Sogni senza nome.

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Proprio come aveva detto Petra, il livido di Jean dopo una settimana era sparito e con esso anche il dolore. Ciò che però non era svanito coi giorni era il ricordo di quel ragazzo dal sorriso gentile che lo stava facendo quasi impazzire. Addirittura lo aveva sognato, e la cosa era strana, se prendiamo in considerazione il fatto che non sapesse nemmeno il suo nome. Ma in quello sguardo tenero e in quelle lentiggini c'era qualcosa che attirava Jean e che lo affascinava in una maniera che lui stesso non sapeva spiegarsi. Desiderava rivederlo, perdersi di nuovo in quegli occhi nocciola e sentire ancora quella stupenda sensazione nel petto. Da quel giorno Jean andando tutte le mattine al bar non lo aveva più incontrato. Quel volto nuovo visto per la prima volta quel giorno forse non lo avrebbe visto mai più. Questo era ciò che il biondo pensava. Almeno fino a quel lunedì mattina.

L'aria si era fatta un pò più fresca e per strada si poteva notare come il colore verde delle foglie degli alberi stesse lasciando il suo posto al giallo, all'arancione e al rosso, ma ancora mancava un pò prima che tale "trasformazione" potesse dirsi completa. Jean non vedeva l'ora che ciò accadesse, amava quei colori, amava l'autunno e l'inverno in generale a dir il vero, e amava ciò che queste stagioni portavano con loro: cioccolate calde, film e libri da guardare e leggere sotto una coperta, neve, felpe larghe, comode e calde, il Natale... i motivi erano molti a dire il vero.

Anche quella mattina fece colazione nel bar di Sasha. Anche quella mattina nessuna traccia di quel ragazzo. Ormai sembrava che l'unica cosa rimasta da fare fosse, purtroppo, rassegnarsi.

Con questo pensiero Jean arrivò a scuola ed entrò nella classe di scienze (ancora quasi vuota) andando subito a sedersi al suo posto accanto alla finestra. Quella mattina la sua voglia di studiare era pari a nulla moltiplicato per niente. E pensare che aveva ancora sei ore di lezioni davanti.

Qualche minuto dopo fece il suo ingresso l'insegnante di scienze, matematica e geometria : la professoressa Zoe (nonchè la sua preferita). Era sicuramente singolare e unica, solare, euforica, un pò pazza ma pur sempre la migliore di tutte. Perlomeno durante le sue lezioni gli alunni non si addormentavano.

-Buongiorno ragazzi!- disse posando la sua "borsa di Mary Poppins" (così la chiamavano gli alunni) sulla cattedra.

-Buongiorno prof!- rispose ad una voce la 5°E.

-Allora, prima di iniziare con la lezione di oggi ho una novità per voi- lì informò, sedendosi sulla cattedra.

Si potevano percepire i vari sussurri e le ipotesi che già volavano per la classe. La professoressa riattirò l'attenzione con un gesto della mano.

-Da oggi, avrete un nuovo compagno di classe. Si è trasferito da circa una settimana. Sono sicura che saprete dargli un ottimo benvenuto!-

A questo punto la classe si agitò nuovamente.

"Secondo te che tipo è?" "Potremo invitarlo a giocare con noi sabato prossimo, che ne dite?" "Speriamo sia carino!"

-Marco, puoi entrare.- Disse la Zoe girandosi verso la porta aperta sorridendo. Le sue parole distrassero nuovamente tutti dai propri discorsi e l'attenzione fu concentrata sul ragazzo alto e moro che entrava e prendeva posto in piedi accanto alla cattedra. Appena ebbe alzato lo sguardo sulla classe Jean perse un battito. Non poteva crederci. Non poteva essere.

-Ragazzi lui è Marco Bodt- la professoressa disse queste parole scendendo dalla cattedra e avvicinandosi al ragazzo poggiandogli una mano sulla spalla.

Lui sorrideva. E quel sorriso era assolutamente come se lo ricordava. D'altronde come si poteva dimenticare tale meraviglia?

Marco, eh? Beh almeno adesso Jean poteva dare un nome ai suoi pensieri e ai suoi sogni.

La parte mancante di me,sei tu.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora