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Verso l'ora di cena qualcuno aveva bussato alla mia porta, ma io non avevo aperto. Fortunatamente avevano deciso di lasciarmi in pace e non insistere. Sarei morta di fame, meglio che torturata da loro.

Quella notte non dormii. La consapevolezza di avere quelle malvagie persone sotto lo stesso tetto mi metteva in ansia e a ogni più piccolo rumore balzavo sul letto, ritrovandomi con il cuore a mille all'improvviso. Sfinita, dormicchiai forse per qualche ora durante l'alba, e la mattina dopo sentii di nuovo bussare. Questa volta, Ace entrò senza che gli dessi il permesso. Sorpresa, ma anche spaventata, mi allontanai da lui il più possibile.

«Lucrezia...» provò a iniziare.

«Se vuoi farmi del male, per favore uccidimi in fretta» supplicai impaurita. Ace non aveva mai mostrato di volermi ferire fisicamente, ma lo conoscevo da poco, quindi non potevo essere certa delle sue buone intenzioni, dal momento che era un changer. Pensare che quella leggenda fosse vera mi risultava ancora difficile, ma avevo visto perfettamente con i miei stessi occhi qualcosa che una persona normale non sarebbe mai stata in grado di fare.

«Se avessi voluto ucciderti l'avrei fatto prima, non credi?»

«Mi stai tenendo in vita per farmi soffrire di più, quindi?» urlai. Non lo vedevo più come una sicurezza, non più come il protettore per il quale l'avevo scambiato in precedenza. Gli era caduta la maschera e ora finalmente potevo guardarlo in faccia per quello che era.

«Certo che no. Non voglio farti del male, tu sei come me. Ecco perché ci capisci perfettamente, nonostante questa non sia la tua lingua madre. Non te lo sei mai chiesto, Lucrezia?»

«Non è vero! Io non sarò mai come voi!» precisai a pieni polmoni, rifiutando qualsiasi rivelazione mi stesse fornendo. Una parte del mio cervello, però, doveva ammettere che aveva ragione. Tutti quegli anni passati a domandarmi il perché delle cose... adesso avrei trovato un'unica spiegazione a tutto. Una spiegazione che non mi piaceva per niente.

«D'accordo. Una cosa alla volta. Non voglio farti del male, altrimenti lo avrei fatto ieri, o prima. Che senso ha rimandare?»

«Non lo so... non vi conosco così bene da sapere il vostro movente.» Smisi di urlare, ma mantenni comunque uno sguardo minaccioso.

«Ragiona! Non siamo come tu credi.» Scossi la testa. Non volevo saperne di ascoltarlo.

«Lui ha provato a uccidermi» gli feci notare, riferendomi a Dante.

«Ma non l'ha fatto.»

«Non l'ha fatto solo perché tu mi hai salvata» dissi in automatico.

«Bingo! Allora devi per forza fidarti di me» sorrise vittorioso.

Rimasi in silenzio, non trovando le parole per ribattere. Mi aveva incastrata. Pensandoci, non aveva tutti i torti: mi aveva salvata, quindi forse lui era un pochino diverso. Non mi fidavo comunque, faceva sempre parte di quella comunità malvagia, però non sarei morta per mano sua, dopotutto.

«Allora, mangerai stamattina?»

Scossi la testa.

«Vieni con me, ti accompagno nella tua nuova stanza. Dopo ti porterò qualcosa da mettere sotto i denti.»

«Non voglio venire. Non voglio... incontrare nessuno. Credevo fosse solo una leggenda, io...» Non seppi come esprimere la mia incredulità.

«Non devi avere paura di noi, Lucrezia. Non ci conosci affatto, non puoi giudicarci dalle dicerie che hai sentito, raccontate da chi non sa nulla. Dacci una possibilità. Dalla al piccolo Gabriel, almeno.» Storsi il naso in una smorfia. Non era giusto da parte sua usare il ragazzino contro di me. Gabriel era gentile e premuroso... possibile che fosse un changer anche lui?

The Changers - EtereaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora