Prologue.

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Prologue.

Ed è proprio vero, si è in bilico tra la vita e la morte sempre, in ogni istante della nostra esistenza.

Basta un attimo, un insulso gesto ma sbagliato, ed eccoci che ci troviamo in una dimensione totalmente diversa da quella che è la nostra realtà.

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Stratford, Canada, estate del 1994:

Era un caldo luglio del '94, avevo solo diciannove anni ed un'intera vita davanti o almeno, così credevo.
Mi ritenevo un ragazzo normale, che amava la sua famiglia, i suoi amici e le partite di hockey e basket.
Agli occhi della gente, però, ero "il ragazzo diventato una star mondiale a soli quattordici anni."

Ebbene sì, avevo solo quattordici anni quando iniziai a cantare: la musica era la mia vita e amavo trasmettere le mie emozioni attraverso essa.
Avevo miliardi di fans, la mia fama era alle stelle, ero conosciuto dappertutto.
Possedevo tutto ciò che un ragazzo diciannovenne desidera: macchine, soldi, fama.. Ma ciò che mi importava di più, era la famiglia.
Non ero mai stato uno di quei ragazzi che pensava solo ai soldi.
Okay, la mia era una famiglia più che benestante e se ci aggiungiamo tutti i soldi che incassavo io col mio lavoro, possiamo dire che i soldi ci uscivano da tutte le parti, nel vero senso della parola, ma non per questo ero uno di quei figli di papà viziati.

Quel giorno, precisamente il 19 luglio, io e i miei migliori amici Chaz e Ryan, decidemmo di riunirci dopo tanto tempo e passare un pomeriggio insieme.
Non passavo molto tempo con loro, si può dire che ero cresciuto più in fretta del previsto; ero molto impegnato con il lavoro, avevo lasciato la scuola da tempo, mentre loro frequentavano l'ultimo anno di liceo.

Mi trovavo in Canada per il semplice fatto che decisi che, una volta terminato il tour, avrei dedicato del tempo ad amici e famiglia.

Adoravo la mia famiglia; i miei genitori non erano i soliti ricconi che pensavano solo al lavoro lasciando il figlio nelle mani di qualche domestica, anzi, passavano con me la maggior parte del loro tempo.

La domenica, le persone passeggiavano lungo le strade, si riunivano nelle proprie case insieme a tutti i familiari per pranzare, stare in armonia, riunirsi, ascoltare musica insieme, scegliere i dischi... Ma d'altra parte era sempre così.
La gente usciva, era libera, le strade erano affollate, sempre.
Amavo i miei tempi e ringraziai Dio per essere nato allora, anche se, più che Dio, avrei dovuto ringraziare mamma e papà.

Tornando a noi, quel giorno dopo aver fatto una lunga partita a basket, ci ritrovammo fuori al parco tutti con le nostre moto.
Chaz era dietro di me e per Ryan era lo stesso a differenza che era sull'altra moto.
Partimmo, ma facemmo il grosso errore di non mettere il casco.

Sfrecciammo sulla strada asfaltata per circa quindici chilometri, quando in curva, un tir ci venne addosso, scaraventandoci da tutt'altra parte.

Da quel che capii nei giorni successivi, non avevamo molto tempo; eravamo tutti e tre in condizioni gravissime.
Tutte le volte che sentivo le lacrime di tutte quelle persone che venivano a trovarmi, dai miei parenti ai miei amatissimi fans, volevo aprire gli occhi e dirgli che andava tutto bene, ma così non fu.

Ogni giorno sentivo parole dolcissime e bellissime, finché arrivò il giorno in cui non sentii più niente.
Da un momento all'altro sentii un beep continuo, poi, niente più.

Lì capii che la mia vita era giunta al termine, o forse, era appena cominciata.

Ghost ▸ Justin BieberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora