L'incontro

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Oggi dovrei spegnere la mia sedicesima candelina, e invece sono qui: nel retro della scuola.
Carl vuole dei soldi, ha preso me e Marco, il mio migliore amico, minacciandoci con un coltellino.
E' lo strozzino della scuola, prima o poi sapevo che sarebbe toccato anche a noi, ma speravo sinceramente che ci lasciasse perdere, proprio vero "chi di speranza vive disperato muore". Il rientro scolastico mi ha resa stanca e non credo che reggerò a lungo, cosa peggiore: la maggior parte dei professori è già andata via.
"Se te li do, te ne vai?", chiede paziente Marco lanciandomi occhiate nervose.
Io non ho intenzione di dargli dei soldi, posso prenderlo a pugni, non importa se mi farò male, ma non mi abbasserò a consegnargli la cifra.
"Avete capito bene, allora?" Marco consegna il portafoglio a Carl, e poi incita me a farlo.
"No", rispondo secca
"Alexia non fare la scema, dagli quei soldi su!".
So che Marco parla per il mio bene, ma io non voglio.
"Vuoi prendere a pugni una ragazza? Saresti capace di tanto, eh... codardo!", chiedo in direzione di Carl.
"Pensi che non lo farei?", mi risponde sgignazzando.
Marco mi sta fissando, sono certa che vuole che dia i miei pochi soldi per poi scapparcene a casa, ma io non lo farò mai. "Tu vattene", dice in direzione di Marco.
"Non la lascio da sola con te!", dice lui.
"Devo pestare anche te?"
"Marco vattene". Sono categorica, voglio che se ne vada, spero che capisca cosa voglio dire "vattene e chiama qualcuno", in un modo o nell'altro voglio uscire da questa situazione, ma non piegherò il mio orgoglio oltre.
"Non posso lasciarti da sola!" "Vattene! Capisci che saresti più utile?". So che sto facendo una grandissima stronzata, ma gli voglio bene, e Carl lo prenderebbe di mira per primo. Marco mi guarda e poi esitante va via, spero vada a chiamare qualcuno.
"Potrei anche chiudere un occhio, i soldi non sono tutto", mi dice.
Sto zitta e lo lascio continuare.
"Potrei anche accontentarmi di vedere i tuoi occhi verdi pieni di lividi... ma poi qualcuno potrebbe fare delle domande, lasciami pensare...".
Adesso mi fa proprio schifo, vorrei sputargli in faccia, urlargli tutto il mio odio.
Lui continua a fissarmi e a parlare come se fossimo incentrati in una conversazione piacevole.
"Oppure potrei davvero chiudere un occhio, tu che ne dici?", mi posa una mano sulla spalla ed io in tutta risposta gli sferro un pugno in pieno viso. Inizio a correre ma lui mi blocca per un braccio, e con l'altro si tocca il naso.
Spero di avertelo rotto, stronzo. Ha molta più forza di me, gli do' un calcio nella pancia e lui geme per il dolore, ma non si arrende e mi blocca entrambe le braccia. Mi strattona verso il muro e mi guarda dritto negli occhi.
"Sei una feccia!", grido mentre cerco di liberare le braccia, ma Marco dov'è?
Ho il respiro accelerato, non sono una che di solito fa botte, anzi, sono sicura di non darne neanche l'impressione: piccola, gracile... come posso sembrare solo un minimo minacciosa così?
Mi mordo il labbro per la frustrazione, odio dipendere da qualcuno...
"No, adesso mi diverto io, dì addio alla tua bella faccia". Adesso guarda la terra sorridendo, stringendomi sempre più i polsi.
Pensa, pensa... tormento la mia testa cercando di trovare un modo per uscire dalla sua presa. Ho in mente un piano, Carl è un idiota, ho le gambe libere e degli scarponi robusti.
Ma prima che possa mettere in atto il mio piano, alzo lo sguardo e noto che dietro di lui c'è un ragazzo biondo, ha gli occhi grigi ed è vestito tutto di bianco. Non l'ho mai visto a scuola, eppure, è come se lo conoscessi già da tempo.
Non riesco a dare nome a questa sensazione, so solo che appena i miei occhi incontrano i suoi tutto scompare, il dolore ai polsi, il viso deformato dalla rabbia di Carl, la paura, la rabbia, ogni cosa.
La mia concentrazione è ormai solo per il ragazzo dagli occhi grigi, che neanche a dirlo, sono uguali al cielo prima di piovere. Quell'attimo di strana eternità che vivo, viene sbloccato dall'avanzamento del ragazzo. Diamine, è veloce!
Prende Carl per la gola e gli sbatte la testa contro il muro in un lasso di tempo brevissimo. Liberata dalla presa delle sue mani dai miei polsi resto immobile a guardare la scena. "Chi è? Chi è? Un fantasma!?". Carl sta gridando queste parole, non capisco.
E' come se non vedesse il ragazzo biondo.
Infine gli dà un calcio nello stomaco e Carl cade a terra sofferente.
Mi sveglio da uno strano stato ipnotico e vado dritta verso Carl, sono furiosa.
Non mi capiterà mai più una simile occasione, ragion per cui inizio a prendere a calci Carl lanciandogli tantissimi insulti, ma poi vengo bloccata dal ragazzo biondo.
"Credo possa bastare", mi dice, ha una bellissima voce, quasi angelica.
"Grazie", rispondo impacciata e sopratutto confusa ma anche grata...
"Era il mio compito, devo proteggerti"
"Ehm... proteggermi?", chiedo, ma poi capisco tutto.
Oggi ho 16 anni, e a 16 anni puoi finalmente vedere il tuo angelo custode, il tuo Guardiano, che ti segue e ti dirige nelle scelte migliori per renderti un essere umano completo.
Carl ha ancora 15 anni, forse è per questo che è ancora ottuso e crudele.
"Non mi torna una cosa", dico, "Ma i guardiani non sono contrari ad ogni tipo di violenza?"
Mia madre mi parlava in continuazione dei guardiani ma io non le davo mai retta, anzi, la prendevo per matta quando parlava con il vuoto assoluto, ovvero con il suo guardiano, Mick.
"... A mali estremi, estremi rimedi. Stai bene?".
La mia domanda deve averlo messo in difficoltà. "Fortunatamente si, mi ha solo spinto verso il muro e stretto un po' troppo i polsi"
"Appena in tempo, tu sei nata il 7 gennaio alle ore 17:36, ed io sono arrivato qui, esattamente sedici anni dopo".
"E quindi tu saresti il mio guardiano?".
"Si, tranquilla, presto avrai la mente più chiara".
"Ehm...come ti chiami?"
E' strana questa situazione, non che ci avessi mai pensato davvero, ma il mio primo incontro con il mio Guardiano lo immaginavo decisamente più... imponente? Meno indiscreto? Più formale? Non saprei, forse tutto ma non esattamente questo.
"Alexander, chiamami Alex". "Hai un nome simile al mio".
"Si lo so, Alexia, entrambi significano protezione".
"Ma è fatto apposta?".
"Forse", risponde sorridendo.

Non appena torniamo a casa c'è mia madre che parla con Mick. Io non posso vederlo, però so che c'è, sono entrambi in cucina. Alex ogni tanto mi guarda e sorride, mi sento ancora un po' confusa.
Sapevo che gli angeli custodi c'erano sempre, non appena vieni al mondo, viene al mondo anche lui.
Ma solo quando compi sedici anni possono interagire con te. Vedo una tazza di caffè fluttuare nel vuoto, è di sicuro quella di Mick. "
Tesoro mio, finalmente! Mi stavo preoccupando, proprio il giorno del tuo compleanno... hai già conosciuto il tuo Guardiano?", dice mia madre alzandosi non appena nota il mio arrivo, ha il fiatone, deve averla messa in agitazione la mia assenza.
Si alza in maniera svelta e spalanca le tapparelle. "Facciamo entrare la luce... E' già qui, Mick?".
I guardiani possono vedersi tra loro.
Alex guarda Mick imperturbabile e cerca di ammiccare un sorriso mentre mia madre si alza.
"Vi lascio da soli, dovete conoscervi bene!".
"Ok, ciao mamma..."
Mamma dice qualcosa, ma ormai ho già raggiunto la metà della rampa di scale.

Faccio cenno ad Alex di seguirmi e saliamo entrambi in camera mia.
"Ti piace il verde?" chiede notando la carta da parati color foglia.
"Ci sono tanti colori che mi piacciono, il verde più di tutti". rispondo guardando altrove.
Ad un certo punto mi chiedo come sarà d'ora in poi la mia vita con un ragazzo che controllerà ogni mia singola azione.
Avrò la stessa privacy di un tempo? Per me adesso, è come uno sconosciuto.
"Non starò 24h su 24 a controllarti, tranquilla".
"Cosa? Non dirmi che puoi sentire cosa penso!".
"Non ci vuole un genio per intuire che ti senti a disagio con me nei paraggi".
"No, non è vero. Sono solo un po' confusa.".
"Lo sono anche io".
Mi sento in imbarazzo, è possibile che questo Angelo si senta confuso quanto me? Vorrei chiedergli qualcosa sul suo passato, ma poi resto in silenzio.
Mia madre dice che non ci può chiedere del passato al proprio guardiano, eppure sono troppo curiosa...
"Sei stata coraggiosa oggi, anche se un po' imprudente", mi dice sedendosi sopra il mio letto. Sono sollevata dal fatto che ha iniziato la conversazione su un argomento facilmente trattabile. "Lo so, ma io non sono una... codarda"
"Dovresti capire come è andata per me. Il mio primo incontro con la mia protetta: stava prendendo a botte qualcuno!"
Lo dice con un tono talmente pratico e con un'espressione stupita che non posso fare a meno di ridere.
"Potrei dire la stessa cosa, insomma, pensavo sarebbe stato un incontro chissà quanto speciale!"
"Oh per quello anche io, ma tanto la Cerimonia dei Guardiani ti farà vivere tutte le formalità..." commenta sovrappensiero.
"Cosa ti fa pensare che voglia vivere quelle formalità?"
"Non so, non è che lo penso, è solo un dato di fatto"
La porta si apre di colpo: è mia madre.
Sono seccata, odio quando non bussa, entra dentro la camera con un vassoio pieno di biscotti e ci guarda esitante.
Mia madre ha un aspetto giovane, i capelli castani solitamente tenuti da una coda comoda e gli occhi verdi, ma più chiari dei miei, tutti dicono che ho gli occhi di mio padre ma i lineamenti di lei.
"Come va?"
"Tutto bene" rispondo io.
E' davvero assurda la situazione, nessun umano può vedere i Guardiani degli altri, ma mia madre tratta la circonstanza con una naturalezza incredibile.
Appena poggia il vassoio noto che ha le dita sporche di vernice, non dipinge da tempo. Prima che possa chiederle delle spiegazioni lei ha intercettato il mio sguardo e si affretta.
"Beh, io vi lascio continuare, in orario per la cena, va bene? Alexander la tua camera è in fondo al corridoio, Alexia ti ci porterà."
Alex guarda mia madre andarsene, non appena chiude la porta si rivolge a me
"Siete solo voi?"
Sospiro, è una domanda che odio.
"Si, voi Guardiani non sapete?" "Poco più rispetto a voi Protetti probabilmente."
"No, mio padre è morto."
"Mi dispiace..."
"Già..." rispondo amareggiata, odio fare così, ma mi viene spontaneo

La giornata termina senza nulla di nuovo, Alex mi fa delle domande e a cena la situazione è imbarazzante, Marco mi chiama più volte ma sinceramente seccata per il suo comportamento decido di non rispondere.
Spegnere la mia sedicesima candelina non è mai stato tanto soffocante.

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