Viaggiamo dentro ai ricordi. (pt2)

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«Che hai fatto da Arianna amore?» chiedo a Gioia mettendo la cena a tavola.
«Abbiamo disegnato» fa spallucce e in silenzio inizia a mangiare.
«Cos'è successo Gioia?» chiedo un po' spaventata.
«Perché Arianna ha il papà e io no?» dice guardandomi negli occhi e io a questa domanda mi sento soffocare.
Più volte ho immaginato nella mia testa la risposta da dare a questa domanda. L'ho fatto mentre ero distesa sul letto, mentre mi controllavo allo specchio, in qualsiasi momento. Avevo elaborato anche un discorso, ma ora come ora non ho risposte da darle.
«Per.. perché mi chiedi questo Gioia?» sospiro sentendo gli occhi che già pizzicano.
«Perché Arianna è amata sia dalla mamma che dal papà, io solo da te. Perché io non ho il papà e lei si?» le carezzo i capelli biondi come i miei e alzo gli occhi al cielo per cercare di non piangere. Non posso farlo. Non davanti a lei.
«Perché papà è partito»
«E dov'è andato?»
«Molto lontano»
«E non torna?»
«Se torna noi lo aspettiamo amore» sussurro accarezzandola.

[...]
Finisco di fare i piatti e vado in camera dove già dorme Gioia. Bocca semichiusa, posizione prona e mano sotto il cuscino. Mi fermo sull'uscio della porta a guardarla. Anche nella stessa posizione dormiamo. Mi scappa un sorrisino e mi appoggio allo stipite sentendo il rumore più bello del mondo; il suo respiro. Non c'è cosa più bella di quello. Ricordo quando ero incinta di lei e andavo dalla ginecologa. Amavo sentire i battiti del suo cuoricino rimbombare nella stanza. L'ho amata sin da quando ho scoperto della sua esistenza. Non ho mai pensato che fosse un errore, neanche quando sentivo il peso del mondo addosso. Ho sempre cercato con i miei piccoli sacrifici di farle anche da figura paterna. Ho chiuso nel cassetto il mio sogno di diventar cantante. Ho chiuso i rapporti con la mia famiglia.
Non nego che a volte sento la loro mancanza. Soprattutto in questo periodo che si avvicina il Natale. Ma poi mi basta ricordare del perché abbiamo chiuso e nei loro confronti mi sale solo lo schifo.
Mi infilo lentamente la camicia da notte bianca e cautamente mi metto sotto le coperte accanto a Gioia.
«Mamma» sussurra con gli occhi chiusi.
«Dimmi amore»
«Canti per me?» dice aprendo gli occhi e io sorrido.
«Cosa vuoi che ti canti?»
«Cullami» annuisco. Cullami è la sua canzone preferita. Gliel'ho dedicata un bel po' di tempo fa. Trovai questo testo su internet e lo resi mio.
«Cullami come hai fatto con le bambole, ti ricordi quelle favole? Che mi raccontavi quando io fingevo di dormire..»
«Tu sei più brava della mamma e del papà di Arianna messi insieme» mi sorride e io la abbraccio dandole dei baci sui ricci ribelli biondi.
«Un giorno saprai tutto, te lo prometto amore» sussurro una volta che si è addormentata.

[...]
«Voglio sapere la storia!» urla Francesca spingendomi in casa senza nemmeno salutarmi.
«Oh ciao Emma buongiorno come stai? Tutto bene?»
«Dai è sottinteso! Come stai?»
«Bene grazie dell'interesse, comunque non te ne sei dimenticata eh!»
«Assolutamente no»
«Però io mi son dimenticata dove siamo rimasti»
«Che tu e Mattia dovevate andare a fare l'aperitivo. Solo una domanda... ma questo Mattia è il tipo al bar?»
«Ancora a questo stai? Si»
«Uh Gesù non sto capendo»
«Ma che devi capì?!?! Quel tipo che ti chiese il caffè al quale io mi nascosi è Mattia, con il quale ci son stata ben tre anni e il resto lo scopri col racconto. Devo raccontà si o no? Guarda che so venuta apposta per questo!»
«Racconta»

/Ritorno al passato/
«Ciao Emma»
«Ciao» — mi bacia una guancia e ci sediamo vicino ad un tavolino — «carino qui»
«Ci vengo spesso a suonare»
«Suoni?» chiedo stupita.
«Salve volete ordinare?» ci interrompe il cameriere.
«Io prendo uno spritz, Emma tu che prendi?»
«Un tassoni» il cameriere annuisce e si congeda.
«Che credevi che fossi davvero un farfallone?»
«No però cioè... Non me l'aspettavo, ecco»
«Ehi! Così mi offendi»
«Dai idiota! E cosa suoni?»
«Scrivo pezzi rap, ma la maggior parte non ho il coraggio di farli ascoltare alla gente. Sono pochi i pezzi con cui mi esibisco»
«Anch'io scrivo musica»
«Davvero? Vorrei sentirti»
«Preferisco di no»
«Come vuoi! Perché non vieni a sentirmi domani? Suono non poco lontano da Roma, a circa due chilometri da qui»
«In realtà ho degli impegni, se riesco vengo»
«Sono sicura che verrai» mi fa l'occhiolino e io sorrido scuotendo la testa mentre il cameriere ci porta le bevande che avevamo chiesto poco prima.

«Vuoi un passaggio?» chiede allacciandosi il casco.
«Su quella cosa?» chiedo indicando la sua moto.
«Ehi, questa cosa si chiama Doris!»
«Quella cosa ha un nome?» chiedo scettica.
«Si, Doris! Carino, no?»
«Si, carino» — dico sconvolta — «comunque, basta che non corri».
Mi passa un casco rigorosamente rosa e io lo guardo male.
«Che vuoi?! È di emergenza!»
«Pensavo fosse di Doris» mormoro salendo in sella.

/Ritorno al presente/
«Ferma ferma, ha una moto che si chiama Doris?» chiede Francy strabuzzando gli occhi.
«Aveva e si chiamava, Francy! Non so se ce l'ha ancora! Comunque si»
«Occristo»

/Ritorno al passato/
«Madonna corri come un matto! Io su quella cosa non ci salgo più!»
«Si chiama Doris!!!» sbuffa.
«Su Doris non ci salgo più»
«Ecco, così va meglio. Ci vediamo domani» non è una domanda, è un'affermazione.
«Vedremo» dico facendogli un mezzo occhiolino.
«Verrai, ne sono certo! E comunque, non sai farli gli occhiolini»
«Ti ammazzo Doris»

Spazio autrice
Amatemi, ne ho postato un altro a distanza di ore:') non ho resistito.
Spero vi piaccia.

Noi che ci siamo scambiati i nervi, i tendini ed il cuore.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora