II

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Mi guardai intorno senza capire. Vedevo solo uomini di ferro che avanzavano verso di me con lunghe e pesanti catene metalliche, urlavano ordini, mi accerchiavano.

- NO!! LASCIATELO STARE!!!! - gridò piangendo una ragazzina, cercando di strappare una spada dalla mano di uno dei soldati armati, che la scaraventò a terra lasciandole un profondo taglio sulla guancia perfetta.

- CATTURATELO!!!! - urlò un uomo gigantesco, puntando l'indice contro di me. - CATTURATE QUEL DRAGO!!!!!

I miei enormi occhi gialli non riuscivano a mettere a fuoco nulla, ed intorno a me vedevo solo macchie confuse di colori, sentivo solo suoni ovattati e lontani che mi frastornavano.

Non riuscivo a combattere. Ormai non c'era più tempo, tutti sapevano della mia esistenza, tutti volevano solo uccidermi.
In preda alla disperazione, ruggii un'altra immensa fiammata che incenerì molti uomini ed andò ad appiccarsi ad un'altra colonna di granito della sala del trono, incendiandola e facendo cadere immensi massi sulle teste dell'esercito.

Sapevo di non potercela fare. Ero un drago, certo. Ma loro erano troppi. E le loro catene incantate indistruttibili. Indistruttibili persino per il mio fuoco. Il fuoco di un drago.

Mi scossi violentemente di dosso le frecce e le lance che tentavano di conficcarsi sulla mia durissima pelle verde, simile ad una corazza. Mandai un grido acuto per Elysa, la ragazza che fin da quando ero nato mi aveva nascosto dal re e dai soldati. Io la amavo. O forse anche di più. Ormai eravamo un'anima sola in due corpi, sì, lo sentivo. E sentivo le sue emozioni. E sentivo la sua disperazione per me, sentivo tutto il suo amore per me, e sentivo ancora la sua speranza. Lei aveva ancora speranza. Anche senza vederla, sapevo che i suoi occhi brillavano ancora. Sapevo che non mi aveva abbandonato.
E sapevo che io dovevo aiutarla. Se mi fossi arreso, lei sarebbe morta. E questo non potevo concepirlo. Saremmo morti, sì, ma insieme e felici, nella consapevolezza di aver fatto tutto ciò che potevamo per il nostro legame.

Ma un gruppo di soldati aveva approfittato dei miei pensieri per gettarmi una pesante rete ferrea sul dorso. Mi trovai le zampe anteriori e le ali intrappolate in quella morsa letale e terrificante.
Infilzai alcuni uomini con le zampe posteriori, cercando un' impossibile via d'uscita. Non potevo arrendermi. Non potevo. L'avevo promesso a lei.

Ma intanto la rete metallica che avevo addosso cominciava a scottare. Bruciava. Scossi il mio corpo gigantesco tentando di toglierla, ma le punte che essa aveva attaccate mi si infilzarono dolenti nelle parti scoperte dalla corazza: nelle zampe, nella pancia, nel collo.

Vidi inorridito fiumi del mio sangue sgorgare dalle ferite, mentre la paura prendeva il sopravvento sul dolore.
La sala del trono era piena di macerie e pezzi di colonne crollati, cadaveri, sangue.

Per ogni uomo che riuscivo a eliminare, altri due arrivavano a sostituirlo, armati fino ai denti, le lance e le spade di quel ferro che bruciava, lo scudo impenetrabile e indistruttibile persino per me.

L'esercito intero ora stava avanzando verso di me spingendomi verso un terrazzo a strapiombo sul bosco notturno.
Il buio della notte si riempì all'istante del calore delle fiamme e dell'odore di materiali bruciati, del clangore assordante delle spade, magiche e affilate, mentre venivano sfoderate verso di me. Ogni uomo puntava un'arma di quel tremendo ferro bruciante sul mio corpo, e io non osavo fare nulla se non indietreggiare, indietreggiare, con il cuore che pulsava a mille e il sapore salato delle lacrime che scivolavano inevitabili fino alla bocca.

Dopo poco sarei precipitato nel nulla. Il terrore puro si impadronì di me e, con le ultime forze che mi rimanevano, lanciai un'altra fiammata raso terra.
Ma non feci in tempo a balzare in avanti che una zampa scivolò giù dal terrazzo.
E da lì tutto non mi sembrò poi così terribile. Come immagini a rallentatore, rividi la roccia sgretolarsi sotto di me, lasciandomi cadere nel buio, nell'ignoto.
Non era così terribile, già, tranne una cosa.
L'avevo tradita. Non ce l'avevo fatta. L'avevo persa per sempre. E non me lo sarei mai perdonato.
Sentii, forte come non mai, il desiderio di averla lì al mio fianco, di poterla abbracciare e stringere fra le mie ali.
Ma ormai le ali non potevo più usarle. Erano bruciate e distrutte, come quasi tutto il mio corpo.
Avevo perso una zampa anteriore e la coda, e sentivo anche il petto che cominciava a non farcela più.

La desiderai, e il mio ultimo desiderio si avverò. La vidi correre e gettarsi senza esitazione giù dalla terrazza per raggiungermi.

Pensavo mi odiasse. Avevo fatto morire una parte di lei.
E invece mi sorrise. Un sorriso così caldo, così affettuoso, così traboccante di amore, gratitudine, spensieratezza, felicità, gioia, allegria, serenità anche incontro alla morte che non potei fare a meno di sorriderle anch'io.
Lei mi porse una mano, una delle sue candide e delicate mani, ed io la tenni stretta fra le mie zampe, custodendola come il più prezioso dei miei tesori, dei miei segreti, dei miei sogni, per non lasciarla andare mai più.
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Ecco una storia che non è un pezzo di storia, anche se potrebbe benissimo esserlo, credo. Spero vi sia piaciuto, ditemi cosa ne pensate ^-^

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 04, 2017 ⏰

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