Capitolo 3: Colpi di spugna

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Chicago era particolarmente calda, quel pomeriggio. L'asfalto era rovente, e il gelato che avevo in mano si stava sciogliendo ad una velocità impressionante."Attenta a destra." Mi affrettai a bloccare la goccia di cioccolato sciolto che stava per toccarmi il dito, mentre David ridacchiava del mio modo buffo di affrontare un cono gelato. "Sei davvero divertente."

"Felice di farti ridere." mormorai sarcastica, buttando un occhio sul gelato di lui che, miracolosamente, era ancora perfettamente congelato. "Ehi. Perché il tuo non si scioglie?" chiesi, leggermente inviperita. Era come se la sua perfezione fosse transitiva. Forse si trasmetteva anche nelle cose che toccava. Lui si limitò a fare spallucce, e mi tornarono in mente ancora le mie storie. Fu per questo che la battuta mi uscì quasi d'istinto: "La tua anima è talmente fredda che funziona da frigo." Mi morsi la lingua in quell'istante, ma era troppo tardi. Fortunatamente David la prese sul ridere quasi subito.

"Sei sempre così diretta con le persone?"

"Sinceramente no." Non volevo mentire anche su quello. Tre bugie in un giorno mi sembravano troppe, soprattutto se dette ad una persona amabile come quel ragazzo. Ormai ne ero convinta: non poteva essere lo stesso del disegno che avevo ancora in tasca. Era tutto il contrario: David era spiritoso, sempre sorridente, un po' imbranato. Aveva diciannove anni quel giorno, due più di me. Era nato in Bulgaria, mi aveva detto, ma quando il padre era morto la madre era voluta tornare in America.

"Mi dispiace per tuo padre." avevo detto, senza sapere come reagire. Lui però non ci aveva dato molto peso, tranquillizzandomi e dicendomi che era successo molto tempo fa, che non dovevo preoccuparmi. Che, a conti fatti, alla fine di lui ricordava poco o nulla, e gli andava bene così.

"Dimenticare il dolore è difficilissimo, ma ricordare la dolcezza lo è ancora di più. La felicità non ci lascia cicatrici da mostrare. Dalla quiete impariamo così poco." Dal modo in cui lo guardai, capii che non avevo capito quello che aveva detto. "Chuck Palahniuk." disse, come se potesse spiegare tutto.

"Salute." risposi. Forse aveva starnutito. David scoppiò a ridere, e dentro di me iniziai a sentire un po' di rabbia al pensiero che stesse ridendo di me.

"Chuck Palahniuk. L'autore di Rabbia?" Scossi ancora la testa, facendogli capire che non sapevo di cosa stesse parlando. Lui alzò gli occhi al cielo, guardandomi per un istante con uno sguardo diverso dal solito. Ebbi la fugace sensazione che mi avesse guardata quasi con disprezzo, ma durò solo un attimo, perché mi ritrovai di nuovo davanti al suo sorriso. Si aggiustò di nuovo gli occhiali neri e leggermente larghi per il suo viso, gesto che lo rendeva ancora più affidabile ai miei occhi, anche senza un motivo preciso. "Cosa vi insegnano a scuola?"

"A leggere, a scrivere, le tabelline e..."

"Basta, ti prego. Risparmiami." Mi diede una lieve spinta, ed era strano. Era come se lo conoscessi da anni, anziché da pochi minuti. Tra noi c'era una confidenza che non avrei saputo definire, ma mi dissi che ci sarebbe stato tempo per farlo. In fondo vivevamo l'uno accanto all'altra. "Quindi hai detto che i tuoi genitori sono divorziati." sbottò all'improvviso, lasciandomi di stucco. Lo avevo accennato? Forse in gelateria.

"Sì, da almeno sei mesi, ma la cosa non mi disturba. Vedo mia madre durante le vacanze." Buttai il tovagliolo che conteneva il mio gelato nel primo cestino che trovai, e facendolo non potei non notare qualcosa di particolarmente familiare: c'era un uomo biondo, poggiato al muro rosso del ristoante cinere All Can You Eat, completamente vestito di bianco. Mi voltai leggermente mentre gli passavamo accanto, e lui accolse il mio sguardo senza una particolare emozione, ma non lo lasciò finché non fui io a farlo.

"Che stai fissando?" Tornai al presente, e vidi David che guardava nella mia stessa direzione. Stavo per dirglielo, ma la mia mente fu distratta da altro. Chissà come avevo fatto a non notarli prima. Tra le persone che camminavano per i marciapiedi, c'erano almeno una decina di tizi vestiti come gli angeli di un film di serie B.

Dark Shine #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora