3)Un gattino determinato.

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Andrea  fissava ciò che accadeva fuori il finestrino senza realmente farci caso.

Si trovava in macchina, seduto accanto al guidatore, un uomo sulla sessantina, pelato e con dei baffi strani. Era l'autista che lo accompagnava a scuola da settembre, non sembrava un tipo particolarmente socievole o, forse, aveva ricevuto ordine di mantenere una certa professionalità.

Ad un certo punto, qualcosa catturò la sua attenzione.  Svoltando l'angolo della strada, notò ai piedi di un cespuglio un piccolo gattino rossiccio e un po' spelacchiato che miagolava smarrito.

Senza stare troppo a pensarci strillò all'autista di fermare l'auto e questi, un po' intimidito, lo fece.

Si avvicinò cautamente alla piccola creatura per cercare di non spaventarla e  gli si accovacciò vicino allungando una mano per fare in modo che il gattino l'annusasse. A quanto pare, doveva avere un odore rassicurante, perché il micio si lasciò carezzare la testolina e grattare un po' le orecchie.

Proprio mentre stava per prenderlo in braccio, una voce lo fermò.

"Fermo"

Andrea si girò, scoprendo che la voce apparteneva ad un ragazzo magro e più basso di lui con una zazzera di capelli rossastri.

"Non puoi prenderlo, lui è libero." Continuò il ragazzo indicando il gattino

"Perché non posso? E, chi saresti tu? Hai un aria famigliare"

"Sono Luca, frequento la tua stessa scuola e non puoi prendere il gatto, lui è libero, non puoi costringerlo a stare dove non vuole. Se lui decidesse di seguirti andrebbe bene, ma, deve essere lui a scegliere, per favore, non rinchiuderlo."

Andrea, colpito dalle parole del ragazzo e, soprattutto dalla convinzione con la quale le aveva dette, lasciò stare il gatto che zampettò via continuando  a miagolare.

"Hai detto che frequentiamo la stessa scuola, sei al secondo anno?" chiese, cercando di scoprire più informazioni su quel ragazzo carino che si ritrovava di fronte.

"No, sono al quarto, proprio come te." Ripose.

Non lo avrebbe mai detto, ma forse, andava meglio così.

Si avvicinò leggermente e gli passò le dita sotto il mento per fargli alzare lo sguardo dal marciapiede.

"E come mai mi conosci, mh?" ammiccò.

Lo vide arrossire leggermente, riabbassare lo sguardo e balbettare qualcosa sul ritardo e sul dover andare a scuola.

"Arrivederci Andrea" sussurrò prima di scappare via in direzione della scuola.

Stordito, Andrea tornò alla macchina e rimase pensieroso per tutto il resto del giorno. Ripensava a quel ragazzo e al fatto che gli sarebbe piaciuto rivederlo. E, forse, sapeva anche come fare.

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