La leggenda dei Dioscuri

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[ Torre di Astronomia, Hogwarts — settembre 199O ]


I gemelli, nella cultura del Mondo Magico, erano esattamente ciò che erano anche per i Babbani: un affascinante mistero, quasi una realtà a sé.
Col passare dei secoli, certo, l'interesse per questo curioso fatto di vita si era andato via via affievolendosi, ma erano rimaste molte credenze, molte leggende, molti miti... da ogni parte del mondo, tutti accumunati da un fatto inconfutabile: tra due persone concepite e nate insieme vigeva un legame alchemico inimmaginabile, una connessione indistruttibile.
Gli scienziati babbani affermavano con sicurezza che il primo battito cardiaco sentito da un feto – piccolissimo, insignificante – non fosse quello della madre, ma bensì quello della creaturina che cresceva e si formava lì, vicino a lui, con lui.
I maghi antichi credevano che due gemelli in realtà fossero inizialmente una sola anima, successivamente scissa in due perfette metà destinate a rincorrersi per ogni vita che avrebbero vissuto pur di stare l'una affianco all'altra. Altri pensavano che a causa di questa misteriosa connessione due maghi gemelli potessero comunicare quasi telepaticamente, che i loro poteri fossero particolarmente forti se combinati – e viceversa se separati brutalmente.
Poi c'era una terza categoria di persone, o meglio una via di mezzo tra il pensiero babbano e quello magico; leggende sospese tra storia e mitologia testimoniate da reliquie di ogni genere, frutto delle menti di Babbani che di repulsione verso l'inspiegabile e il 'magico' avevano ben poco.
Il più famoso di tutti era indubbiamente il mito di Castore e Polluce, conosciuto naturalmente dai giovani maghi frequentanti Olimpia — l'istituto magico greco — e molto meno da quelli di altre nazionalità.
Ma la storia dei Dioscuri non era solo parte del patrimonio culturale dei popoli mediterranei – tendenzialmente greci e italiani. Era scritta nella volta celeste stessa, impressa nel firmamento sotto forma di una costellazione che, in ogni caso, uno avrebbe dovuto incontrare in occasione delle lezioni di Astronomia.
Il primo dei giovani Weasley a poterla osservare fu Bill, seguito a distanza di pochi anni da Charlie e Percy. La sera in cui arrivò il turno di Fred e George la volta celeste era quasi del tutto sgombra, fatta eccezione per qualche nuvola portatrice di pioggia e umidità imminenti.
Seduti il più lontano possibile dagli occhi vigili della professoressa Sinistra, dopo una buona mezz'ora passata a giocare a Gobbiglie, George stava per cedere al sonno e addormentarsi così, con la guancia sul palmo della mano sinistra, quando Fred gli lanciò una pallina di carta per richiamarlo alla realtà.
La professoressa veleggiava dalle loro parti, additando un punto indefinito nel cielo e divagandosi, come al solito. Al che il maggiore dei gemelli Weasley guardò l'altro con la fronte aggrottata, come a domandargli silenziosamente perché cavolo gli avesse impedito di farsi una bella – e meritata – dormita. In tutta risposta, le parole della docente di Astronomia iniziarono ad assumere un certo senso al suo udito.
«Per gli antichi navigatori Babbani la comparsa di queste stelle significava che il mare si era acquietato, è una delle ragioni per cui le due figure attorno alle quali si erige il mito di questa costellazione vengono chiamati 'Dei soccorritori', che solcano il cielo in volo per accorrere in aiuto di chi ne ha bisogno. Per i maghi era più o meno lo stesso. Mettete bene a fuoco i vostri telescopi e date un'occhiata lassù, proprio lì.»
Sbadigliando e di malavoglia, George armeggiò col telescopio che condivideva col gemello finché Fred non gli disse: «Fermo così, ecco! Guarda un po', George.»
Ciò che il dodicenne vide non fu niente di più e niente di meno che un'accozzaglia di puntini luminosi: gli astri.
«Mmh, stelle, tante stelle, wow – e chi se l'aspettava?» Commentò sarcastico. Fred gli diede una gomitata sogghignando e rispondendogli: «Devi collegarle, genio!»
Per un attimo George pensò che il gemello si stesse annoiando così tanto, prima, da essersi messo a farlo finendo con lo scorgere chissà quale figura – conoscendolo, uno gnomo mezzo ubriaco non lo avrebbe sorpreso – ed in effetti era così, in un certo senso.
«Ricongiungete le stelle e vedrete formarsi le figure di Castore e Polluce.» Esordì la professoressa Sinistra, facendo sobbalzare entrambi i gemelli; come aveva fatto ad arrivare alle loro spalle così all'improvviso?
«Figli di Zeus, il Padre degli Dei secondo gli antichi greci. Erano gemelli, ma si narrava che Leda, la loro madre, li avesse concepiti separatamente, unendosi nella stessa notte prima con Zeus e poi con suo marito, il re spartano Tindaro: dall'unione con il dio sarebbe nato Polluce, dotato di natura immortale; da quella con Tindaro il mortale Castore.»
«Donna fortunata.» Bisbigliò divertito Fred,.
«E ha fatto ambo in una sola notte!» Rincarò la dose George.
La professoressa Sinistra si schiarì la voce, aggiungendo: «Insieme compirono comunque grandi imprese. L'ultima e forse la più celebre è il ratto delle due figlie di Leucippo, già promesse in matrimonio a Ida e Linceo. Questi ultimi, vistesi sottratte le fanciulle, si misero all'inseguimento dei Dioscuri e li raggiunsero presso la tomba di Afareo.»
«Cliché.» Commentarono all'unisono i gemelli, lanciandosi un'occhiata.
«Ne seguì un violentissimo scontro: secondo la versione più comune del mito, Ida uccise Castore con la lancia mentre Polluce uccise Linceo.»
Il sopracciglio sinistro di George si mosse appena assieme alle sue palpebre, che si aprirono e richiusero un paio di volte, dandogli un'espressione inebetita e stordita. Si mosse sulla sedia a disagio e fece finta di niente quando qualcuno degli altri studenti presenti a lezioni si voltò verso lui e Fred. Il quale, per inciso, rifilò a questi impavidi ragazzini un'occhiata eloquente che li fece arrossire e girare uno ad uno.
«A quel punto,» Riprese la voce della professoressa sinistra. «Ida scagliò la stele tombale di Afareo contro Polluce, stordendolo; ma a quel punto intervenne Zeus, che lo folgorò. Rimasto privo del fratello, Polluce non si riusciva a rassegnarsi alla solitudine e dunque chiese a Zeus di poter rinunciare al privilegio dell'immortalità.»
George si accostò al telescopio e vi guardò dentro con più attenzione rispetto a prima, sotto lo sguardo di Fred.
«E che cosa è successo dopo?» Sentì chiedere la voce curiosa di Alicia Spinnet.
Una ad una le stelle più luminose messe a fuoco dal telescopio vennero captate dallo sguardo attento del giovane Weasley che, increspando le labbra in una smorfia e combattendo contro il formicolio che avvertiva per via del sonno, immaginò una linea capace di collegarle una ad una.
«Nacque quel che state osservando ora: la costellazione dei gemelli.» Rispose con solennità e un sospiro trasognato la professoressa Sinistra, passando affianco a Fred e George. Quest'ultimo si scostò dal telescopio e, improvvisamente più sveglio, la guardò come in attesa.
Nessuno se ne accorse, ma dopo pochi istanti Fred aggrottò la fronte e abbassò lo sguardo sullo spazio stante tra lui e il fratello; nascoste col favore della semioscurità regnante nella torre e delle maniche lunghe dell'uniforme scolastica, le dita di George si erano approssimate alle sue.
«Zeus esaudì il desiderio di Polluce e, per far sì che i due figli potessero stare insieme, li trasformò in stelle. E da qui ecco la costellazione dei gemelli.»
George guardò senza apparente interesse in basso – nessuno se ne accorse, ma se lo fece fu perché improvvisamente aveva sentito un familiare calore pizzicargli l'epidermide: Fred gli aveva preso la mano.
«Non fare quella faccia!» Lo ammonì con un sorrisetto Fred, di fronte all'espressione confusa del gemello. «Salti tu, salto io, giusto?»
George annuì, «Giusto.» e, sopra di loro, in mezzo a stelle e pianeti, anche i Dioscuri si tenevano per mano.  


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