Lui

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E se così non fosse? No. È sempre la.
Chiunque lui sia, come lo si voglia chiamare.
È la.
Sul letto del lago , retto in piedi e immobile sulla sua barca di legno.
Come sempre.
E i suoi occhi verdi abbaglianti gli fan da faro.
È l'unica cosa che so di lui.
Mi guarda.
Nonostante la nebbia.
Mi fissa e non puó fare altrimenti.
Come se tutto il mondo fosse stato sintetizzato in questo pontile.
Le ombre hanno stretto così tanto il mondo reale da chiudermi qua , in questo piccolo lago nella mia testa.
In posto fuori dal mondo ormai divorato dalle tenebre, in un'attimo fuori dal tempo. Qua e ora.
E comunque ovunque girassi la testa in questa nebbia oscura vedrei solo quelle macchie verdi.
C'è silenzio, ma quasi disturbante, come il fruscio della radio.
Ed è puro caos ,per me, insopportabile.
Tutta questa pace mi rende dannatamente nervoso.
Voglio solo che questa cosa finisca il più presto possibile.
Entrambi sappiamo quello che dobbiamo fare, è così ogni singola notte.
Questa volta non ho nemmeno bisogno di leggergli le labbra.
Come un mantra da ripetere all'infinito, siamo due manichini agli ordini del fato.
E tutto procede a memoria, inconsapevolmente.
Come se ogni secondo non facesse che ricordarmi cose che finora avevano dormito in qualche oscuro angolo della mia testa.
Come se ci conoscessimo da sempre.
Un uomo. O meglio, la forma di un uomo.
La forma di un uomo ritagliata dall'ambiente circostante.
Un buco nero a forma di uomo.
Lineamenti che non rapportano a niente, assolutamente a niente.
Non fa freddo, anzi.
Sento stringere lungo tutto il mio corpo delle fiamme dolci, che mi tolgono il respiro e mi costringono a fare ciò per cui sono chiuso in questa prigione onirca, il più presto possibile.
In realtà c'è un po' di afa. E pochissimo vento basso.
Di quello che aleggia immobile tra le spighe dorate.
Che mi richiama a compiere ció per cui sono qua, nuovamente.
Un'ambiente minimizzato, quasi ideale.
Il terrore più calmo e preparato.
La violenza del rito annoiato.
Il dolore più dolce.
Ha un pugnale in mano, non lo vedo, ma so che lo ha.
Io, l'uomo e il pugnale, come sempre.
Non è colpa di nessuno, siamo entrambi costretti.
Come ruoli che qualcuno ci ha assegnato, marionette.
Mi avvicino all'uomo, leggero, senza fatica.
Così velocemente che sembro attratto da quella figura immobile.
Non vedo il suo volto, lui è il nulla.
Lui è nulla.
Ma so che i suoi occhi sono colmi di pena, lo sento.
Ma deve andare così comunque. Per forza.
Non abbiamo colpe.
Inevitabilmente mi strozza il terrore della consapevolezza di cosa sta per succedere.
Piccole perle di sudore gelido solcano la mia schiena come piccoli aghi.
Resto immobile come pietrificato dinnanzi a lui. È così alto.
Silenzio, cielo grigio.
Tutta questa calma mi uccide, mi soffoca.
Il coltello di fronte a me sembra quasi far parte di lui.
Un coltello che non è coltello, ma ne è solo il significato.
Lo affonda nel mio stomaco con cortesia riempendo di oscurità anche questo mondo.

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