Trama estesa

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Prologo

Da secoli ormai il regno di Alba non conosce più pace ed i suoi popoli sono oppressi dalla tirannia, dalle divisioni e dalla povertà; dalle Terre di Tron, nel nord montuoso e arido, alle Terre di Alario nel sud, gli uomini lottano per sopravvivere in uno scontro epico. L'improvvisa morte di Re Orso di Zen e la scomparsa del suo unico figlio maschio, Alessan, hanno lasciato un paese senza redini, alla mercé del più forte. In questa terra martoriata gli uomini ancora fedeli al re cercano di resistere all'avanzata di Gabriel Crisanto, signore delle Terre di Tron, che con il suo esercito si appresta a conquistare il trono di Alba.

La Regina Freda, vedova del re, è prigioniera nella Fortezza di Crisanto, prezioso ostaggio del Signore di Tron, pronto a pretendere da lei un erede che possa unire le due casate, lavando così il sangue versato.

Due famiglie in lotta tra loro, Crisanto e Zen si affrontano per conquistare territori e per convertire la popolazione alle proprie divinità. La fede per la divinità Maia, che ha sempre guidato i cuori dei cittadini delle terre del Sud si scontra con l'eresia dei signori del Nord che venerano il demone Zeno. La scelleratezza dei loro costumi e l'apologia della lussuria, del piacere e della guerra prendono piede e si diffondono, mano a mano che le truppe di Gabriel Crisanto si aprono una strada verso il mare.

In questa lotta si confrontano due gruppi di esseri immortali: i Demoni Neri, seguaci di Zeno, creature del buio, che si nutrono di carne e sangue e i Demoni Bianchi, fedeli di Maia, esseri di luce, ultimi paladini di fede e moralità. Nessuno sa chi siano perché vengono creati per volontà dei loro Signori e si confondono tra la gente agendo come clandestini. A tale proposito, si dice che Gabriel Crisanto sia il più temibile dei Demoni Neri e che la sua corte sia un bordello, frequentato da prostitute e peccatori ed è proprio qui che ha inizio la nostra storia, nell'anno 1576 del Regno di Zen.

Quattro anni dopo. Anno 1580 del Regno di Zen.

"Signore, un messaggio." Il corriere arrivò al galoppo fermando il suo cavallo all'altezza del gruppo di uomini che circondavano il Reggente. La tensione era palpabile. Uno dei generali gli fece cenno di rimanere in silenzio e di passare a lui la pergamena, liquidandolo con un solo cenno della testa.

Marin Crisanto era davanti a loro, in sella al suo cavallo, completamente vestito di nero, assomigliava ad una creatura della notte e si confondeva con il resto delle ombre che si stavano ammassando nella vallata. Il suo sguardo era teso e sondava l'ampia valle punteggiata di fuochi che iniziavano ad accendersi, illuminando gli accampamenti nemici. Sebbene il generale Lapo fosse suo amico, in quel momento pensò che era meglio non disturbarlo e mantenersi a debita distanza. L'indomani sarebbe stata una giornata decisiva per le sorti di Alba e il Reggente sentiva il peso della responsabilità immensa che gli gravava sulle spalle.

Marin represse un moto di impazienza del proprio cavallo. Non era il momento di perdere la calma e Lisandro avvertiva la sua tensione. Suo padre aveva cercato di addestrarlo a diventare un guerriero freddo e spietato nel momento del pericolo, ma lui non era mai stato un buon allievo. Suo padre, il Signore di Tron. L'indomani si sarebbero scontrati nel campo di battaglia e solo uno di loro due sarebbe sopravvissuto.

Il giovane si scostò dagli occhi grigi i lunghi capelli, neri come l'ala di un corvo e cercò di trattenere la propria cavalcatura. Il nervosismo tra i suoi uomini era palpabile, come l'odore della paura che si respirava in quel momento. Sotto di loro i fuochi erano centinaia e davano una misura delle truppe che il Signore di Tron aveva raccolto per lo scontro finale.

Ma lui avrebbe combattuto, fino all'ultimo respiro.

Si voltò a guardare l'orizzonte alla sua sinistra dove si stagliavano le torri del Monastero di Zen. In quella rocca era conservata la cosa più preziosa, la luce stessa della sua vita e sarebbe morto pur di difenderla. Sapeva bene che non poteva permettersi di perdere se voleva difendere quanto aveva di più caro.

La sua vita non aveva importanza ma avrebbe trascinato Gabriel Crisanto all'inferno insieme a lui. Dopotutto la sua intera esistenza era stata un errore, uno scherzo del destino. La regina Fedra l'aveva concepito durante la sua prigionia nelle Terre del Nord, lei che tutta la vita era stata fedele al marito, era stata costretta ad unirsi al suo assassino e da quella unione maledetta era nato lui.

Sua madre, che dal giorno della sua nascita aveva cominciato a vestirsi di nero perché quel figlio era la prova vivente del tradimento più grande verso il proprio marito; una madre che non lo aveva mai fatto sentire secondo a nessuno.

Al Signore di Crisanto non era bastato umiliarla strappandole la dignità, le aveva anche tolto il figlio, una volta grande abbastanza per imparare l'arte della guerra. Marin accarezzò la criniera nera di Lisandro e si chinò a baciarlo. Amava il suo cavallo, compagno di decine di battaglie. Ricordava ancora i giorni passati alla corte di suo padre, quando tutti lo avevano chiamato "Principe", "Signorino", adulato e venerato. Quei giorni però erano durati poco. Il suo cuore era troppo debole e lo aveva tradito. Si era risvegliato in un letto, completamente ghiacciato e la prima cosa che aveva visto era stata sua madre, vestita di nero, che lo accarezzava e gli diceva di non avere paura. Piangeva Fedra, mentre i guaritori le confermavano che il cuore di suo figlio non avrebbe retto per molti anni ancora, consapevole che per lui non ci sarebbe più stato un futuro. Marin era tornato a vivere con la donna, nel quartiere dei Tessitori, intorno alla fortezza, figlio rifiutato e dimenticato del padrone di quelle terre.

"Marin, rientriamo. Fa un freddo cane qui." La voce di Rossa interruppe il corso dei suoi pensieri. Il giovane si girò verso quella che era stata la promessa sposa del suo fratellastro e per lui una compagna fedele e instancabile, lo aveva salvato più di una volta e in molti modi diversi.

"Altri cinque minuti e ti raggiungo, vai avanti tu" le rispose, osservando per qualche secondo il suo volto. Gli occhi della donna erano segnati ed arrossati dal pianto. Erano passate solo poche ore da quando insieme avevano sepolto Alessan tra le rocce del Fosso delle Lame. Lui era stato l'erede legittimo e l'unico a poter rivendicare la corona; adesso per suo volere sarebbe stato Marin a guidare l'esercito. Le ultime volontà del Re erano state chiare e le avrebbero rispettate.

"Fratello ..." C'erano stati momenti in cui loro due si erano odiati, ma ora tutto era perdonato, lavato dalle lacrime versate.

Marin tornò a scrutare la vallata sotto di lui. L'esercito che si preparavano ad affrontare era temibile, una Babele di uomini e Demoni Neri che non vedevano l'ora di rompere le fortificazioni del Fosso ed irrompere nelle pianure di Alba come un'onda inarrestabile. Poteva sentire il loro potere oscuro fluire attraverso le rocce, le radici, le piante che circondavano la rupe su cui si erano accampati. Quel potere malvagio avanzava come un ombra nel terreno sotto gli zoccoli scalpitanti di Lisandro per arrivare fino a lui e ghermirlo come un artiglio unghiato e trascinarlo giù, perché dopotutto era come loro. Marin inarcò la schiena colto improvvisamente da un fremito che svegliava tutti i suoi sensi. Sentì i suoi occhi cerchiarsi di nero, i segni della sua natura malvagia, che con fatica aveva imparato a dominare, la fame e la sete e il desiderio carnale che caratterizzava i suoi simili; li avrebbe usati a suo favore in battaglia. Si voltò un'ultima volta verso le Torri di Zen e cercò conforto nel bagliore della costruzione monastica e nel pensiero della donna che vi aveva trovato protezione. 








Cuore Nero ( Concorso Fantasy di AShootingStarISee )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora