumore del pianto di sua figlia.

"Vi prego. Peter!" Peter Lakewood era accanto ad Alexander Nortweather, il comandante degli uomini in bianco. Victor non li aveva mai visti così vicini, ed ebbe un brivido lungo la schiena al pensiero che lo stessero facendo per osservare il piccolo fagotto tra le braccia del suo comandante. Peter lo guardò con gli occhi scuri, mentre Dominique lo afferrava per i capelli in modo da fargli alzare lo sguardo. Si sentiva umiliato, tradito, rovinato. Lucinda non urlava più. Le avevano imbavagliato la bocca e adesso non poteva fare altro che guardare la scena in silenzio.

"Mi spiace, ma non possiamo lasciare che l'Ordine venga distrutto. Tu e la ragazza aulos avete infranto la Prima Regola, ma non saremo noi a pagare il risultato della tua stupidità, James." Stupidità. La sua non era stupidità. Lui amava Lucinda, a prescindere da cosa dicessero gli altri.

"Gli aulos e i blacklights non possono venire a contatto tra loro in questo modo. I Protettori della Luce e quelli del Buio devono rimanere due cose distinte. Non si è mai sentito di un ibrido." Indicò la bambina che piangeva, e Peter sentì il bisogno di fare altrettanto, ma si trattenne. Sei un blacklight. Un Protettore del Buio. Ricordartelo.

"E' mia figlia. Per favore. La terremo lontana. La faremo rimanere nella foresta." Stava supplicando, ma Lakewood si limitò a scuotere la testa, per poi voltarsi verso Alexander. Questo annuì ed estrasse un pugnale d'argento dalla cintura.

"Sta calmo, amico." Dominique aumentò la presa sulle braccia e sulle ali quando Victor iniziò a muoversi insistentemente.

"No! Ti prego. Non farlo!" Avvertì qualcosa tirargli gli angoli della bocca, e capì che lo avevano imbavagliato. Lo tenevano per il bavaglio come un cavallo imbizzarrito, e ben presto le forze lo abbandonarono del tutto.

"Sul sangue di questa creatura noi giuriamo di proteggere per sempre l'Ordine. Mai più un aulos e un blacklight genereranno un abominio del genere. Che la punizione per l'infrangimento del patto ricada sulle teste dei Protettori della Luce e sulle teste dei Protettori del Buio, e che il sangue di questa creatura innocente non sia stato versato ingiustamente." Le parole dei due comandanti giungevano come un mantra lontano alle sue orecchie. Come se lo avessero drogato vide il pugnale avvivinarsi al collo della bambina, fino a venire nascosto dal lenzuolo. Peter mise la mano su quella di Alexander, ed entrambi si guardarono un attimo.

"Roxanne!" gridò Lucinda, e lui pensò che fosse un bel nome. Un nome bellissimo per sua figlia. All'improvviso le braccia dei comandanti ebbero uno scatto.
Il pianto cessò improvvisamente.E il sangue colò sulle strade.

Dark Shine #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora