IV

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Un giorno, Harry avrebbe avuto una Galleria d'Arte. A seguirlo ci sarebbe stato un povero malcapitato tirocinante - come lo era lui in quel momento - ed avrebbe avuto per tutto il tempo un grosso sorriso sulle labbra.

Gli piaceva però, avere la supervisione del gallerista e svolgere la qualsiasi mansione fosse utile a soddisfare il suo capo. Era sempre felice di passare da una mansione all'altra, sempre col sorriso sul viso, giallo come il Sole.

Era parecchio teso però, perché ben presto avrebbe preso parte alla prima mostra, partecipando all'attività di comunicazione e alla preparazione degli apparati informativi per la stampa.

La stanza in cui si trovava aveva affissi alle pareti alcune tele d'Arte contemporanea che non gli trasmettevano realmente qualcosa, ma erano belle, belle da vedere.

Lo spazio era grande abbastanza per ospitare molta gente, e l'atmosfera con quelle lucine attaccate agli angoli della sala conferivano sicuramente al posto un certo fascino, ombreggiando o mettendo in luce certe opere del gallerista.

Era terribilmente felice in mezzo a tutta quell'Arte. Immerso completamente nel suo mondo, non considerando assolutamente nulla che non fosse lì dentro.

Continuò piacevolmente le sue attività di segreteria e documentazione, lasciandosi trasportare dalla bellezza che quel posto gli dava. Non era mai stato meglio come in quel momento.

A mettergli un po' d'ansia fu proprio il gallerista, che gli comunicò la data ufficiale della sua prima mostra. Aveva un mese per essere perfetto, un mese e poi avrebbe dato prova delle sue capacità.

Quando abbandonò quel posto era già parecchio tardi, ma si diresse a passo spedito verso casa, cercando sicurezza nei suoi libri e nelle sue tele.

Doveva comunque studiare per un'imminente esame che avrebbe dovuto dare da lì a qualche giorno, perciò affretto il passo e si richiuse la porta alle spalle respirando.

In casa sua non aleggiava più semplicemente il profumo dei colori e delle tele nuove, no.
C'era qualcos'altro che gli fece trattenere il respiro con violenza, fino a far bruciare i polmoni.

Quando entrò nella sua stanza, la tela colorata gli regalò un sorriso, facendolo risalire a galla da quei pensieri troppo profondi.

Si sedette a gambe incrociate sul letto - dopo aver tolto le scarpe col tallone, spedendole dalla parte opposta alla camera - ed afferrò il pesante tomo di storia dell'Arte, lasciando spazio solo a quello e a nient'altro.

Peccato però, che la quiete durò molto poco, perché il block-notes - sui cui avrebbe dovuto prendere degli appunti - gli ricordò di un disegno in particolare.

Era stato sciocco quella sera a seguirlo, era stato sciocco a mettersi in mezzo alla tranquillità ricercata dal ragazzo. Ma era stato anche terribilmente bene.

Nascosto, quasi al buio, non aveva resistito un solo secondo. Lo aveva visto con quel profilo spigoloso, tagliato solo dal cappuccio sulla testa, l'espressione vaga e quella sigaretta cui il fumo lo avvolgeva stretto come una coperta grigia.

Le sue dita avevano ceduto alla tentazione immediatamente, ritraendo il caos di quel ragazzo, semplicemente mettendoci la propria luce nei lineamenti.

Era stata un'esperienza quasi mistica la sua, perché si era improvvisamente ritrovato nel bel mezzo dell'oscurità totale e gli era quasi piaciuto.

Quella piccola sfumatura di nero gli aveva regalato un piccolo momento di luce; immergendosi però successivamente in quello che era il suo mondo.

Era stato inevitabile, impossibile non accorgersi di essere stato risucchiato dai colori più scuri, dalle macchie, dai lividi, dai tagli e dal rosso sangue. E per una volta soltanto, non gli era dispiaciuto. Per una volta si era lasciato andare, mettendo da parte la sua luce in favore dell'oscurità.

I See Your true colors (And That's why I love you)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora