Memories

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«La prima cosa che ricordo è un incubo»

(John Lennon)

Sento tremare la voce di mia madre. Anche questa notte mi ha ripostato dal mondo dei sogni. Com'è possibile? Io non conosco la sua voce..eppure è così vicina a me tanto da sentir il suo fiato sulle orecchie, come se sussurrasse. Mi manca..vorrei tanto stringerla fra le braccia, vorrei tanto che lei fosse con me..dov'è la mia mamma? Perché tutti possono avere la mamma e io no? Che ho fatto di male? Sono sbagliato io? Mi sento così solo..

Ma che cazzo dico?! Mi sono rotto i coglioni di restare in questa topaia insieme a quella stronza di Mimi, voglio andare via! Fanculo Mimi, fanculo Liverpool, fanculo mia madre!

Mi vesto ed esco dalla mia porta

-John! Dove vai? Sono le tre di notte!- urla acida Mimi con la vestaglia e i capelli intrecciati nei bigodini che le tirano il viso rendendola ancora più stupidamente ridicola.

-Che palle!Ciao Mimi!- urlo sbattendo la porta sentendola sbraitare.

Il porto di Liverpool non è mai stato così freddo, mi rannicchio sulla panchina, mando tutto a fanculo e alla fine mi stendo sopra; ma non riesco a trovare la mia posizione, come questo mare irrequieto. Decido infine di sedermi per terra, chissene frega tanto Mimi lava tutto. Ammazzo il tempo, prendo il mio album e faccio i miei scarabocchi, poi due bei baffi sulla faccia del poster di quel politico con la faccia da castoro pestilente, ha una faccia così brutta che il grassone della mia classe sembrerebbe quella pupa bionda sul manifesto dei vestiti; quanto vorrei fosse nuda. Mi accendo una sigaretta e guardo il mio stupido disegno: fa cagare. Sto per strappare il foglio quando una voce mi ferma

-No..perché lo strappi?- mi volto verso quella voce così soave e incantatrice.-è così bello-

Quella donna si piega accanto a me con il cappotto che le arriva sopra le ginocchia lasciando scoperta un po' di pelle da sotto il vestito, i boccoli rossi che le accarezzano il viso, quei occhi un po' a mandorla che mi sono così familiari.

-Non è tardi per restare qui signora? Deve tornare a casa, so che Liverpool è piccola ma i malintenzionati sono ovunque sa?- dico quasi seccato scarabocchiando per non fissarla troppo.

-Anche per te è tardi, quanti anni hai 14? 15?- dice leggiadra, io la guardo come se volessi strozzarla

-Ne ho 16 signora- dichiaro aspro e la mia voce mi ricorda quella di mia zia. Lei scoppia a ridere e poggia la testa sulla mia spalla, io irrigidisco

-Mi sei mancato così tanto John...-. Che? Chi è questa donna? Come fa a sapere il mio nome? Non è che sono diventato d'un tratto famoso e ora tutti mi conoscono? Poi diciamocela tutta...chi non conosce John Lennon? Ma questa donna mi incuriosisce, ha qualcosa che mi fa sentire strano, è come se la conoscessi da tanto tempo, come se sapessi qualunque cosa, come se mi sentissi finalmente rasserenato. Poi lei si alza

-Posso tenere quel disegno?- mi chiede con una dolcezza infinita, spiazzato annuisco . Lei prende lo prende e mi lascia un bacio sulla guancia -spero di rincontrarti presto e quando vuoi vieni a trovarmi- mi sorride accentuando il naso aquilino, si alza e va via.

In quel momento la mente è come se mi si aprisse, quante volte ho visto quella scena, quante volte ho sognato di rincorrerla e afferrarle l'orlo della gonna per farla restare, quanto bene conosco i suoi boccoli dietro la testa, le sue spalle strette, la lunga schiena e le sue gambe che avanzano su quei tacchi traballanti, che mi lasciano indietro ancora una volta, solo. Io so chi è lei. Lei è Julia: mia madre.

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