II

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C'è qualcuno che mi sente?


La musica era una parte integrante della vita di Louis, sin da piccolo aveva capito che questa parlasse, che le note, gli accordi, la melodia, venissero tutte dal cuore, tutte causate da un'emozione grandissima. Louis nella sua vita non aveva mai sofferto tanto, la sua famiglia era stabile, i suoi amici erano persone piuttosto educate.
Il pianoforte era uno strumento di cui il liscio non poteva fare a meno, a prescindere. A volte, quando gli veniva l'ispirazione e la voglia, si metteva lì, seduto sul suo sgabello, e si metteva a suonare qualsiasi cosa gli venisse in mente. E l'università era grandiosa, quando due anni fa aveva scelto di trasferirsi a Londra per gli studi, non pensava che sarebbe arrivato veramente a quel punto.

Cinque mesi, e avrebbe dato l'esame finale, prima di iniziare a lavorare nel campo della musica.

Ma era in momenti come quelli che Louis non riusciva a suonare, sbagliava gli accordi, facendo sì che il suono producesse note diverse da quelle stabilite. Così, nervoso, diede una botta alla tastiera.

«Hey, che ti prende?» Zayn corse immediatamente nel salotto.

«Non riesco a suonare» rispose acidamente il liscio.

«Sarai stanco per ieri, Lou. Siamo tornati a casa veramente tardi» Zayn poggiò il gomito sul cofano del piano, mettendo tutto il suo peso sulla gamba destra.

«Ho mille pensieri per la testa» Louis, a quel punto, si alzò dallo sgabello basso, prese la giacca dall'appendiabiti all'ingresso della porta, e quasi uscì, prima di avvertire il suo migliore amico. «Vado a farmi quattro passi, non aspettarmi per pranzo.»

Non aveva mai avuto una crisi, e non riteneva che il nervosismo dovesse sopraffare tutte le altre emozioni, infatti lui era sempre stato quello più determinato, determinato a raggiungere la sua meta.

Il suo professore di pianoforte aveva assegnato, quella mattina, un brano che conosceva perfettamente. Ma non era un brano qualsiasi, era il loro brano. Quella canzone l'avevano utilizzata quando, per casualità, si erano ritrovati a ballare un lento, lui e Conor. Louis amava Conor, così come Conor amava Louis, ma c'era qualcosa in loro che non andava bene, come per esempio il fatto che Conor fosse il fratellino più piccolo di Zayn.

Zayn era sempre stato contrariato alla loro relazione, insomma, lui e Louis erano migliori amici, e non avrebbe mai potuto sopportare che due delle persone più importanti della sua vita soffrissero.
Quindi, quando successe ciò che successe a Conor, i due partirono, principalmente per affievolire il dolore del ricordo del ragazzino.

Louis si passò una mano fra i capelli prima di prendere una sigaretta ed iniziarsela a fumare. Attraversò la strada, quando nei meandri dei suoi pensieri, si ricordò ciò che il suo ragazzo gli promise qualche anno fa. «Un giorno io e te partiremo per Londra, te lo prometto, Lou. Ti prometto che quando andremo a Londra sarà per la nostra luna di miele» e si ricordò di quella mano color latte passargli per l'addome, ed iniziarlo ad accarezzare dolcemente. Quando, poi, sentì la folla avvicinarsi all'angolo della strada e ad ammucchiarsi tutti incuriositi. Louis scosse la testa, probabilmente qualcuno si era fatto male, ma delle voci lì accanto, iniziarono a parlare. «Hai presente il ragazzino che sta sempre qui?» chiese la donna alla, probabile, amica. «Certo, sì. Gli è successo qualcosa?» il liscio si girò immediatamente verso le due donne che camminavano a testa alta, poteva essere che stessero parlando del ragazzino che ogni giorno gli chiedeva l'elemosina, e che quella notte stessa aveva trovato accampato sul marciapiede della strada?

«Harry!» una voce gridò. «Dobbiamo tornare a casa, dai!» la voce gridò ancora. Il ragazzo dai capelli lisci corse in direzione di quelli che stavano creando quel trambusto.
E facendosi spazio fra la gente, riuscì finalmente a studiare nella mente una didascalia per quella situazione.
«Abbiamo trovato i tuoi genitori, dobbiamo andare, Harry!» una giovane donna stava tirando dal braccio quel ragazzino innocente, ancora sporco di tutta quella polvere. Harry, così sembrava chiamarsi, grugniva solamente, con il volto rigato di lacrime e cercando di opporsi alla forza della donna.

Louis guardò prima a destra e poi a sinistra, stupito della reazione della gente. Tutti guardavano, ma nessuno faceva niente. Louis era nel panico in quel momento, persino dalla sua posizione poteva vedere il livido che la donna stava procurando al presunto senza tetto. Così, si fece avanti e scostando il corpo della donna, quasi bruscamente, la gente fece un sospiro, creando vari «Oh!», «Ma che vuole fare?», «Ma chi è?».

«Mi scusi, signorina, ma non vede che sta facendo male al ragazzino?» disse il liscio, con gli occhi sgranati.

«Ma lei chi è, signore?» rispose la donna.

Esatto, ma lui chi era? Ma soprattutto, lui chi era per reagire in quel modo? E sperando che Harry non negasse, disse:«Sono un suo amico. E da tale, le chiedo di lasciarlo stare, per cortesia!»

«Oh, è suo amico!» la donna si girò verso la folla. «Avete sentito? È un amico di Harry!» continuò sarcasticamente. «Senta, signorino so-tutto-io, abbiamo trovato i genitori di Harry, li contatteremo e lo verranno a prendere all'orfanotrofio!» Louis rimase immobile. «Posto dal quale è scappato un bel po' di mesi fa!»

Louis si voltò verso Harry, che aveva la testa bassa e teneva fra le dita un bracciale d'argento, lo teneva così strettamente che Louis aveva quasi paura che si rompesse. Al ragazzino scappò uno sguardo sul più grande che si trovava di fronte a lui, con le labbra disse qualcosa:«Non voglio». Louis, confuso e scombussolato, provò quasi pietà per il ragazzino. Fece un passo indietro, quasi riponendosi nella posizione in cui si era messo prima che si fosse intromesso alla discussione.
La donna, con la via libera, riprese il braccio di Harry e cercò forzatamente di alzarlo e di portarlo via; il riccio guardò furioso il liscio e ciò lo fece riprendere dalla sua situazione di trance.

«Signorina, si tolga immediatamente da lì, la posso denunciare per maltrattamento minorile!» Louis camminò nuovamente, questa volta posizionandosi accanto al riccio.

«Signore, è serio? Ma non lo vede che gli serve aiuto?»

«Lo vedo, ma gli sta facendo male!» gli indicò il braccio con il livido dato dalla stretta della mano della donna. Quest'ultima si scostò immediatamente, forse frustrata per ciò che stava facendo. Era una volontaria dell'orfanotrofio di Londra, aveva sole buone intenzioni, mica far male al ragazzino, così, afflitta e stanca, disse:«Harry, ritornerò. Non sparire di nuovo, possiamo portarti dai tuoi genitori» che successivamente, guidò la folla a sciogliersi e a ritornare nelle loro attività abituali.

Quando tutti se ne andarono, Louis si girò verso Harry, poco dopo aver osservato quell'angelo per vari minuti, lo prese dalle spalle.

«Stai bene?» chiese, scuotendolo un po'. Harry annuì con gli occhi tristi. «Mi dirai cos'è successo?» continuò il liscio. Pensò di star per centrare il punto dolente, poiché vide il riccio abbassare lo sguardo. «Ok, ok, non fa niente» disse, staccandosi dal corpo del ragazzino, ritrovandosi con le mani tutte sudicie. Nonostante ciò, si mise una mano fra i capelli, quasi per la disperazione. «Vieni a pranzo con me?» allora chiese, sperando di non risultare troppo invadente.

Harry fece un passo verso Louis, si morse delicatamente il labbro inferiore. Aveva un volto troppo innocente, troppo povero. «Ok» rispose semplicemente il ragazzino, prima di iniziare a camminare insieme al suo salvatore.

After all, You saved me (L.S.)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora