L'occhio del Mondo

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Elodar guardò il suo drago.
"Mio fedele Kirion, ho bisogno di un favore."
Il drago lo guardò attentamente negli occhi... e chinò la sua grande testa, come se stesse annuendo.
Elodar sorrise: era sicuro che avrebbe accettato.
"Devi andare nella Torre di Farst, dove abita Lui; portagli questa lettera, non consegnarla a nessun altro. Torna da me solo quando hai completato la missione. Ora và!"
Dopo aver assicurato la lettera alla sella, il Tiranno tirò una leva e l'alto soffitto iniziò ad aprirsi lentamente.
Il drago balzò oltre l'apertura, aprì le sue grandi ali e si allontanò velocemente verso Occidente.
Elodar guardò il suo servitore più fedele allontanarsi, tirò la leva e si volse verso le scale strette e umide che riportano ai piani alti della sua reggia.
Subito dopo aver varcato la piccola porta segreta che conduce al covo del drago, un servitore arrivò trafelato, portandogli la notizia migliore della giornata: l'aveva trovato.
Un sorriso feroce gli si stampò sul volto e mandò a chiamare Thorion.

L'incantatore arrivò subito e, dopo essersi prostrato al cospetto di Elodar, lo seguì fino ad una stanza in cima alla torre, nella quale solo il Tiranno aveva il permesso di entrare.

La stanza era piccola, di fatto conteneva solo un grande tavolo al centro. Le pareti erano spoglie, fatte della stessa pietra nera che costituiva la maggior parte della reggia; tranne che per quella in fondo: essa era completamente bianca.
Quel muro, unico al mondo, veniva chiamato, dai pochi che sapevano della sua esistenza, l'Occhio del Mondo.
Elodar si sedette sull'unica sedia della stanza e attese.
Thorion si asciugò le goccioline di sudore che gli imperlavano la fronte e si posizionò davanti alla strana parete.
"L'ho già fatto altre volte" pensò "devo solo concentrarmi e tutto andrà bene." Prese un profondo respiro e stese le mani verso il muro, le dita quasi lo toccavano.
Elodar attese, impaziente.
D'un tratto, al centro della parete, comparve un piccolo punto nero che iniziò ad espandersi velocemente; Thorion iniziò a tremare, ma mantenne attivo l'incantesimo.
Nel muro, diventato ormai tutto nero, iniziò a comparire un viso: due occhi, uno verde e uno marrone, un grosso naso e una bocca coperta da una folta barba nera intrecciata in tante piccole trecce. I capelli, neri quanto la barba e altrettanto lunghi, erano parzialmente nascosti da un elmo argentato. Da dietro le spalle compariva il manico di un'arma.

Il volto di Elodar era impassibile, tranne che per una piccola vena pulsante sulla tempia destra, vicino ad una piccola cicatrice rotonda.

L'inquadratura si allontanò un po': il viso si collocò su un piccolo corpo tozzo che, sotto l'armatura che ricopriva il busto, era forte e scattante.
Il nano stava camminando sull'argine di un piccolo fiume, intorno a lui degli alberi rigogliosi.
D'un tratto, egli si girò di scatto, come se avesse sentito qualcosa.

"Voglio sentire cosa ha percepito!" disse il Tiranno.
Thorion sbiancò e, con una voce sottile, disse: "Non posso mio signore."
Il pugno che Elodar diede al tavolo era così forte che quello si incrinò. Subito dopo, l'incantatore s'accasciò a terra e, immediatamente, la parete tornò bianca.
Il sovrano sospirò.
"Almeno lo ha trovato." pensò.
Disgustato dalla debolezza del suo servitore, lo portò di peso fuori dalla stanza e chiamò gli schiavi che lo portarono nei suoi alloggi. 

Elodar, tornando verso la sala del trono, pensò a quel piccolo e insulso nano che gli aveva tolto così tanto...e pensò a Ombra, il cacciatore di Farst, a cui aveva affidato la missione più importante.

Le Cronache Di YedarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora