"The night is covered by lights and fire"

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Era un'idea stupida, un'idea che avrebbe portato sicuramente a una situazione imbarazzante e, quasi sicuramente, ad un ordine restrittivo che comprendeva l'allontanamento da lui e dalla sua casa. Quel sabato mattina era freddo e l'umidità si sentiva chiaramente ma il sole alto attutiva i sette gradi che quel giorno facevano compagnia alla sua lenta camminata.

Quando era tornato a casa la settimana prima, dopo la serata al pub, si era messo a pensare a mente lucida a tutto l'accaduto, al modo in cui Alex gli aveva sorrido e come gli aveva parlato, facendolo sentire a suo agio; spesso non si sentiva così con i suoi amici, come avrebbe potuto farlo un estraneo?

Avrebbe voluto vederlo il giorno dopo e anche quello seguente, ma la stupidità del pensiero lo fece desistere ogni volta, pensando che fosse una situazione isolata e che probabilmente sarebbero finiti a salutarsi di sfuggita come semplici conoscenti che hanno condiviso qualcosa.

La sera prima, però, aveva notato un particolare a cui chiaramente non aveva fatto attenzione e si maledì per ciò: non gli aveva ridato il cappotto, l'aveva portato a casa tranquillamente, l'aveva tenuto per una settimana dimenticandosi del perché fosse lì, del perché avesse l'odore di un'altra persona impregnata in ogni fibra.

Sospirò ancora nel cammino verso la casa di Alex, che non distanziava neanche molto dalla sua; avrebbe voluto evitare la situazione con tutto se stesso, non essere costretto a rivederlo in una situazione così inappropriata.

Vide da lontano il suo condominio, sentendo il cuore arrivare in gola e l'aria farsi più pesante e difficile da respirare. Si avvicinò lentamente, ritardando il momento in cui avrebbe dovuto parlargli, avvicinandosi al portone.

Era semiaperto, qualche distratto non aveva controllato che si fosse chiuso del tutto, così entrò senza controllare il citofono.

Prese le scale, pronto a percorrere anche tutti i sei piano pur di trovare la casa del batterista; fu fortunato e si ritrovò il cognome di quest'ultimo arrivato al secondo. Spostò il peso da un piede all'altro, il cappotto piegato e trasportato in una busta, le mani affondate nella felpa verde.

Prese coraggio solo dopo un paio di minuti che stanziava davanti alla porta, suonando il campanello con uno scatto nervoso della mano sinistra. La serratura scattò quasi subito, senza dargli neanche il tempo di pensare al modo in cui scappare, e ne uscì un ragazzo che Gennaro non aveva mai visto.

Era sicuramente più grande di lui e di Alessio, i capelli scuri e la barba gli dava un'aria scialba ma sexy.

"Ciao" sorrise questi, aveva la voce roca, come se si fosse svegliato da poco o non avesse mai dormito, "Cercavi Alex?" intuì infine.

Rimase per qualche attimo senza fiato, la bocca lievemente aperta da cui il suo respiro usciva in aria fredda e condensata; guardò il ragazzo davanti a lui per un tempo che ad entrambi sembrò infinito.

Stava per rispondere che, sì, stava cercando il batterista, ma fu proprio quest'ultimo a risolvere il problema di quel silenzio imbarazzante, facendo sentire dapprima la sua voce in lontananza con un "we Giò, ma chi è che ha suonato?" e infine comparendo alla porta.

"Gennaro!" disse sorpreso, un sorriso leggero gli comparì veloce sul viso, guardandolo realmente stranito del fatto che fosse davvero davanti a casa sua.

Dal parte sua non arrivò nessuna risposta, troppo preso a controllare il battito accelerato del cuore che si sentì arrivare in gola, il pomo d'Adamo avrebbe iniziato a breve a vibrare se non si fosse dato una calmata.

E Alessio si ricordava il suo nome, aveva sorriso nel vederlo, non sembrava infastidito della sua presenza; quale spirito giapponese sarebbe riuscito a farlo calmare? In ogni caso sapeva che doveva rispondere, per non rinforzare la sua reputazione già affermata da fan pazzo psicopatico stalker con problemi di autostima e insonnia.

I look from afar, with trembling hands.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora