Edipo- al destino non v'è scampo

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La grande clessidra di Tebe ormai era all'ultimo fiotto d'acqua. Bisognava far presto, in fretta. Nonostante i dinieghi di Giocasta, si doveva indagare. Ma più andava a fondo nelle indagini, più trovava impedimento. Ciò che più lo tormentavano erano le profezie. Alcuna parola d'uomo certa aveva udito in merito alla vicenda, se non un'altra profezia: "La pestilenza si placherà quando sarà esiliato o ucciso l'impunito omicida di Laio". A governare il mondo erano tali dannati indovinelli infernali. Non si fuggiva al destino, era chiaro. Si nasceva già con il peso di un fato designato. Come aveva sconfitto con l'intelletto la sfinge, avrebbe superato bene anche questo enigma. Se lo ripeteva e passava le notti insonni a pensare, riflettere su quei miscugli di parole.

Una sera si senti soffocare dalle mura. Non usciva da giorni dalla dimora. Splendeva una pallida luna in cielo, più grande del solito, più lucente. Uscì nel silenzio della città, rotto soltanto da qualche piacevole risveglio di neonato. Qualche ubriaco li si fece contro, tanto che dovette spostare più d'uno come fossero mosche fastidiose.

Riconosciuto dalle guardie alla porta, fu fatto passare, non senza proporre una scorta al sovrano. Ma rifiutò seccamente, andando di fretta come a sbrigare una segreta commissione.

Le campagne d'intorno, intrise di sangue e ferro, nascondevano una moltitudine di imprevisti pericoli. Quelli sì che facevano sentir vivi, l'imprevedibile faceva scorrere la vita in corpo. Si avvicinò curioso ad un gruppo di massi ordinati in modo insolito per natura. Mai prima li aveva notati. Di giorno si sarebbero confusi tra l'erba, ma quella notte risplendevano come lanterne accese.

Si accostò alla più grande dove sembrava inciso qualcosa, ma nell'intento di avvicinarsi inciampò, ferendosi ad una gamba.

Nel momento in cui il sangue macchiò la pietra levigata, il cielo di fronte a lui si fece più opaco.

«Buonasera, oh Edipo re», un inchino da parte di un'ombra tra le ombre della notte.

«Chi sei tu, che ti dimostri cordiale al re anche da morto? Di certo non nemico, ma fidata lama»

«Dici il vero, re di Tebe. Qui fui degnamente seppellito dopo che mi prodigai in strenua difesa delle mura»

«Perché mai allora il tuo spirito non trova pace e risiede ancora quivi?»

«Il mio sonno eterno fu interrotto dal mio stesso re, quello che vi precedette al trono»

«Combattesti per Laio allora, chi sei tu?»

«A me il re si rivolge come Streblo, sono qui per restituire a lui un favore che mi fece in vita»

«Quale favore?»

«Alla nascita di mio fratello, Polifonte, fu predetto che avrebbe dovuto vivere accanto al re, altrimenti i suoi figli avrebbero conosciuto la morte prima di venire alla luce. Fu così, che ancora giovane, per mia intercessione, il re accordò di prenderlo come suo servitore. Sarebbe stato il più fido trai i servitori. Me ne andai felice, con mio fratello vivo ed in prosperità. Ora, direttamente nell'oltretomba il mio signore mi ha richiamato, perché si rimane fedeli al proprio re in vita ed in morte».

«Perché non è venuto lui stesso a parlarmi?»

«Per il vincolo dello scambio di favore a me solo è concessa questa singola via di dialogo con voi. Ecco il perché».

«Capisco, orsù dunque pronunciate il vostro vaticinio, che qui me ne manca uno soltanto per riempirmi la testa»

«Ascoltate bene. Riferisco, quindi alcuna domanda vi è concessa»

«Sono abituato alle sentenze, quando ho mai potuto chieder delucidazioni sulle parole vomitate da indovini? Meglio stai tu che te ne tornerai in pace, che io che vivo tra spade sguainate e fardelli gravanti sul cuore».

« A chi sullo scranno insanguinato siede:

che dalle Eumenidi il colpevole si rechi,

lasciate le forti mura con lesto piede.

Al loro giudizio deve presentarsi:

chi compie crimine contro un parente,

alla sorte non può sottrarsi.

Solo morte e distruzione porterà,

per mano delle Furie dai tizzoni ardenti,

ovunque egli si nasconderà».

L'ombra svanì in un lampo così com'era comparsa, lasciando Edipo interdetto. Sedette sulla pietra fredda.

Perché il re avrebbe dovuto consegnare a lui quel vaticinio. Forse come segno di rispetto e fiducia, un passaggio del testimone insolito. Ma formulare una profezia per un brigante qualsiasi, perché un brigante lo aveva ucciso senz'altro. Sembrava eccessivo, ma del resto se si sommava la sete di vendetta alla voglia di una tremenda punizione per l'infinito torto subito, ci poteva stare.

Assorto in questi pensieri contrastanti tornò tra le amate stanze, dove Giocasta l'attendeva in pena. Lo strinse con amore, chiedendo del suo vagare.

«Re Laio mi ha consegnato un messaggio»

«Laio? Ti è apparso in un sogno?»

«Sarebbe stato anche meglio, ma ha mandato un messaggero sotto forma di ombra»

Giocasta spalancò la bocca tendendo le mani al viso. Per qualche istante non respirò, tremando tutta. Edipo la sorresse adagiandola a terra.

«Mio re, quale sciagurato vaticinio ci manda dall'oltretomba il mio defunto marito. Giacchè un lieto avvenire sarebbe stato pronunciatomi da lui stesso in un sogno beato»

«Non è per noi, ma per il brigante che l'ha ucciso, vuole vendetta. Sarò io a riferirlo una volta che l'avrò preso»

Prese a piangere la donna, lamentandosi a gran voce. Tutta la città si destò a quella disperazione.

«Un messaggio funestamente recapitato al mio re, non è foriero di buona sorte per egli. Non lo troverete giammai quel brigante, dimenticate la vostra ricerca e vivremo in pace»

Lo sguardo di Edipo si perse nel vuoto. Ricevere le parole di un morto senza pace è sempre cattivo presagio. La testa sembrò scoppiarli senza che potesse far qualcosa per alleggerirla. Tutte le sentenze che aveva in mente si confondevano l'una con l'altra. Riascoltò l'eco del vaticinio. Perché si era menzionato un parricidio? Ingenuo era stato il suo orecchio e sorda la ragione.

«Ripetimi, come è morto il re, di preciso, dove, quando», tuonò e quella non poté trattenere le lacrime.

«All'incrocio tra tre strade, poco prima della tua venuta, per mano di briganti»

Vacillò sulle sue stesse gambe, che ora perdevano vigore.

«Io vi uccisi un uomo a quell'incrocio»

«Perché?»

«Intralciava il mio percorso pretendendo che cedessi il passo».

I due si guardarono specchiando nei loro occhi lo stesso terrore, la stessa tenebra.


#Angolo autore

Come già accennato nella trama, questo è uno spin off della tragedia di Sofocle. Concepito come storia collaterale al più grande progetto "Tragedia senza tempo" di Koira91. In esso ci siamo proposti di analizzare, volta per volta, un personaggio delle celebri tragedie greche, guardando i fatti con il loro punto di vista. Una riscoperta di celebre ed attualissime figure, unna ricerca molto stimolante. Invito tutti a partecipare, basta scegliere un personaggio e scrivere una one shot su di esso! Spero parteciperete numerosi ^__^


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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 07, 2015 ⏰

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