2015
La giacca elegante pizzicava da morire, come se tutto il resto non bastasse. Sentiva il continuo bisogno di grattarsi le braccia ma non poteva, doveva restare fermo con le labbra distese in un sorriso – per quanto la smorfia nervosa in cui erano distese le sue labbra potesse essere definita sorriso, s'intende – poiché gli occhi di tutti erano puntati su di sé.
Più di trenta paia di occhi erano puntati sulla propria figura, stretta in un maledettissimo completo elegante di colore nero, perché la sua giacca di pelle era "assolutamente fuori discussione", già.
Avrebbe ucciso sua madre.
"Detto ciò, siamo felici di presentarvi l'artista, il genio, che ha reso possibile tutto ciò oggi. Il signor Zayn Malik."
Una pacca sulla spalla ed un susseguirsi di applausi fece risvegliare il ragazzo dai propri pensieri; egli si alzò, un po' goffamente, dalla sedia di legno sulla quale era stato seduto fino a quel punto e camminò fino al piccolo palco sistemato proprio davanti gli occhi di tutte quelle persone. Zayn si fece coraggio, regalando sorrisi in tutte le direzioni e stringendo la mano del direttore del Philadelphia museum of art e prendendo il suo posto, davanti ad un microfono.
In quel momento i trenta paia di occhi che sentiva addosso si moltiplicarono ed il pizzicore passò in secondo piano; il ragazzo aveva sempre odiato essere al centro dell'attenzione ed il fatto di dover, a quel punto, mostrare un pezzo della propria anima, quello più profondo ed intenso, a tutte quelle persone era semplicemente terrificante. Aveva preparato un discorso per quel momento, okay, forse era stato costretto da sua madre a farlo, ma questo, signori, era un dettaglio.
Il moro estrasse quindi il blocchetto ordinato di fogli dalla tasca interna di quella orribilmente fastidiosa magnifica giacca nera e li strinse tra le mani come a cercare forza da essi.
"Ehm, buonasera a tutti. Vi..vi ringrazio per essere qui." – ce la mise davvero tutta per non far tremare la propria voce, ma non poté dirsi davvero soddisfatto del proprio risultato.
Si guardò attorno, allora, cercando qualcosa in tutti quei paia di occhi, qualcosa che gli desse forza, coraggio, cercava qualcosa ma sapeva che non avrebbe trovato quello che cercava. Si concentrò quindi su sua madre, Trisha, bella come non mai in prima fila. Gli sorrideva orgogliosa, finalmente ce l'aveva fatta a combinare qualcosa, a renderla fiera di sé e non poteva fallire proprio ora.
Sospirò nuovamente ed abbassò lo sguardo su quel blocchetto, il tremore delle sue mani non si placava e non gli permetteva nemmeno di leggere ciò che aveva scritto. Decise quindi che quella non era una buona idea, rinunciò al suo bel discorso preparato e abbandonò tutti i foglietti sul banchetto dinanzi a sé.
Quello che avrebbe detto a quelle persone? Non ne aveva la più pallida idea.
"Prima di tutto vorrei ringraziare il direttore di questo paradiso, il signor Kimball. La ringrazio per la sua incredibile presentazione, è sempre stato il mio sogno tutto questo e lei mi sta dando la possibilità di realizzarlo. Essere definito artista da lei è un onore." – l'uomo, che adesso sedeva sulla sedia precedentemente occupata da lui, sorrise e le persone applaudirono quindi il ragazzo continuò:
"Prometto di non portarla per le lunghe ma, ehi, non avrei mai pensato di arrivare fino a qui! Insomma, la mia prima opera è stata un murales in onore dei Jonas Brothers per mia sorella Donya! – le risate che seguirono quell'affermazione fecero rilassare il ragazzo. – "Kintsugi, la mia prima mostra, è un pezzo della mia anima. In quest' opera parlo della mia vita e di quella di alcuni miei amici, sarei ipocrita a non attribuire un po' di merito anche a loro. Il titolo è semplicemente il nome di una tecnica utilizzata in Giappone. Ho vissuto lì per circa un anno e sono rimasto completamente affascinato da questa tecnica: in breve, la tecnica consiste nel non gettare ciò che viene rotto, anzi. Con questa tecnica gli oggetti rotti vengono assemblati nuovamente ed ogni crepa viene evidenziata con il colore dorato, come a sottolineare che sia proprio quella crepa a rendere quell'oggetto arte, come a sottolineare che siano proprio le cicatrici a rendere noi ciò che siamo ed a renderci speciali, in qualche modo. E questo descrive benissimo molte delle opere alle vostre spalle, perché ognuna di loro ha una storia, un significato, ed ognuna di loro ha qualche cicatrice che la rende speciale ai miei occhi e spero anche ai vostri." – gli occhi gli brillarono quando vide le sue opere sistemate in cornici lucide e raffinate.
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Kintsugi
Fanfiction"Qualcuno si è mai chiesto cosa accada dopo quel fatidico lieto fine?"