1° Giorno

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Finalmente Luglio era arrivato e con lui anche tutto il tumulto legato al Festival che era iniziato già da un paio di giorni.

Louis quella mattina aveva dovuto alzarsi prima del previsto per essere in orario all'aeroporto di Napoli per accogliere Styles che, per sua sfortuna, non aveva fatto nemmeno un minuto di ritardo con il suo volo.

"Vuole che vada io?"

L'autista rivolse lo sguardo a Louis attraverso lo specchietto retrovisore e lui si ridestò molto velocemente dal sogno ad occhi aperti che stava facendo. Si era immaginato già in quei primi giorni del festival, mandato da Luca avanti e indietro per mille cose da fare, senza la possibilità di sfogarsi con Stefano. Sarebbe potuto correre a casa sua quella sera?

"No lasci, vado io!"

rispose sbrigativo, prendendo il cellulare tra le mani e anche una cartellina con un foglio incollato davanti con su scritto "HARRY STYLES" a caratteri cubitali. Scese poi dalla macchina e, dopo aver attraversato la strada, entrò attraverso le porte scorrevoli dell'aeroporto di Capodichino.

Per fortuna non c'era ombra di fan impazzite lì dentro.

A Stefano (08:03)

Questa sera alle otto, casa tua?

bloccò lo schermo del cellulare e si avviò a cercare un televisore con le tabelle degli arrivi. Perfetto, a quanto pare il Signor Styles era già atterrato da 10 minuti, ma di lui, lì fuori, ancora nemmeno l'ombra.

Si avvicinò così alla ringhiera di ferro che divideva l'esterno dallo spazio di ritiro bagagli e attese, finché la tasca non gli vibrò per la risposta.

A Louis (08:12)

Ti aspetto. xx

"That's me!"*

esclamò una voce maschile roca nella sua direzione e quando alzò lo sguardo, Louis per poco non fece cadere il cellulare che manteneva ancora con una mano. Un ragazzo, dai capelli ricci e lunghi fino alle spalle, stava indicando la cartellina con il nome in bella vista e il suo sorriso, contornato da due meravigliose fossette, aveva appena illuminato l'intero aeroporto.

Lo aveva fatto davvero o era stata solo un'impressione? Aveva un borsone in spalla, una camicia improponibile addosso e degli occhiali incastrati tra i capelli ricci e lunghi.

"Y-yeah, that's you"**

articolò il più grande cercando di infilare il telefono in tasca, senza troppi risultati. Stava facendo la figura dell'idiota e questo non fece altro che farlo arrossire di più (se possibile).

"Sto aspettando il mio manager, pare abbia perso le sue valigie. Quanti bagagli serviranno mai per cinque giorni in Italia? Avanti!"

Continuò il riccio parlando in inglese con quell'accento che fece venire per un attimo l'acqua alle ginocchia di Louis. Harry seguì il fiume di gente che continuava a riversarsi fuori e l'altro seguiva ogni suo passo dall'altro lato della ringhiera, attento a non perderlo di vista.

"Non tanti a quanto pare, no?"

Louis aveva una perfetta conoscenza dell'inglese, dopo tutti i festival a cui aveva partecipato era il minimo sapersi muovere con attenzione un po' in tutte le lingue e l'inglese era quella che preferiva e quella per cui si era anche impegnato di più visti i suoi tre anni trascorsi a Londra dopo l'università. Il suo accento quindi non era male, ma preferì non calcare troppo la mano per non fare figuracce davanti al ragazzo.

Solo 23 anni e già con un oscar alle spalle e nella produzione di moltissimi film. Louis a 23 anni dov'era? All'università di Napoli, ancora. Beh, sicuramente quel giovane era in netto vantaggio e lui ne era totalmente affascinato. Dall'alto dei suoi ventisette anni, Louis però non sentiva di potersi lamentare in alcun modo.

Vide 'o mare quant'è bello! || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora