Reborners

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» There's a little creepy house in a little creepy place

Little creepy town in a little creepy world

Little creepy girl with her little creepy face, saying funny things that you have never heard

Do you know what it's all about? Are you brave enough to figure out?

Know that you could set your world on fire, if you are strong enough to leave your doubts

ː

I passi risuonano vuoti nel corridoio del pianerottolo. Gli stivaletti sono sempre rumorosi e dovrebbe rassegnarsi alle scarpe da ginnastica, soprattutto se non vuole annunciarsi prima di varcare la soglia di casa. Ancora non è abituato all'orrore che ogni volta gli si presenta davanti quando torna in quello che dovrebbe essere il suo nido, il suo rifugio. Ha bisogno di diversi istanti con se stesso per riorganizzare le idee, prima di poter essere in grado di affrontarlo; ecco perché passa una decina di minuti davanti la porta dell'appartamento che condivide con suo marito, prima di entrare. E dire che sono passati ormai due anni, da quel giorno. Gli avevano assicurato che qualcosa sarebbe cambiato, ma a quanto pare non è così; a quanto pare la situazione si fa ogni giorno più irrecuperabile e il giovane uomo prova un senso di inquietudine tutte le volte che oltrepassa l'ingresso dell'edificio in cui si trova il suo appartamento.

Non può farci molto; le ha tentate tutte, ma se dall'altra parte non c'è più collaborazione, forse dovrebbe semplicemente lasciar perdere, cercare di rendere propria quella routine disturbata e sbagliata che è diventata quella di suo marito. Eppure, nonostante ci stia lavorando sopra da due anni, non ci è ancora riuscito.

Si ferma davanti alla porta, quindi, sospirando ed estraendo le chiavi dalla tasca del cappotto; esita un momento prima di far girare quella giusta nella toppa e far scattare la serratura. Vorrebbe poter scappare, vorrebbe avere il coraggio di lasciarlo a gestire quel teatrino da sé, senza spettatori o comparse, ma lo ama troppo per potergli rivolgere un torto simile. Lo ama troppo per lasciare che il dolore si nutra di lui e lo privi della sua linfa vitale. E ha bisogno di tutta la preparazione psicologica che inizia a racimolare la mattina, una volta sulla via del lavoro, per poter rientrare nella sua casa, nel suo porto sicuro - quello che riteneva tale, almeno, fino a qualche tempo prima - e sorridere al marito come se nulla fosse.

Eppure non è mai sufficiente.

Eppure è difficile, ogni giorno più difficile.

E lui ci prova; ci prova con tutto se stesso e senza mai arrendersi, anche nei giorni in cui vorrebbe solo sedersi fuori, su di una panchina nei pressi del Tamigi, e chiudere gli occhi. Restare lì, congelare.

Lasciare il marito da solo, appunto.

Liberarsi da quel fardello, appunto.

Ma è difficile, appunto.

Ed Harry non è chissà che grande attore.

E Louis sembra non fare molto caso alle sue scarse abilità. Non più, almeno.

«Louis? Sono a casa» si annuncia, pochi istanti dopo, muovendo i primi passi esitanti verso lo sgabuzzino in cui tengono cappotti e scarpe, subito a destra dell'ingresso. Chiude una porta e ne apre un'altra, sospirando; si spoglia, indossa le pantofole e si dirige verso il salotto, da cui sente provenire la voce sommessa del marito. Si ferma sulla soglia, osservando quella scena che in una situazione differente avrebbe ritenuto anche dolce e che in quel momento lo porta a rabbrividire quasi con violenza: Louis è seduto sul divano; tra le braccia regge un fagotto rosa e lo sta cullando, sussurrando una nenia a mezza voce. Si interrompe per pochi istanti, il castano, e posa lo sguardo sul marito; le labbra si sollevano in un sorriso a trentadue denti, gli occhi si illuminano e l'uomo si alza, incamminandosi con attenzione verso la sua dolce metà.

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