Adele - Hello
-Che stai facendo?- Sentii una voce come lontana. Era così profondo, pensai. Quel vuoto mi spaventava, ma nel frattempo volevo provare quella scarica, volevo i brividi su tutta la schiena. Tutto intorno a me era confuso, sentivo solo il battito del mio cuore che rimbombava come un martello dentro la mia testa. Chiusi gli occhi respirando l'aria che mi sferzava il viso.
-Ferma!- Allargai le braccia stringendo le maniche del mio cappotto grigio sui palmi, le mie nocche erano bianche. Protesi la testa verso quel delicato vento che mi sfiorava la pelle. Mi sentivo carica, sicura. Nulla era andato come doveva. La distruzione di qualche minuto prima mi sembrava così motivata,in quel momento. Sorrisi.
-FERMA!-Il mio corpo si alzò sulle punte dei vecchi scarponcini neri, pronto a fare quel salto nel vuoto. Strinsi gli occhi facendo scendere una stupida lacrima. Quando raggiunse il mento, e cadde a terra, diedi la spinta necessaria per staccarmi dal quel pezzo di muro. Sentivo l'adrenalina attraversarmi ogni singola molecola del mio organismo. Sentivo che stavo dando un senso a quella giornata. Lo scontro con quella sostanza gelata non lo sentii nemmeno. Salii a galla,cercando di non essere trasportata a fondo. Era tutto burrascoso, dovevo nuotare.
Non volevo farlo, non lo feci.
DUE ANNI DOPO
Non avrei mai immaginato che nella vita reale, gli incontri non siano mai casuali. Dal vicino cortese che ti saluta ogni mattina, al gatto randagio che ti chiede un po' di carne sedendosi sul davanzale. Le coincidenze non esistono. Siamo tutti destinati ad un vita perenne e infelice, inclusa di continui problemi e scocciature. E la cosa più sofferente, è che siamo costretti a vivere questa vita in questo mondo, in un modo o nell'altro, senza repliche. Il che, è fantastico, considerando che rattrista ancora di più il quadro della situazione.
Ma la cosa che davvero, davvero bloccava letteralmente la fine della mia giornata, era quel dannato traffico.
-Ma che cavolo! -. Risposi a tutti quei clacson che mi facevano pulsare la testa. Tentai una discutibile retromarcia per cambiare corsia e tornare indietro. Il tempo di mettere il muso del mio pick-up fuori, che un'automobile ( molto ) costosa lo tamponò in tempo record. Evidentemente la mia giornata non era davvero finita.
-Ma che diavolo ti passa per testa? -. Urlai per farmi sentire. Non ero scesa dalla macchina, avevo solo aperto lo sportello sporgendomi per rilevare il viso di quella persona. Dall'automobile scese un ragazzo sui venticinque anni, alto, con un gessato firmato Armani. Si tolse gli occhiali da sole avvicinandosi.
Se fossi capitata in questa situazione in un altro momento, probabilmente gli avrei sbavato dietro. Ma quel giorno aveva colpito l'unica macchina che possedevo e che mantenevo aggiungendo qualche lavoretto da mezza giornata alla mia settimana.
-Non che si noti qualcosa. Comunque, piacere. James Rheed-. Mi offrì la mano tirando fuori un sorriso smagliante.
-Senti, bell'imbusto. Hai rovinato la mia macchina, diminuito quel briciolo di pazienza e felicità in un granello di polvere e aumentato il ritardo al mio incontro. Togliti dai piedi-. Molto probabilmente le persone che assistirono alle mie lamentele mi avranno preso per maleducata. Ma semplicemente non ero dell'umore adatto per le presentazioni. Chiusi lo sportello mettendo in moto.
-Ti posso almeno dare un passaggio?-. Chiese senza muoversi guardandomi con gli occhi marroni come il cioccolato.
-No-. Replicai cercando di accendere quel vecchio motore. L'auto non partiva. Diedi un pugno al volante.
-Dannazione-. Imprecai, poggiando la testa su cuscinetto del sedile.
-Sei ancora sicura di non volere un passaggio?-. Ci pensai su, in fondo era il minimo che potesse fare.
-Solo perché mi hai distrutto l'unica auto che avevo-. Affermai senza dargli troppo peso. Prima di salire nella sua costosa macchina, cercai di chiamare il mio meccanico di fiducia,Charles, un uomo sulla sessantina che consideravo come un padre, che sopportava i capricci del mio pick-up da un anno e mezzo. Il ragazzo mi fece posare il telefono.
- Tranquilla ci penso io-. Disse con uno sguardo dolce, che non ricambiai.
-So mantenermi-. Risposi cercando un qualche segno di arresa. Ma la sua risposta mi spiazzò.
-Lo so-. Lo guardai per qualche istante, confusa, volevo inquadrare bene la sua immagine nella mia mente. Volevo ricordarlo. Che stavo facendo? Scossi la testa. Gli diedi le spalle dirigendomi verso la sua auto.
Il tragitto incidente-casa fu abbastanza breve, fortunatamente. Non aprì bocca, d'altronde neanche io lo feci. Gli dissi di accostare, così che potessi scendere. Prima di chiudere lo sportello chiusi gli occhi, non ero così.
-Ehm,grazie per il passaggio e.. per la mia macchina-. Dissi un un po' riconoscente, dopodichè chiusi la portiera e gli diedi le spalle per dirigermi a casa.
-Dimmi almeno come ti chiami-. Urlò mentre percorsi il piccolo tratto per arrivare alla porta.
-Il mio nome non è importante-. Risposi salendo i tre gradini, per poi girarmi e guardarlo attraverso il finestrino.
-Addio, James Rheed-.
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Emptiness.
Teen FictionGrace Stevenson non è la ragazza perfetta che vuole scoprire l'amore e la felicità. Scappa da questo, non cerca e non vuole essere cercata. James Rheed è l'unico in quella grande città che se ne rende conto. Proverà a cercarla, a farle ritrovare s...