Capitolo 2: Segni premonitori

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"Rispondi. Dai, rispond..."

"Qui Christian Murray, chi parla?" Smisi di battere i piedi sul pavimento, aprendomi in un sorriso quando sentii la voce di uno dei miei due migliori amici mormorare assonnata quella frase.

"Chris, grazie a Dio."

"Ehi, che ti prende?" Lo sentii sbadigliare, e d'istinto guardai l'ora sull'orologio a muro. Era mezzogiorno e lui dormiva ancora. Tipico, ma probabilmente si era dimenticato di spegnere il cellulare.

"Hai ancora il disegno che avevi fatto per il mio compleanno? Quello del protagonista delle mie storie."

"Roxanne, lasciami dormire."

"Christian, ti prego, è importante." Silenzio, poi lui sbuffò, e potei avvertire il momento preciso in cui si alzò dal letto, dirigendosi stancamente verso il secondo cassetto della sua scrivania, dove teneva l'album da disegno. Dopo quest'estate sarebbe andato all'Accademia delle Belle Arti di New York, dall'altra parte del paese, e nonostante fosse dispiaciuto di lasciare una grande città per una ancora più grande, era felice di essere entrato in quella scuola. Il rumore di fogli accartociati cessò, e finalmente disse: "Sì, eccolo. Ti mando una foto?"

"Potresti usare una mail? Devo stamparlo." Uno sbuffo frustrato, poi un semplice: "E va bene." Aspettai seduta davanti al computer acceso, fino a quando l'avviso di una e-mail ricevuta non mi riscosse dal mio stato di trance. L'indirizzo mail era quello di Christian, e l'oggetto era: "ORA LASCIAMI DORMIRE" seguito da tre punti esclamativi. Mandai il ringraziamento e poi aprii l'allegato, ritrovandomi di fronte l'immagine in carboncino di David, sprovvista di occhiali. Era proprio lui, non c'erano dubbi. Il volto a tre quarti, con l'ombreggiatura sulla parte sinistra e lo sguardo accigliato. Avevo chiesto specificatamente questo dettaglio, così come avevo chiesto come unico tocco di colore quello che, adesso, illuminava quegli occhi di carta. Un occhio di un azzurro caldo, reso gelido dal taglio dell'occhio, e poi l'altro, quello nascosto dall'ombra, con un accenno di violetto. Adoravo i suoi occhi. Erano la cosa più bella che la mia mente avesse mai partorito. La perfezione. Ciò che faceva di lui un dio, e ciò che lo trascinava in basso, o almeno così era nelle mie storie.

"Non posso crederci." Nascosi il viso tra le mani, scuotendolo con forza. Quella era la prova che non stavo esagerando, né che fosse tutta colpa della mia immaginazione. Adesso dovevo solo decidere se andare a fondo di questa storia, oppure far finta che niente di tutto questo fosse mai esistito, comportandomi come avevo sempre fatto, con normalità e spensieratezza. Poi mi accorsi che non avevo questa seconda opportunità. Avevo sbattuto la porta in faccia ad un povero ragazzo che voleva solo dello zucchero. Non era certo un comportamento normale. Decisi che mi sarei scusata appena possibile. Dovevo solo guardarlo senza impazzire. Facile a dirsi.

"Roxanne. Ci sei?" Papà. Sospirai di sollievo sapendo di non essere più sola nell'appartamento, e stampai velocemente il disegno, mettendomelo in tasca e raggiungendolo all'entrata.

"Ciao, papà." lo salutai, mostrandomi allegra nonostante la situazione, ma mi bloccai immediatamente quando vidi cosa aveva in mano. Era un barattolo di zucchero. Il nostro barattolo di zucchero. Jason Ford, uomo di quarant'anni che io chiamavo papà, alzò il piccolo trofeo all'altezza della mia faccia, guardandomi in maniera poco rassicurante.

"Vuoi spiegarmi perché una donna che non ho mai visto mi ha dato questo dicendo che mia figlia dovrebbe essere più educata?" Alzai un sopracciglio, chiedendomi chi fosse la donna, e come facesse a sapere che lui era mio padre, o il modo in cui avevo trattato David, ma in quel momento non era importante.

"Ehm, quando sono arrivata c'erano delle persone che arredavano l'appartamento centocinquanta, e poi è arrivato un ragazzo che mi ha chiesto... ehm... lo zucchero. Sì, e io gliel'ho dato, solo che andavo di fretta e quindi potrei..." feci una pausa, cercando di raccapezzarmi nella mia mezza verità. "Avergli sbattuto la porta in faccia, ed avergli detto di andarsene. Varie volte." Terminai la frase senza guardarlo negli occhi, incapace di affrontare quell'azzurro smorto a furia di stare sui libri.

Dark Shine #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora