L'Italia industriale

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Il settore industriale italiano è riuscito nel corso degli anni ad affermarsi a livello mondiale per la sua avanguardia e per i molti progetti vincenti che le menti italiane sono state in grado di ideare.

Il "made in Italy" ha da sempre garantito qualità, innovazione e bellezza che soltanto i prodotti italiani erano in grado di assicurare e per questo motivo a partire dalla seconda metà del secolo scorso le nostre industrie hanno avuto modo di crescere e di far conoscere i propri prodotti in tutto il mondo. Ma questi successi non sono arrivati per puro caso; sono stati il frutto di tanto lavoro e sacrificio che hanno permesso al nostro paese di ripartire da una situazione di povertà e desolazione.

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale il nostro paese si trovava in una situazione drammatica: le città erano da ricostruire, la disoccupazione era a livelli altissimi ed il settore industriale era presente unicamente in alcune aree del nord Italia. A partire però dagli anni '50 l'Italia ebbe modo di rialzarsi: grazie allo sviluppo industriale ed al progresso, il livello qualitativo della vita migliorò ed aumentarono anche le possibilità di lavoro; ed è anche per questo motivo che molte attività che fino a pochi anni prima rimanevano ristrette all'ambito familiare, poterono ingrandirsi e diventare piccole-medie imprese.

Tale fatto ha permesso all'economia italiana di ingrandirsi ed allargarsi anche agli altri paesi esportando i prodotti italiani e suscitando un grande successo. Grazie infatti all'ingegno ed alla bravura di alcuni industriali italiani, le nostre industrie si sono affermate a livello internazionale in ogni settore: dalle automobili agli elettrodomestici, dalla sartoria alle macchine da scrivere, in tutto il mondo se si voleva acquistare strumenti innovativi ed efficienti si puntava sul "made in Italy". Coloro infatti che possedevano un prodotto italiano erano certi di avere tra le mani un oggetto moderno e di ottima fattura. Non era la Germania lo stato che, come nei nostri giorni, rappresentava il progresso e l'avanguardia: era l'Italia il paese capace di colpire ed interessare potenziali investitori stranieri grazie all'inventiva ed alla tecnologia che le sue industrie erano in grado di convertire nei loro prodotti. Oggi invece questi momenti sembrano appartenere ad un passato lontano: vediamo ogni giorno come la nostra economia sia una delle peggiori d'Europa, i dati sulla disoccupazione giovanile spaventano sempre più ed il nostro settore industriale risente di una situazione di grande incertezza. Ma come è stato possibile ritrovarsi in questa situazione dopo che intorno agli anni '70 risultavamo essere un paese avente un'economia solida? Purtroppo i molti problemi che oggigiorno ci troviamo ad affrontare sono figli di politiche governative sbagliate che in un periodo di tempo discretamente breve hanno portato l'Italia in una situazione di instabilità finanziaria. In aggiunta la grave crisi economica che nel 2007 è scoppiata gli Stati Uniti e che nell'arco di pochi mesi ha raggiunto anche l'Europa, ha rappresentato un ulteriore ostacolo alla difficile ripresa delle molte piccole-medie imprese italiane che in quel periodo non si trovavano comunque in una situazione prospera: gran parte di quest'ultime hanno dovuto chiudere i battenti ed anche alcuni grandi marchi, incappati in difficoltà economiche importanti sono stati acquisiti da colossi mondiali che ne hanno rilevato i prodotti ed i ricavi; grandi gruppi come Indesit o Pirelli che da sempre hanno rappresentato il nostro paese nel mondo oggi sono divenute "straniere" e sembra che questo triste fenomeno ne stia interessando anche altri.

Tra gli importanti freni che limitano ancora oggi la ripresa industriale vi sono le pesanti tassazioni che ogni anno gravano sui conti delle aziende: il nostro paese si attesta infatti all'ultimo posto europeo ed al 141 posto mondiale per la fiscalità favorevole alle imprese (la stima è stata realizzata da uno studio di ricerca americano in relazione alla pressione fiscale, alle tasse ed ai tempi per il pagamento verso lo Stato delle nostre imprese).

Senza poi dimenticare l'alto costo dell'energia in Italia: secondo infatti la lungimirante politica energetica italiana che si era posta come obbiettivo la produzione di energia "verde" dopo lo spegnimento dei reattori nucleari nel 1987, oggi nel nostro paese gran parte dell'energia viene importata dai paesi confinanti aventi reattori nucleari mentre quella prodotta nel nostro paese proviene da centrali a combustione di minerali fossili. Ma per sostenere le spese di importazione dell'energia e di petrolio e gas, il nostro paese è costretto ad aumentare il costo delle bollette con ulteriori tasse, e tutto ciò va a discapito dei grandi consumatori di elettricità quali sono le industrie. In molti casi però i gruppi italiani incorrono anche in altri problemi che talvolta condizionano in maniera anche seria la produzione e il rispetto degli ordini di consegna dei prodotti: tali ostacoli sono le opposizioni dei sindacati. Costoro infatti, schierandosi al fianco degli operai, chiedono che le industrie, in questo periodo di crisi, salvaguardino tutti i posti di lavoro, concedano loro migliori condizioni di paga e spesso, per aumentare l'efficacia della loro protesta, organizzano scioperi e manifestazioni; ma, trovandosi in una situazione tale per cui coloro che possiedono un posto di lavoro risultano pochi e fortunati e le industrie senza il lavoro degli impiegati non potrebbero progredire e mantenere i dipendenti, non risulterebbe più conveniente anteporre il bene comune, cioè la salvaguardia del proprio datore di lavoro, invece di porre richieste obiettivamente difficili da soddisfare e comportare così notevoli difficoltà? Certo, le mobilitazioni per evitare licenziamenti e chiusure di stabilimenti possono essere importanti e, in certi casi, utili, ma per evitare che vengano presi tali provvedimenti sarebbe più utile mobilitarsi e chiedere spiegazioni alle autorità o ai centri di governo che hanno costretto le industrie ad adottare tali scelte.

Personalmente però credo che un ulteriore problema non secondario che condiziona l'Italia industriale sia la grande differenza presente tra il Nord ed il Sud della nostra penisola; problema che non è circoscritto solamente all'ambito industriale ma che si allarga anche a molti altri settori e servizi pubblici. Questa mia affermazione, seppur dolorosa, è motivata dall'idea generale che èpossibile farsi osservando l'Italia e gli italiani. Infatti è noto a tutti come i cittadini del nostro paese riescano a mantenere tale standard di vita grazie al lavoro ed al sacrificio che le regioni settentrionali riescono a mettere eche invece nelle regioni meridionali non si produca a sufficienza. Per questo motivo la nostra penisola risulta spezzata a metà: la parte settentrionale è capace di produrre e guadagnare più della Germania, garantisce servizi ed un sistema sanitario più che ottimo e forma i suoi studenti cercando di inculcare loro l'idea e la mentalità del lavoro e del sacrificio, punti cardini attorno ai quali è possibile costruire un futuro; la parte meridionale invece produce meno della Grecia, istruisce gli studenti in maniera assai peggiore rispetto al norded è colpita dal grosso problema della criminalità organizzata che soprattutto qui ha messo le sue radici. Ma queste differenze sono state accentuate anche dai politici locali che nel corso degli anni non sono stati in grado di adoperarsi per migliorare la condizione dei loro concittadini e della loro terra, preferendo anteporre ai loro doveri la brama di potere ed interessi personali. Davanti a questa situazione risulta impensabile progettare o quantomeno ipotizzare un futuro roseo nel quale tornare a vedere la prosperità ed il benessere degli anni passati. 

Dunque l'unica soluzione possibile per la ripresa in generale, ed in particolare per quella industriale, sarebbe, oltre ad un cambiamento culturale da parte del meridione, anche un'autentica svolta delle politiche rivolte alle industrie dal momento che i suddetti problemi vanno a discapito della nostra economia e devono essere contrastati ad ogni costo; solo dunque con provvedimenti volti ad incentivare la nascita di piccole-medie imprese, con agevolazioni e sgravi dal punto di vista fiscale e con incentivi mirati all'assunzione di personale sarà possibile rilanciare l'Italia sui grandi palcoscenici internazionali e potremo vedere le industrie della penisola competere sui mercati globali, cosa che oggi risulta impensabile. Infatti senza le industrie che fungono da "locomotiva" per il nostro paese come possiamo sperare di uscire da questa situazione di incertezza economica? Vendere inostri "pezzi pregiati" non è una soluzione contemplabile ed oltre ad indebolire la nostra economia dimostra all'esterno che l'Italia ha finito di essere uno stato forte, capace di produrre lavoro e garantire benessere ai suoi cittadini. Segnale che purtroppo oggi è possibile leggere ma che in futuro sarà meglio non mostrare di nuovo.     


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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 23, 2015 ⏰

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