Aranel

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Il Thaurons lanciò un urlo disumano e caricò, l'ascia bipenne già in mano. Eliras lo vide arrivare all'ultimo, ma miracolosamente riuscì a schivare l'attacco, per poi impugnare il pugnale, che sembrava così impotente rispetto alla scure; il ragazzo, disperatamente, cercò di evocare nuovamente l'energia che permeava la lama ma non riusciva a concentrarsi abbastanza. Aranel gli gridava di liberarla, ma Eliras non riusciva a fidarsi completamente di lei. Non sapeva neanche lui il perché, ma sentiva che nell'armonia del suo sguardo c'era una nota stonata.
Quando il minotauro gli inflisse una lieve ferita, però, tutta la sua sfiducia crollò, rimpiazzata da un forte istinto di sopravvivenza. Con una capovolta che si sarebbe ricordato nei giorni a venire, si spostò di fianco ad Aranel e tagliò le corde che la imprigionavano. Lei si sciolse i muscoli indolenziti e si sfilò la cintura. Eliras la guardò sorpreso e notò che la cinghia, in realtà, era una corta frusta di cuoio. Subito Aranel si parò davanti al mostro che la guardò stupefatto e proruppe in una fragorosa risata, o almeno, il corrispondente della risata nella sua lingua gutturale e subito attaccò la ragazza che aspettò pazientemente il colpo del Thaurons: lo schivò e bloccò l'ascia con la frusta, contemporaneamente portando un colpo con il manico alla gola del mostro, che si era sbilanciato in avanti per portare il fendente. L'impugnatura penetrò facilmente nella carne morbida e lasciò il Thaurons incredulo, gli occhi che guardavano ormai il vuoto; infine, l'animale cadde riverso al suolo.
Eliras guardò Aranel con uno sguardo a metá tra il diffidente e il grato.
"Ma come ha fatto?" si chiese, ripercorrendo la scena incredibile che si era svolta qualche istante prima.
Aranel lo riscosse da quei pensieri, disarmandolo con un colpo ben assestato di frusta e, memore di come era stata messa fuori combattimento poco prima, raccolse il pugnale e lo mise nel tascapane, richiudendolo con il laccio.
Eliras, che aveva seguito con lo sguardo le mosse della ragazza senza muovere un dito, conscio che non sarebbe riuscito a fermarla, le chiese, con voce tremante:"Chi sei?"
"Una ragazza dalle doti nascoste" rispose.
"Ma..."
"Niente ma! Adesso dobbiamo allontanarci da qui, ce ne potrebbero essere altri nei paraggi. Per le spiegazioni dovrai aspettare fino a quando ci fermeremo per pranzare.
Adesso... in piedi! E cammina silenziosamente, se ci tieni alla vita!"
Eliras, intimidito, non provò neanche a ribattere e, ubbidiente, si mise in marcia dietro di lei.
Passarono le ore ma la foresta non si diradò e, verso mezzogiorno, trovarono una piccola radura da cui si riusciva a vedere il cielo.
Aranel tirò fuori dal tascapane degli involti che si rivelarono essere pane e carne secca.
Mangiarono con gusto, poiché avevano camminato per lunghe ore attraverso gli intrichi di radici e rami e dopo arrivò il momento delle spiegazioni.
"Quindi riguardo alle tue doti nascoste..." disse, titubante, Eliras.
Con un lungo sospiro, Aranel iniziò il suo racconto: "Io non sono quello che sembro... sono la figlia del grande re Telcar e come tale sono stata addestrata a difendermi e a regnare, visto che il mio prode fratello è caduto in battaglia...ora che il potere è nelle mani del Sommo Tiranno, io non sono altro che una avventuriera che cerca di sopravvivere in questo mondo ormai pieno di pericoli."
Eliras, non ricordando nulla della storia del mondo ma non volendo fare brutta figura, rispose:"Non avrei mai immaginato che tu fossi la figlia del grande Telcar."
"Tu...tu ricordi chi era Telcar?!"
"Certo, perché non dovrei?" mentì ancora Eliras.
"Perché il suo nome è stato cancellato dalla mente di ogni essere vivente...nessun animale, nessun nano, nessun umano, nessun elfo ricorda il nome di mio padre! Ma tu...tu si! Ciò porta ad una domanda: chi o cosa sei tu, che ricordi il nome di mio padre?"

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