L'inizio di tutto...

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E gli angeli che non mantennero la loro posizione originale ma abbandonarono il proprio luogo di dimora li ha riservati al giudizio del gran giorno con legami sempiterni, sotto dense tenebre.
Giuda 6


Prologo
Parigi 02/11/1803

François doveva farlo, doveva parlare con quell'uomo misterioso che tutti temevano. Ci voleva coraggio, aveva sentito dire che riusciva a uccidere un uomo con un solo movimento delle mani.
Gocce di sudore gli scendevano dalla fronte, doveva andare, era l'ultimo dei servitori e a lui toccavano i compiti peggiori.
Salì le scale del palazzo sfarzoso; il signore era davvero ricco e potente. Quando bussò alla porta, notò che era aperta. Entrò. Il Signore era seduto ed era coperto con il suo solito mantello nero. Alzò la testa verso di lui, sembrava disperato, gli fece cenno di parlare. Gli vennero i brividi, quell'uomo era davvero oscuro, aveva qualcosa in quello sguardo. Qualcosa di non umano.
<<Signore, il traditore è stato preso, l'hanno rinchiuso nella torre e l'hanno lasciato in vita come lei aveva ordinato>>. Il Signore si alzò, era altissimo e molto giovane ma pensava e combatteva come se avesse avuto cento anni.
<<La ragazza?>> La sua voce era autoritaria, metteva paura. François aveva sperato che quella domanda gli venisse risparmiata, si contorceva le mani sudate.
<<L'hanno trovata nel bosco, purtroppo è... è morta.>>
Il Signore si rimise a sedere e si portò le mani nei capelli, abbassò la testa.
François capì che doveva uscire il più presto possibile, e così fece.
Scese le scale più veloce che poteva, finalmente ce l'aveva fatta, non gli era costata la vita quella risposta. Uscì dal palazzo e si avviò verso le stalle.
Da lontano si udì un urlo cavernoso, acuto, straziante. Forse era un lupo, forse era un animale...
François sapeva chi fosse davvero...

1
<<Ho completato il lavoro>> il falegname mi sorride. <<Bene!>>
<<Ha bambini?>>
<<No!>>
Mi guarda perplesso.
Non voglio chiamate, attivo la segreteria.
<<Pronto, Hariel, ci sei? Non ti faccio gli auguri, non preoccuparti, so che non sei in vena. Ti ricordi che abbiamo un appuntamento stasera? Ci vediamo alle 21. Un bacio>>

Esco fuori, vado in giardino, ho il mio gelato al cocco tra le mani. Oggi dovrebbe essere un giorno importante, è il mio compleanno. Ho deciso di regalarmi un'altalena. Anche questa promessa è stata mantenuta, ne manca solo una.
Mi siedo sull'altalena che ho fatto costruire apposta per me, ma non riesco a dondolare, non riesco a trovare quella sensazione che provavo una volta, mi sembra un inutile pezzo di legno.
Vivevo nella normalità, poi ti ho incontrato e la normalità è andata via per sempre. Molti eventi sono accaduti e per quanto ho sofferto ne è valsa la pena, perché ho conosciuto il vero amore, quello che ti fa sentire su un altro mondo, quello che azzera tutto il resto. Morirei anche cento volte, ma rivivrei tutto quello che ho vissuto.
La vita non è così scontata: quando meno te l'aspetti ti travolge, prima dà, poi toglie o viceversa. Per quanto mi riguarda, mi ritengo fortunata. Ho ricevuto più di quanto credessi possibile.
Ho ricevuto te.
Anche oggi ho voglia di ricordare, è quello che mi dà la forza per andare avanti.
Avevi ragione.
I miei pensieri volano da te.
Rimetto ancora una volta la tua musica preferita. Chopin è l'ideale "Prelude in E minor". Quasi riesco a vederti... Le tue meravigliose mani esperte si muovono veloci come una carezza sui tasti del pianoforte, e poi accarezzano me, le sento, mi sento invadere dalla musica, dal tuo sguardo infinito, dalla tua bocca deliziosa... Ripenso a tutta la mia vita.
Chiudo gli occhi e ritorno bambina.
Una volta ero fiera di quella che ero. Una ragazza impavida, pronta a sfidare tutto e tutti per seguire i propri sogni e il proprio amore.
Sono figlia unica, ma non mi sono sentita mai sola. Da piccola avevo un meraviglioso amico immaginario. Mi è sempre stato accanto. Con lui condividevo tutte le mie emozioni e ora lo so, ne ero innamorata.
Ogni volta che ero triste lui mi consolava, mi dava consigli, mi insegnava giochi divertenti. La sera mi raccontava storie di pirati ed io mi nascondevo sotto il letto, Barbarossa non doveva trovarmi. Facevamo capanne con le lenzuola e mi aiutava a studiare.
I miei lavoravano, spesso mi toccava andare a scuola da sola. Usavo la bici, lui mi faceva compagnia. Mi sentivo protetta, mi sentivo amata. Con il tempo, però, il mio amico veniva a trovarmi sempre meno.
Poi ritornò dopo tanti giorni, ogni tanto succedeva; quella volta sarebbe stata l'ultima. Mi spiegò che era arrivato il momento di andare, ma mi promise che un giorno sarebbe ritornato.
Era tutto per me, e la sua perdita mi trascinò in una specie di depressione. Piangevo giorno e notte, mi sentivo in pericolo senza di lui. Avevo quasi dieci anni, non riuscivo a riprendermi, non ero mai stata così sola.
Fortunatamente incontrai Tiziana, una bellissima bambina scozzese, che venne a vivere a Napoli grazie al trasferimento del padre. Con il tempo, crescendo, dimenticai il mio amico, non ricordavo quasi come fosse fatto. Mi convinsi che le fantasie di una bambina sola potevano creare di tutto. Tiziana diventò la mia migliore amica e sorella, visto che eravamo entrambe figlie uniche. Le insegnai a parlare l'italiano, anche se lo parlava benino; con il mio aiuto diventò bravissima. Lei mi insegnò un po' di inglese. Facevamo tutto insieme, eravamo amiche di banco, ci dividevamo gioie e dolori. Parlavamo per ore. Lei voleva diventare una cantante, io desideravo allevare cavalli, li amavo, da piccola mio padre mi portava a fare equitazione.
Ci asciugavamo le lacrime a vicenda, ci raccontavamo dei nostri primi baci. Lei sognava un matrimonio da principessa con centinaia di invitati e fuochi d'artificio. Io desideravo un matrimonio modesto, solo io e l'uomo che avrei amato e qualche invitato. Ogni tanto lo immaginavo, fantasticavo su come potesse essere, mi chiedevo cosa facesse e dove fosse.
Dopo il diploma io e Tiziana ci trasferimmo a Milano. Un grande passo verso l'indipendenza. Non eravamo intimorite, sapevamo che insieme potevamo farcela. Ci ambientammo subito e fummo fortunate nel trovare lavoro immediatamente. Tiziana era sempre più brava, amava la musica, quando cantava ti prendeva dentro. La sera cantava nei pub. Io lavoravo in un bar, da Luca e Matteo. Avevano entrambi quarant'anni e stavano insieme da dieci, una coppia invidiabile! Luca, alto, biondo, occhi verdi, aveva più femminilità di tante altre donne. Matteo, non molto alto, occhi e capelli castani, molto dolce, era il classico tipo che non riesce a dire mai di no. Erano molto disponibili con me e mi trattavano come una figlia. Vivevo tranquillamente, amavo leggere ed ero tutta casa e lavoro. Credevo che il mio mondo fosse tutto lì.
Mi sbagliavo!
Arrivò novembre... a Milano era il mese peggiore, la nebbia era quasi sempre presente, spesso pioveva, e le giornate erano buie e corte.
L'orologio elettronico del bar mi informò che era appena arrivato il cinque novembre. Sistemai gli incassi e notai che era l'una di notte. Abbassai la saracinesca. Dovevo entrare in macchina ma non trovavo le chiavi, sembrava che la borsa le avesse inghiottite.
Qualcosa attirò la mia attenzione: c'era qualcuno di fronte al bar, nel parco. Cercai di capire chi fosse, ma la nebbia era troppo fitta.
Sono sempre stata curiosa e decisi di andare a vedere di cosa si trattava. "Sarà Pluto" pensai, il meticcio che mi aspettava spesso all'uscita del bar perché sapeva che gli davo sempre qualcosa da mangiare. Avevo la pelle d'oca e quella sensazione mi fece inquietare.
Il parco al mattino è un bel posto, le famiglie ci portano i loro bambini e i cagnolini. Gli alberi e i cespugli sono un po' ovunque, il prato è sempre verde e curato. In estate sentivo il profumo dei fiori fino al bar. Spesso ci passeggiavo, mi piaceva osservare i bambini che si divertivano. A volte, quando finivo il mio turno di sera e il parco era vuoto, mi sedevo sull'altalena; quella sensazione di libertà mi faceva stare bene, mi divertivo come una bambina. In autunno, invece, le foglie sfumavano in decine di colori che andavano dal rosa al rosso. Rimanevo sempre a bocca aperta, nebbia permettendo.
Di notte era abbastanza lugubre, credo che qualsiasi posto alberato lo sia. Quella notte, grazie alla nebbia, lo era ancora di più.
Mi avviai verso l'entrata. La nebbia era fittissima e non riuscivo a vedere neppure a un metro dal mio naso. I lampioni illuminati non mi aiutavano, anzi, facevano da specchio al grigiore. Una persona sana di mente si sarebbe messa subito in macchina e sarebbe tornata a casa. Io per fortuna non lo ero, e poi volevo prendere Pluto, volevo portarlo a casa. Camminavo a memoria, non vedendo dove poggiavo i piedi, e sentivo brividi fortissimi fino alle ossa, come quando si va all'avventura e non si sa cosa aspettarsi, o forse li avevo perché il mio corpo era in allerta. Dopo un po' che andavo avanti cominciai ad aver paura e pensai di tornarmene indietro. Un corvo nerissimo sbucò dal nulla. Alzai la testa di riflesso per guardarlo e inciampai in qualcosa. Cercai di afferrare un ramo per stare in piedi ma non lo trovai. Caddi e mi feci malissimo al ginocchio sinistro. Imprecai in tutte le lingue, mi misi a sedere per guardarmi il ginocchio. Il jeans si era rotto ed era macchiato di fango, non riuscivo a capire cosa mi fossi fatta.
Uno scricchiolio di rami spezzati mi fece distrarre e spaventare. C'era qualcuno dietro l'albero che avevo di fronte. Strizzai gli occhi perché non riuscivo a vedere bene. <<Pluto!>> urlai. Ma non c'era Pluto. Vicino all'albero c'era una grossa ombra, sembrava la sagoma di un uomo. Riuscivo a vederla sempre più vicina. Ero molto spaventata, potevo alzarmi e scappare, il ginocchio non era un problema. Invece gattonai vicino all'albero. Ero a circa un metro dal rumore. <<Chi c'è?>> dissi a bassa voce, tremavo. Sentii un sospiro, sembrava quello di un uomo. Qualcuno stava per emergere dalla nebbia. Lentamente intravidi dei capelli neri, poi una fronte e man mano il viso di un ragazzo. Non un semplice ragazzo, una specie di visione, un angelo. Meraviglioso! Ero ammaliata e attratta da quella presenza, il mio corpo e i miei pensieri andarono in tilt. Un calore fortissimo mi infiammò il viso, non potevo credere ai miei occhi. Nemmeno nei ritratti più belli avevo visto qualcuno così. Riuscivo a vedere solo il suo viso, ed ero folgorata, accecata. L'avevo visto da due secondi, eppure non avevo occhi che per lui. Il mio corpo rispondeva stranamente, era in subbuglio, prima brividi, poi calore. Non riuscivo a parlare, non riuscivo a distogliere lo sguardo. Lui invece aveva un'espressione corrucciata, sembrava preoccupato e mi guardava il ginocchio. Gli occhi erano a mandorla ma non troppo, aveva una cicatrice sul sopracciglio destro. I capelli nerissimi e ribelli gli ricadevano sulla fronte e sulle orecchie perfette. Il naso era un po' a punta, la sua bocca era piena. Mi venne subito il desiderio di essere tra le sue braccia, bramavo un suo bacio. Il viso di quell'uomo era stato creato per essere contemplato giorni e giorni. Non riuscivo a capire cosa mi stesse accadendo. Mi sentivo come se avessi trovato un tesoro di un valore inestinguibile. Come se avessi trovato il mio pezzo mancante. Era lui l'uomo che cercavo. I suoi occhi ipnotici e nerissimi mi fissarono. Fu come se ci fosse stato uno spostamento d'aria. Ero completamente persa. Ebbi un mancamento. Più mi guardava più sentivo catene che mi tenevano legata a lui. A parte l'intensità e l'infinità di quello sguardo, avevo una strana sensazione. Non ero più padrona dei miei pensieri, come se la mente immaginasse senza il mio controllo. Mi sentivo come la spettatrice di un film di cui ero anche la protagonista. Riuscivo a vedermi con il ragazzo straordinario, indossavamo abiti ottocenteschi. Ballavamo in un salone antico ed elegante, affollato di persone vestite nel nostro stesso modo. Ci guardavano e applaudivano, sentivo il rumore degli applausi in lontananza. Durò meno di un secondo. Mi girava la testa, "Cosa mi stava succedendo?". Il ragazzo mi faceva uno strano effetto. Stavo impazzendo dopo solo uno sguardo.
<<Stai bene?>>
La sua voce era quella di un uomo, profonda e mascolina, musica per me. I miei occhi si riempirono di lacrime, come se quella voce mi fosse cara.
<<Stai bene?>>
Non avevo dubbi, quello non era un colpo di fulmine, era un colpo al cuore.
Sicuramente dovevo avere una faccia da stupida mentre lo fissavo. Invece di rispondere annuii con troppa forza. Lui superò l'albero. Se prima stavo per svenire, ora davvero avevo le vertigini, per fortuna ero seduta. Mi mancava l'aria, alzai molto la testa perché era molto alto, 1.90 circa. Aveva jeans neri e maglietta a maniche corte nera che metteva in evidenza il suo fisico scolpito. Vedevo le sue braccia muscolose, le sue spalle larghe, i suoi pettorali; sicuramente quello era il fisico di uno sportivo. Non era molto grosso, i muscoli erano al punto giusto. Strizzavo gli occhi per capire se fosse vero. Non riuscivo a chiudere la bocca, ero sotto il suo incantesimo. Si abbassò e mi porse la mano per aiutarmi ad alzarmi; avevo quasi paura di toccarlo, avevo paura che se l'avessi anche solo sfiorato, sarebbe svanito come un sogno. Lui girò la testa di lato e mi guardò come incuriosito, forse si chiedeva perché fossi immobilizzata, ma sicuramente sapeva l'effetto che faceva. Trovai il coraggio di alzare la mano verso la sua, tremavo. Lui sospirò e fece un mezzo sorriso. Dio! Era assurdamente bello! Quando lo toccai notai che era caldo nonostante il freddo e le maniche corte. Sentii una scossa piacevole, non riuscivo a collegare il cervello, il mio corpo era a suo agio ma anche in fibrillazione. Mi sembrava di non essere capace di intendere. Era un uomo stupendo, però sembrava che qualcosa lo turbasse, un misto di tristezza e nervosismo.
Dalla sua espressione capii che qualcosa lo inquietava, "Possibile che provi le mie stesse emozioni?". Scossi la testa. "No, non è possibile che un uomo così mi consideri anche minimamente" pensai. Decisi di alzarmi e ci riuscii grazie a lui, non era il ginocchio a impedirmi di stare in piedi...
Mi aggrappai al suo braccio forte, avevo le scarpe da ginnastica e la mia testa gli arrivava parecchio sotto le spalle; aveva un odore inebriante, di muschio e fiori selvatici. Provavo troppe emozioni tutte insieme, mi sentivo stravolta. Cercavo di camminare il più lentamente possibile, volevo stargli vicina per sempre.
Presi coraggio, alzai il capo per guardarlo: il suo profilo era perfetto, aveva qualcosa di misterioso, di selvaggio, forse per l'espressione, forse per il filo di barba e la carnagione scura. Fissava un punto imprecisato davanti a sé, si mordeva il labbro inferiore e sembrava che stesse pensando a qualcosa. Non mi degnava neppure di una parola, aveva uno sguardo glaciale. Doveva avere solo qualche anno più di me, ma i suoi occhi erano diversi, erano quelli di un uomo adulto, riuscivano a esprimere mille significati. Non so per quanto tempo finsi di zoppicare, forse un minuto, per me non sarebbero bastate due ore. Arrivammo vicino alla macchina. <<Ragazzina, non dovresti camminare nel parco all'una di notte, ci sono molti psicopatici in giro>>. Il suo viso era più rilassato, finalmente mi parlava ancora. Gli feci un sorriso timido, lui alzò le sopracciglia come se fosse sorpreso. Dopo qualche secondo riuscii a dire qualcosa: <<Per fortuna ho incontrato te!>>. Il suo sguardo si indurì, lo rivolse in alto sospirando, come se cercasse le parole, come se fosse infastidito. Poi mi fissò con sarcasmo, si avvicinò al mio orecchio; sentivo il suo profumo e poggiai le mani al tetto della macchina perché le gambe non mi reggevano. Mi parlò sottovoce: <<Potrei essere io lo psicopatico! Meglio che te ne torni a casa...
ragazzina>>. La terra sotto i piedi tremava, non era la terra, ero io a tremare. Non capivo perché mi chiamasse "ragazzina" visto che lui aveva più o meno la mia età. Tratteneva un sorriso. Le sue parole non mi facevano paura, anzi, mi sentivo al sicuro. Perché mi faceva quell'effetto? Perché non riuscivo a lasciarlo andare? Mentre mi facevo quelle domande, vidi che stava andando via. <<Aspetta! Come ti chiami?>>. Lui camminò più velocemente, aveva una camminata spavalda, teneva le mani in tasca e la testa bassa. Non mi rispose e nemmeno si voltò. Restai a fissarlo mentre si allontanava. Sul mio viso comparve un sorriso da ebete. Era un sogno! Sì, era un Dio, era perfetto.
Buscate dista trenta chilometri da Milano. Con la macchina di solito impiegavo quasi un'ora per arrivare a casa; a quell'ora, senza il solito traffico, ci volevano trenta minuti. È un paese di 4813 anime. Prendemmo casa lì perché gli affitti erano decisamente più bassi del centro, ed era carino, tranquillo, con molto verde. Ci passavamo pochissimo tempo lavorando in città.
Arrivai nel nostro bilocale, molto semplice ed essenziale; si notava subito che ci abitavano due ragazze impegnate. Un soggiorno modesto con divano letto e un tavolo con 6 sedie, un piccolo angolo cottura. La camera da letto invece era abbastanza grande; io e Tiziana dividevamo il letto matrimoniale e un grande armadio che poteva andare bene per una famiglia di 5 persone ma a noi stava stretto. Tiziana comprava una cosina al giorno e aveva invaso anche il mio spazio. Infine il bagno. Non avevamo molti abbellimenti tranne un quadro dipinto da Tiziana, che avevamo appeso sul divano. Aveva ritratto il mare, mancava moltissimo a entrambe, guardarlo ci faceva stare bene. Erano le due; Tiziana dormiva sul divano, sicuramente si era addormentata mentre mi aspettava. Decisi di non svegliarla. Spensi il televisore e pensai di farmi una doccia. Il ginocchio mi bruciava e quando mi spogliai vidi che avevo solo qualche graffio; sarebbe passato in fretta. Entrai nella doccia e cominciai a insaponarmi, l'acqua tiepida mi fece un gran bene, i pensieri erano fissi su quel ragazzo. Una visione, ecco cos'era! "Possibile che i ragazzi migliori se ne vadano in giro all'una di notte in mezzo alla nebbia?" Mi aveva detto di essere pericoloso, forse era davvero instabile? Non mi importava, volevo rivederlo subito. Mi asciugai e mi misi a letto; non riuscivo a non pensarlo, i suoi occhi neri mi erano entrati dentro. Come potevo riprendere la vita di tutti i giorni dopo aver visto quegli occhi? Quando finalmente mi addormentai, lo sognai.
Ero vestita di bianco, lui di nero, ci tenevamo per mano e correvamo in un bosco. Sembrava preoccupato e mi teneva forte. Scappavamo da qualcosa o da qualcuno. Il bosco era imbiancato, un uomo indecifrabile, coperto da un mantello e un cappuccio nero, comparve dietro di noi. Dove passava lui, il bosco prendeva fuoco. Avevo il cuore a mille. L'uomo era velocissimo e mi afferrò il braccio. La sua mano era come quella di un animale, con unghie lunghe e affilate. Il ragazzo della nebbia lo assalì e cominciarono a combattere. Si muovevano molto velocemente, non riuscivo a capire chi fosse in vantaggio. Ero terrorizzata per il ragazzo. Vidi che l'uomo incappucciato teneva il ragazzo bellissimo per il collo; sembrava non avesse forze. Lo scagliava da un albero all'altro con una forza mai vista. Il ragazzo sembrava sofferente; piangevo, non volevo che soffrisse. Poi l'uomo incappucciato trascinò il ragazzo della nebbia, entrambi entrarono nelle fiamme.
Ero sola.
Mi svegliai disperata come se il sogno fosse stato vero; respirai profondamente per parecchi minuti, non riuscivo a calmare i battiti del cuore.
Il sole filtrava attraverso i fori delle persiane, era mattino. Dall'orologio che avevo sul comodino vidi che erano le 10; dovevo andare a lavorare dalle 17 alle 24, avevo ancora molto tempo. Mi alzai contro voglia, andai in cucina e vidi che Tiziana preparava la colazione; era radiosa e bellissima come sempre. I capelli lunghi e biondi erano raccolti in una treccia, aveva un fisico mozzafiato e sembrava che avesse dormito 12 ore. Non c'era neppure un cenno di stanchezza sul suo bellissimo viso, e i suoi occhi azzurri erano splendenti.
<<Cos'hai fatto? Ti ha investito un treno?>>
Mi strappava sempre un sorriso.
<<Caffè?>> Annuii. <<Non puoi capire cosa mi è successo! Ieri ho cantato in un disco pub e c'era una band di due ragazzi e una ragazza. Quando mi hanno sentita cantare erano entusiasti, mi hanno proposto di entrare nella loro band. Ti rendi conto? Così avrò più visibilità e magari gireremo il mondo! Diventeremo delle star internazionali>> era eccitatissima.
<<Sono sicura che succederà davvero, non ho mai sentito nessuno cantare come te, sei la migliore in assoluto!>>
Lo pensavo davvero, era davvero felice.
Mi guardò con sospetto. <<Non me la racconti giusta, cosa ti è successo ieri? Sono tutta orecchie.>>
Inutile nasconderle qualcosa: Tiziana mi conosceva troppo bene. Così le raccontai di quel ragazzo favoloso tralasciando la strana sensazione e il sogno. A primo impatto notai che si irrigidiva; poi, man mano, si rilassò.
<<Lo sai che a quest'ora potresti stare in un sacchetto della spazzatura in qualche discarica?>>
Tenevo la testa bassa, mi sentivo un cane bastonato.
<<Sì, lo so.>>
<<Ti prenderei a schiaffi!Cosati passa per la testa? Andare di notte in un parco! E se questo tizio... Non ci voglio nemmeno pensare!>>
Mi stava annoiando.
<<Tiziana! Sono viva e vegeta, non fare la mamma preoccupata! Hai sentito anche il resto della storia?>>
<<Ho sentito benissimo: un gran figo, non vuol dire che non sia un maniaco! Ti ha anche avvisata!>>
Mi stava davvero innervosendo.
<<Promettimi di lasciarlo perdere! Ho un brutto presentimento.>>
Non potevo farle questa promessa, visto che mi ero organizzata in un altro modo: avevo intenzione di rivederlo.
<<Dai,Tiziana,non rompere! Quante possibilità ho di rivederlo? Non ti preoccupare!>>
Le feci il sorriso più con vincente che avevo, lei mi sorrise di rimando.
<<Lo sai che sei una sorella per me. Se ti succedesse qualcosa, morirei>> mi accarezzò la mano. <<Ora ti lascio in pace, ho un po' di cose da fare, devo incontrare i ragazzi della band. A proposito, ci chiameremo "Angels".>>
<<Wow! Mi sembra un nome fantastico! Stai tranquilla, io me ne sto buona a casa. Guarda fuori, il sole se n'è andato. Ancora nebbia. No, no, resto a casa>>
Infatti decisi di starmene a casa, non per quello che mi aveva detto lei, ma solo perché non sapevo dove cercarlo. Dove poteva essere? Dopo un po' di pulizie cominciai ad annoiarmi. Decisi di andare in biblioteca, distava circa due chilometri da casa. Presi la bici e uscii. La biblioteca si trovava in un edificio fatto con mattoncini rossi, due piani e poche finestre; intorno c'erano giardinetti, più lontano qualche abitazione. Una volta arrivata, sentii forti brividi. Mi guardai intorno ma non c'era nessuno; pensai che mi stavo ammalando, vista la nebbia e l'umidità. Entrai. Al secondo piano trovai Clarissa che mi consigliava sempre ottimi libri; aveva l'aria da secchiona, era magra e portava occhiali spessi un dito. <<Devi assolutamente leggere questa saga, ho pianto tutto il tempo!>>
<<Ottimo! Adoro i libri strappa lacrime! Grazie, Cla!>>
Aveva l'aria soddisfatta. Viveva di soli libri, mi faceva tenerezza.
Uscii. Mi tornarono i brividi; avevo la sensazione che qualcuno mi fissasse. Mi voltai e in mezzo alla nebbia, su un albero, un corvo mi guardava silenzioso. Non avevo mai visto così frequentemente quell'uccello, ma adesso, in due giorni, ne avevo notati due. Mi rimisi sulla bici e me ne tornai a casa. Dopo aver mangiato un tramezzino, decisi di vestirmi e di uscire. Mi guardai allo specchio: mi piacevo. I capelli nerissimi e mossi mi arrivavano ai fianchi; decisi di legarli, quell'umidità li avrebbe rovinati. Indossai jeans neri e una felpa bianca. Non volevo attirare troppo l'attenzione, ero una 42 ma avevo troppe curve; nel bar, poi, ci venivano molti ragazzi. Osservai i miei occhi marroni: brillavano, ero innamorata? "Sono una stupida! Ho visto un ragazzo cinque minuti e già lo sogno di notte" pensai. Scesi nei box sotto casa, dove trovai la mia macchina; la adoravo, era la nuova 500, un regalo dei miei genitori per il diploma. Era rossa e usata, ma andava benissimo. Arrivai al bar con mezz'ora di anticipo; trovai Matteo e Luca che discutevano sulle piastrelle del loro nuovo bagno. Matteo le voleva rosa, Luca le voleva rosse.
<<Non capisci niente di moda, tesoro mio! Immagina un bagno rosso e nero come la nostra squadra del cuore, un po' di luci soffuse e sarà bellissimo fare la doccia insieme!>>
Aveva uno sguardo sognante. Matteo, poverino, era abbastanza remissivo, così mi intromisi: <<Secondo me azzurre Napoli, sono più luminose e rilassanti.>> Mi divertivo a prendere in giro Luca che era molto ironico.
Matteo rise. <<Non ti ci mettere anche tu, ormai ha deciso: qualsiasi cosa diremo sarà ignorata.>>
Luca lo guardò euforico e si abbracciarono. Un giorno avrei voluto avere qualcuno da amare così. In passato nessuno mi aveva emozionato, nessuno era come nei miei romanzi preferiti. Forse, uno che mi suscitava strane emozioni l'avevo trovato ma, ahimè, era un ragazzo che diceva di essere uno psicopatico e camminava nel parco di notte. Luca e Matteo mi salutarono e rimasi sola come ogni mercoledì. La serata passò tranquillamente, ebbi anche il tempo di fare qualche telefonata ai miei. Stavano bene e non vedevano l'ora di rivedermi per Natale; erano passati solo tre mesi dalla mia partenza. Quando finalmente arrivarono le 24 ero distrutta, ma il ginocchio, almeno, non mi faceva quasi più male.

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