Questa non sarà la storia di un bambino soldato, di una ragazza strappata dal suo paese costretta a prostituirsi o la confessione di un assassino.
Questa è la mia storia ed io sono Ilarya Silva.
Non inizierò con i principi della mia infazia, ma vorrei partire da quando il mio declino mentale ebbe inizio.Sono nata il 5 febbraio del 1996 in un paese, Pinerolo, ai piedi delle montagne in Piemonte.
Tutt'oggi, all'eta di 19 anni, vivo a Cumiana, un paesino il quale io amo definire "In culo ai lupi ".
Odio con tutta me stessa questo luogo colmo di gente dalla mentalità chiusa e ottusa, lo trovo un posto così repellente che uscire anche solo per andare a comprare il pane mi fa venire il fiato corto e le pulsazioni al massimo: quasi spero mi tiri un ictus pur di non mettere piede fuori casa.Proprio in questo paese sono rinchiusi i ricordi che più mi logorano e sarebbe facile pensare di scappare in qualche altro paesino vicino come Pinerolo, ma anche lì gli incubi hanno messo le radici.
L'origine di tutto?
Ora mettetevi comodi, il bello deve cominciare.Sono consapevole che al mondo c'è chi sta peggio di me, ma come si suol dire "Ognuno pianga i suoi mali ".
Quando avevo circa dodici anni iniziai a suonare il pianoforte.
Il mio sogno nel cassetto era per l'appunto imparare a suonare uno strumento, amavo l'idea di saper suonare qualcosa come il violino o il pianoforte, ma la sorte volle portarmi a scegliere la seconda opzione.
Andando a trovare i miei nonni paterni venni a conoscenza che il loro nuovo vicino del piano inferiore era un anziano insegnante di pianoforte ormai in pensione.
Vedovo e senza prole l'uomo accettò di darmi lezioni gratuitamente due volte a settimana.
Dalla prima lezione capii che avevo appena fatto un passo oltre la soglia di un nuovo mondo che si stava creando attorno a me: quello fu uno dei pochi giorni in cui mi sentii regina di me stessa e non schiava del mio pessimismo.
Col mio maestro imparai alcune cose del suo passato che solo chi ha saputo vivere è in grado di raccontare ed io amavo passare del tempo con lui.
Talmente inziai a volergli bene che lo presi a chiamare "Nonnino" in segno di affetto.
Mi ritrovai a passare alcuni giorni a casa sua per giocare a carte, sentendomi la nipotina che lui non ebbe mai avuto.
Con lui e la mia famiglia tempo dopo andammo verso Cuneo con l'intenzione di comprarmi un pianoforte da tenere tutto per me.
Quella giornata dopo il prezioso acquisto fu trascorsa ad un ristorante e in giro per i monti, guidati dai ricordi del mio maestro.
A casa mi allenavo molto, addirittura mi misi ad imparare una sinfonia ancora fuori dalla mia portata, ma ce la feci riuscendo a suonarla davanti a lui in un giorno di lezione.
Quando a melodia conclusa vidi i suoi occhi brillare colmi di fierezza non potei sentirmi che felice di essere stata vicina a lui: non solo imparavo, ma donavo gioia a quella persona così sola e buona.
E fu proprio la solitudine a portarmelo via nel 2013.
Era all'incirca maggio quando mia madre tornò a casa in lacrime.
Pensai piangesse perché suo fratello, uomo psicolabile, le avesse riservato un suo solito trattamento ripugnante, il quale era solito preservare nei momenti in cui mia madre lo accompagnava a sottoporsi alle chemio terapie.
Purtroppo non erano quel tipo di lacrime.
Nel cortile di quella che era casa mia disse a mio fratello e a me che un infarto sorprese il povero nonnino mentre era in bagno, ma la cosa che più mi duole è che morì perché nessuno lo soccorse.Morì perché era solo.
Piansi per giorni interi, al suo funerale provai a non versare una lacrima, ma la volontà può poco difronte al dolore.
Ricordo nitidamente la figura della figlia, di quella che era la moglie del mio maestro, sorridere parlando con alcune persone.
Io piangevo e lei sorrideva.
Capisco che i soldi portino felicità, ma gioire sopra la bara di chi è stato voluto bene è irrispettoso verso chi soffre.
A quel funerale desiderai fortemente che dentro quella bara ci fosse stata quella donna e non quel signore che reputavo come il nonno materno, che non avevo più poichè dopo i primi miei tre anni di vita mi fu portato via dalla malattia.Questa perdita fu il primo
gradino in discesa del mio stato d'animo.Questo avvenimento fu l'inizio.
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È Solo Questione Di Tempo
Novela JuvenilQuesta è la storia della mia vita, scritta con la speranza che ogni problema trovi una sua risposta tra le righe. Ringrazio in anticipo chiunque avrà la pazienza e la voglia di leggere. GRAZIE DI CUORE