Anchor

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  Sognava la foresta ogni notte.
Sentiva l'odore umido e intenso della terra bagnata, quello pungente del sottobosco.
Una reminiscenza dolce e amara, spaventoso per alcuni versi, rassicurante per altri. Una trappola di incubi mascherati da sogni, dal sapore troppo vivo di ricordi.
Così si rifugiava nel suo letto come dentro a una tana. Lì viveva ancora l'odore di casa.
«Malia», mormorò con voce impastata, «perché sei di nuovo qui?»
Lo vide socchiudere a fatica un occhio, mentre il sonno tornava ad affacciarsi sul suo volto.
«Un altro incubo?» chiese ancora, dato che lei restava in silenzio.
Malia si sdraiò, affondando il viso nel cuscino di Stiles e, senza troppi complimenti, abbracciò la vita della ragazzo.
Stiles spalancò gli occhi, sorpreso, osservandola per capire cosa avesse in mente.
«Non riesco a dormire nel mio letto» si giustificò, «e nella mia tana non è la stessa cosa, adesso. Senza pelliccia e...»
«Sei tornata nella tua grotta per dormire?», la interruppe lui.
«Certo» rispose, imperturbabile.
Stiles non seppe trattenere un sorriso. La guardava dritto negli occhi, con la solita dolcezza e comprensione che sembrava saper utilizzare solamente con lei.
«Continuo a fare quei sogni, Stiles. Mi sento ancora intrappolata nel corpo del coyote».
«Okay», disse, aggiustandosi in modo che Malia potesse poggiare la testa sul suo petto, «Va bene così?».
Lei annuì, tirando un lungo sospiro di sollievo. L'espressione di appagamento, ben chiara sul suo viso, era il particolare più dolce.
Stiles si sentiva strano in quei momenti. Non aveva mai ricoperto la parte dell'eroe, soprattutto non per qualcuno che, come Malia, sapeva difendersi benissimo da solo.
Eppure, quando lei si svegliava di soprassalto – spaventata dall'ennesimo incubo – era lui che cercava per trovare conforto. Lui, l'unico che sapeva rassicurarla e che riusciva a farla sentire protetta.
Di notte Stiles poteva essere il suo eroe.
«Sì, ora va bene. Se c'è il tuo odore va bene» rispose e, stringendolo più stretto, aggiunse: «E poi ci sei tu, che è anche meglio».
«È per questo? Per una questione di odore?»
«Mi piace il tuo odore, Stiles», si limitò a dire, come se fosse una spiegazione sufficiente.
Lui rise a quella risposta, sentendosi leggermente in imbarazzo.
Malia si tirò su a sedere «Guarda che non sto scherzando. Non prendermi in giro!»
Anche lei sorrideva e, nel buio della stanza, Stiles riusciva a vedere i suoi occhi brillare.
Non comprendeva il perché le persone non sembravano accorgersi di quanto lei fosse forte.
Aveva avuto un'infanzia orribile e aveva dovuto imparare a cavarsela da sola sin da quanto non era altro che una bambina.
Eppure, ogni giorno, ce la metteva tutta per dimostrare che sapeva essere una ragazza qualsiasi della sua età. Rideva e si divertiva come se non avesse mai fatto altro nella vita.
Stiles, invece, non riusciva a fare a meno di pensarci, quando lei si stringeva al suo corpo come ad un'ancora di salvezza, in cerca di quel calore umano che per otto anni le era stato privato.
«Puoi dormire qui finché vorrai», mormorò, infine.
«Davvero?»
«Sì. Mi piace poter fare questo», così dicendo, portò la mano ad accarezzarle la guancia e, con delicatezza la indusse ad avvicinarsi a lui per poterla baciare.  





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