Leccò l'angolo del cucchiano con una lentezza esasperante, tanto che Federico credette di vedere le proprie mani prendere vita e posarsi sul capo dell'altro per scuoterlo.
"Buono" mormorò Michael, incurante dei pensieri dell'altro, fissò il barattolo di burro d'arachidi semi vuoto e si accigliò ragionando se fosse o meno il caso di prendere una terza porzione di quel pastoso e meraviglioso accumulo di calorie, poi si ricordò di non essere solo nel camerino e si voltò incrociando lo sguardo di un Federico alquanto concentrato.
Per un momento si preoccupò a vederlo chiuso nella sua bolla teatralmente rigida, e gli schioccò le dita davanti il viso facendolo riscuotere come da un sogno.
"Are you okay, Fedèz?" domandò il cantante perplesso e poi lo vide posare gli occhi sul barattolo, lentamente, quasi imbarazzato, e Michael sorrise sbarazzino.
"Vuoi?" prese di nuovo il cucchiaino e lo immerse nel vaso di vetro tirandone fuori la sostanza appiccicosa, porse l'oggetto all'amico ma Federico si ritrasse come scottato e storse il naso con un'espressione disgustata.
"No, Mic, che schifo" rispose subito il rapper, sentì lo stomaco chiudersi al solo ricordo, anche abbastanza vago, del sapore orribile che da piccolo aveva invaso il suo palato assaggiando il composto; Michael sembrò indignato da quella risposta e infilò il cucchiano in bocca mugolando di piacere.
Osceno fu l'unico pensiero coerente che Federico ebbe.Erano le 21 passate quando Michael bussò alla porta di Federico, una felpa rossa e una t-shirt bianca con la stampa di un vasetto di burro di arachidi mezzo aperto a mo' di bocca umana da cui usciva l'improponibile scritta -Eat me- e un barattolo del suddetto in mano, il sopracciglio alzato quel tanto che bastava a dargli un tono eloquentemente dittatoriale, Federico aprì un po' la bocca ma l'amico lo precedette entrando a passo spedito.
"Dov'è Giulia?" chiese guardandosi in torno in maniera sospetta, poi puntò al divano e si sedette compostamente su di esso, adagiando con cautela l'oggetto tra le sue mani sul tavolo dinanzi a lui, come un piccolo tesoro.
"Non c'è, te l'ho detto che andav-"
"Prendi me cucchiaino?" chiese interrompendolo mentre muoveva una mano in aria come a far allontanare dalle sue orecchie qualsiasi spiegazione che fuoriuscisse dall'ambito glucosio.
"Io sono qui perché tu bisogna di chiarire con te stesso tuoi desideri" disse la pop star annuendo con veemenza, lo fissò per qualche istante e Federico sentì i suoi battiti accelerare, mentre lo stomaco si chiudeva in un pugno e la nausea saliva veloce alla gola, arrancò tra le parole inciampando in un -no, non c'è niente da chiarire- che fece insospettire Michael quel tanto che bastava per far sì che la sua espressione diventasse di stupore e curiosità, quel tanto che bastava perché Federico si sentisse esposto, nudo, volubile e un mucchio di aggettivi che un 25enne dovrebbe aver imparato a gestire e che invece ora lo rendevano fragile e spaventato.
Era arrossito, e le sue ciglia sbatterono velocemente mentre lo sguardo saettava ovunque nella sala.
"Io parlo di buro di aràchide" precisò Michael tentando di calmarlo con gli occhi, e lo guardó annuire prima di perdersi nella cucina per risbucarne con un cucchiaino di acciaio ricoperto da una plastica giallo fluo, lo guardó con sufficienza e Federico fece spallucce sedendosi al suo fianco.
"Giulia è eccentrica" si giustificò mentre Gue saltava tra le sue gambe, la posata ormai ora immersa nel barattolo, ora chiusa tra le labbra rosee del più grande, schiuse docilmente e morbide attorno al metallo, intente a gustare il sapore particolare del burro, e il tatuato dovette distogliere lo sguardo con forza mentre Michael gli rivolgeva un'occhiata sospetta.
Si schiarì la gola e iniziò a parlare per evitare qualsiasi domanda da parte dell'altro.
"Ti annoiavi a casa?" chiese accendendo la tv, varie figure si alternavano sullo schermo.
"Abbastanza, ma io qui per far mangiare questo" sorrise agitando davanti i suoi occhi quella maledizione marrone.
"Bleah" commentò soltanto, e Michael si sporse pericolosamente verso di lui, lo scrutò per qualche istante e picchiettò sulla sua spalla con un dito, il fiato del riccio scontrò il suo volto, l'odore di noccioline invase il suo spazio vitale e probabilmente sulla sua faccia ogni singolo pensiero andava palesandosi in microespressioni nemmeno poi così poco evidenti.
Sentiva la gola secca e forse aveva anche smesso di respirare troppo concentrato com'era a darsi un minimo di autocontrollo per evitare al suo corpo di spostarsi di peso addosso a quello dell'amico, che poi, da quando aveva sognato di scoparselo sul tavolo dei giudici di XFactor come un assatanato, tanto amico non era nemmeno più.
Le labbra di Michael si aprirono e il suo nome ne uscì malleabile, liquefatto quasi quanto i suoi organi interni in quel momento.
"No vuoi superare tua paura per cose mai provate?" gli chiese con un filo di malizia che gli arrivò alle orecchie come un rombo, i suoi occhi scattarono verso le sue labbra, e vide la lingua dell'altro passare lentamente su di esse, inumidirle e poi come una serpe tornò serrata nell'antro lasciando la bocca lucida e invitante alla sua vista.
Un sorrisetto gli increspò il viso perfetto e Federico seppe in quel momento che Michael sapeva.
"L'ho già...provato. Due volte. Non mi è piaciuto" tentò di sembrare sicuro ma arretrò sul divano e la sua voce pesava come cemento fuori dalle sue labbra.
L'altro aprì leggermente gli occhi, forse sorpreso, ma si riscosse subito ricordando di cosa realmente si parlava.
"Oh, magari questa volta buona, con me".
Eh oh, dio, Michael si tirò a sedere e Federico si rese conto di quanto dannatamente vicini fossero stati soltanto quando sentì lo spostamento d'aria arrivare contro di lui come uno spiffero feddo.
Gue saltò giù dalle sue gambe abbandonandolo come un Giuda per 40 denari, e lui lo seguì con lo sgaurdo finché non lo vide raggomitolarsi sul cuscino grigio posto accanto al caminetto acceso.
"Avanti, apri bocca, fai questo per me"
soffiò gentilmente la voce squillante dell'altro, la sua pelle si accapponò e per un piccolissimo istante Federico si chiese se fosse di nuovo in un sogno troppo realistico.
Michael era di nuovo su di lui, più vicino questa volta, il cucchiaino sporto minacciosamente contro il suo viso e gli occhi illuminati da una strana luce predatrice.
"No, Mic, credo proprio di essere allergico, anzi".
Il riccio corrucciò la fronte e la mano schiacciò il cuscino accanto al suo fianco, fece leva sul braccio per non caderegli addosso e si avvicinò ancora, ancora, pochi centimetri a dividere i loro visi, l'aria fuoriusciva dalla bocca schiusa di Michael infilandosi direttamente tra le labbra di Federico, e il divano era improvvisamente piccolo, i pantaloni erano stretti, la casa, l'Italia, la terra, niente conteneva la voglia che provava di baciare quel dannato diavolo falsamente innocente.
"Fedèz" mormorò Michael guardando lui e poi il burro di arachidi, ma lui scosse il capo, non voleva assaggiarlo, non voleva che Michael smettesse di essere completamente sporto verso di lui.
E allora Michael lo fece di nuovo, mangiò di nuovo e lo guardó socchiudendo gli occhi in una maniera fraintendibilmente peccaminosa, mugulò.
Federico sentì la mano dell'altro posarsi sulla gamba, poco sopra il ginocchio, e il suo cavallo dei pantaloni implorava pietà.
"Federrico, io so che tua Giulia non qui. Tu detto me. Io ricordo" gli disse Michael ingoiando rumorosamente il burro d'arachidi.
Gli occhi di Federico si inchiodarono sulle labbra ancora appicciose di quella sostanza e ricevette con lentezza le parole del più grande, con fatica i suoi neuroni collegarono l'informazione alla situazione e quando finalmente il puzzle fu completo per poco non venne nei propri pantaloni.
Allungò una mano e rudemente afferrò quei dannati ricci morbidi, li strinse come da mesi ormai sognava di fare e lo spinse contro i cuscini del divano, Michael ridacchiò al suo orecchio ma Federico non era capace di concentrarsi su altro che non fosse il corpo della star.
Lo guardò, poco, istanti brevi prima di impossessarsi -finalmente- delle labbra dell'altro.
Morbide e appicciose si schiusero immediatamente quando la lingua prepotente di Federico tentò di varcare l'ingresso della bocca, scivolando dolcemente, succhiandogli l'anima, assaporando ogni centimetro come fosse l'ultima volta che ne avesse l'opportunità.
Le mani di Michael si strinsero attorno alle sue spalle e l'incastro fu perfetto, quando il rapper si staccò per riprendere fiato in bocca il sapore dolce ed aspro del burro di arachidi gli fece strizzare di poco gli occhi, mentre Michael sotto di lui sorrideva allusivo.
"Eat me" gli mormorò un po' roco, aprendo le gambe per fargli spazio e lui questa volta rise, rise forte crollando sul suo corpo, sistemandosi malamente nel poco spazio che avevano a disposizione.
"Ti piace mia maglia?" Domandò quasi ingenuamente Michael, e Federico era perso, ormai.
"Mi piaci tu" gli disse, prima di tornare ad assaggiare le labbra del suo nuovo dolce preferito.