Accidia.

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"Rispondi?" la voce ora piccata giunse alle orecchie di Federico, ma lui sorrise senza muovere un muscolo continuando a guardare il grande televisore sulla parete arancione, mentre le immagini di un mediocre film in fascia protetta continuavano a scorrere indisturbate creando una monotona colonna sonora per quella serata.
"Fede" lamentò l'altro interrotto dalla risata del protagonista, ed era proprio come se tutto il male del mondo non potesse scalfire il grande impero della tecnologia, come se ogni cosa per un film registrato fosse infinitamente piccola, come se gli attori avessero davvero tutto il tempo del mondo, come se ogni problema in quel paradiso idilliaco potesse trovare una soluzione senza bisogno di affanni, e un po' gli strinse lo stomaco il pensiero che la realtà, invece, non era altro che quella grande tragedia di elementi caotici.
Il telefono suonò ancora e questa volta il suo sguardo si posò sul tavolino di vetro che l'altro si era tanto raccomandato di non urtare.
Giulia lo cercava da ore, ma Michael era troppo dentro.
Era troppo nelle ossa, troppo nelle vene, nel sangue, era il tessuto che toccava, l'aria che respirava, era la voce canzonatoria e quella amara mentre gli ricordava che non poteva continuare in quel modo, era il sapore dolce mentre lo baciava.
Michael faceva male, a pensarci troppo.
Non vedeva la fine, Federico, e spesso gli veniva il mal di testa a rifletterci su, proprio come quando la maestra gli aveva detto che l'universo era infinito eppure in espansione, lui non poteva credere che qualcosa di così grande potesse continuare a crescere.
A quel tempo l'universo aveva fatto spaventare Federico, e per settimane intere in testa non aveva avuto altro che il buio incontrastato del cielo; ora era qualche centimetro più alto ma in testa la paura di essere inglobati da qualcosa di troppo Grande si era soltanto evoluta.
Michael gli pizzicò un fianco, tirandosi sui gomiti per guardarlo meglio, Federico sentì il freddo sulle gambe e storse il naso.
"Cos'hai? Sai che non piace quando tu sopra pensiero" gli disse il riccio preoccupato.
Federico sospirò, mentre il telefono smetteva di suonare, gli lanciò una rapida occhiata, e trovò lo sguardo triste di Michael a fronteggiarlo.
Si sentì sporco.
"Federico...rispondi tua Giulia, tu sai che va bene fare così" e stava mormorando usando quel tono che lui aveva imparato a conoscere, era un toso basso e rassegnato e Federico sapeva che no, non andava bene fare così.
Era sbagliato, tremendamente ingiusto.
Michael aveva lasciato Andy, si era spostato a Milano, aveva fatto tutto in funzione di quell'amore che provava e non gli avrebbe messo fretta, mai, perché andava bene averlo accanto anche in quel modo, così aveva detto, ma Federico sapeva che erano solo bugie.
Gli occhi di Michael si intristivano ogni istante in cui la parentesi parallela a loro si apriva con forza uno squarcio nei loro momenti.
"No, lo spengo" aveva detto allungandosi verso il tavolino accanto al divano rosso.
"Perché lei chiama tanto? Hai detto che lei sapeva tu eri da me, noi amici, dopotutto".
Certo, amici, ma Giulia non era stupida.
Michael chiamava ad orari improponibili, Federico spariva giornate intere, il web chiacchierava di strane uscite insieme, e la loro Beautiful disaster Non era qualcosa di così poco palese come credevano.
"Fede..." faceva male l'eco delle parole non dette, il solo suono del suo nome fuori da quelle labbra creava uno scompiglio emozionale ingestibile per un ragazzo della sua età.
Lui sapeva che avrebbe dovuto scegliere, perché crogiolarsi in quella situazione di stallo come se potesse durare per sempre era follia pura, e vedere Michael in quella tuta grigia, scompigliato, sull'orlo delle lacrime, era tutto lancinante.
"Mic, ti prometto che finirà presto, solo...dammi ancora del tempo" supplicò il rapper sporgendosi verso il libanese, gli prese il viso tra le mani e gli lasciò un veloce bacio sulle labbra, come a sancire una muta promessa, a giurare che davvero quella sarebbe stata l'ultima volta e poi sarebbero stati loro due, nessuna Giulia e nessun telefono, nessuna rivista patinata.
"Tanto tempo ancora?" la voce di Michael si incrinò pericolosamente fino a spezzarsi in un singhiozzo azzittito con forza dalle sue labbra.
Federico scosse il capo e lo circondò con le braccia, trascinandolo tra i cuscini.
Il telefono riprese a squillare, il protagonista del film adesso non rideva più.
"No, non tanto" ma entrambi sapevano riconoscere quella bugia, il torpore abitudinario che quelle conversazioni comportavano e che lasciavano tutti e due senza forze, Federico non sapeva salvare chi amava.

The seven deadly sins.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora