I.

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Porto di Nassau, New Providence, 1715.

Nassau era l'inferno in terra.
Il Caos da toccare con mano.

Già a diverse leghe di distanza dal punto di approdo, la confusione del porto più famoso e affascinante delle Indie Occidentali era udibile con chiara limpidezza.
Quando le navi ed i vascelli svoltavano l'angolo, immettedosi nell'arco dell'insenatura a forma di ferro di cavallo, vedevano comparirsi di fronte un agglomerato di casupole immerse in uno spiccato verde tropicale e orde di centinaia e centinaia di esseri umani -poco più che minuscoli puntini- impegnati in un perpetuo, quasi compulsivo, andirivieni.
Da lontano, il porto di Nassau somigliava ad un fremente formicaio.

Quando il vascello mercantile, governato dal capitano Lawrence, aveva attraccato nel porto, la sua ciurma aveva scaricato le merci importate dall'Inghilterra con una notevole fretta, segno di un'esperienza ormai più che solida, per poi disperdersi, zampettando fino alla battigia tra le acque di un ceruleo cristallino quasi innaturale.
Soltanto una figura, insolita e sconosciuta alle spiagge di New Providence, si trattenne sul ponte di prua della nave.
Appoggiata con le mani alla balaustra di un legno ricoperto da un impalpabile strato di sale, scrutava l'orizzonte con aria vigile, come se fosse alla ricerca di qualcosa, o qualcuno, in particolare.
Quando valutò di aver osservato abbastanza, si voltò, accingendosi ad abbandonare per sempre il veliero sul quale aveva affrontato una traversata più che faticosa.
Sarebbe dovuta giungere settimane prima, a bordo di una nave olandese, veloce e di dimensioni ridotte, ma il capitano, un certo Van Dyck, non aveva voluto saperne di ospitare persone a bordo che non appartenessero al proprio equipaggio.
Erano tempi pericolosi, quelli.
I vascelli pirata si annidavano dietro ogni angolo e nessuno voleva correre il rischio di ritrovarsi un filibustiere infiltrato tra i propri uomini.
Men che meno, qualcuno dall'aria estremamente ambigua come nel caso di quell'insolita figura.

Ma poi, per fortuna, il misterioso avventuriero aveva trovato un passaggio sul vascello di un tale Richard Thompson. La nave non aveva affatto l'aspetto di un mezzo veloce, ma sembrava ben solida.
Thompson, d'altro canto, aveva fatto poche domande, come incurante dei retroscenari, limitandosi a chiedere un compenso più o meno equo, considerando la prevista durata del viaggio.
Thompson non aveva fatto troppe storie nemmeno quando aveva realizzato che la persona che lo stesse pagando fosse una giovane donna, accuratamente abbigliata da uomo.
E non aveva fatto storie perchè non avrebbe mai potuto, dato che Richard Thompson, in realtà, non esisteva.
L'uomo traccagno con dei capelli neri lerci e i lineamenti porcini viaggiava sotto falso nome, per concludere diverse trattative commerciali per conto, senza dubbio, di qualcun altro.
Si chiamava Lawrence e lui, quanto il suo equipaggio e il suo vascello, erano pirati provenienti e nuovamente diretti verso New Providence.
E a onor del vero, la giovane aveva intuito il reale stato delle cose ancor prima che la nave levasse gli ormeggi: l'aspetto degli uomini della ciurma di Lawrence non era affatto quello di uomini timorati di Dio.

Comunque, nonostante la compiacenza di Lawrence, la giovane si era curata di aggiungere un piccolo supplemento al compenso, affinché il capitano mantenesse la bocca chiusa.
Per una donna, viaggiare su un vascello abitato di soli uomini era un rischio considerevole già in condizioni ordinarie, se poi quegli uomini risultavano essere dei pirati, il rischio si andava a moltiplicare. E non di poco.
Tutti lo sapevano: chiunque conducesse quel tipo di esistenza -in sola compagnia del vento, della pioggia, del mare, e di pistole per amanti- era un uomo forgiato e avvezzo alle crudeltà più assolute, specie se incoraggiato dal retrogusto pungente del rum.

Nonostante tutto, la traversata verso il Nuovo Mondo era proceduta in relativa tranquillità.
Nessuno dei pirati l'aveva avvicinata. Molti di loro, forse, non avevano neanche notato la sua presenza, dal momento che si era tenuta scrupolosamente fuori vista, ad eccezione delle ore notturne, durante le quali si concedeva di salire sul ponte di prua per inspirare una boccata d'aria fresca e ammirare la volta celeste puntinata di granelli pallidi come la sabbia dei Caraibi.
Non che fosse un'esperta, ma aveva letto di nascosto dei trattati riguardo i misteri del cielo, i trattati di un famoso scienziato italiano - tale Galilei- vissuto circa un secolo prima; gli astri erano molto più affascinanti dal vero che riportati sulla carta, ma grazie a quei disegni, la giovane era riuscita a distinguere più d'una costellazione.
Era convinta, vista la vita che ipotizzava avrebbe condotto di lì in avanti, che quelle particolari nozioni le sarebbero state di grande aiuto.
Alla fine, quasi dopo due settimane di navigazione, aveva imparato cose circa la vita di mare molto più utili del nome di qualche stella insignificante. Qualche altro giorno, e avrebbe potuto condurre da sola quel vascello maledettamente lento e carico di barili. Almeno in teoria.
Ma la sola vista di quelle isole -conosciute come Bahamas- in fin dei conti, era valsa qualsiasi sofferenza e qualsiasi stanchezza accumulata durante il viaggio.
La giovane donna aveva sorriso, trionfante, studiando con attenzione la vitalità del porto di Nassau, mentre nella testa le risuonava la voce stridente di Isobel e della sua tipica negatività puritana.
Le risuonavano i rimproveri, le minacce, e quella sua assurda convinzione secondo la quale, la giovane, non avrebbe mai visitato i luoghi esotici e magici che aveva conosciuto grazie ai suoi amati romanzi.
Poi le vennero in mente delle immagini di cenere e di pagine bruciate, di rilegature in pelle rovinate per sempre e l'odore offuscante di pergamena incenerita.
Non ne aveva potuto salvare nessuno, neanche uno.
I suoi preziosi libri erano stati eliminati nel più crudele dei modi, proprio come la Santa Inquisizione era solita fare a Roma, o in Francia, o in Spagna con i testi dichiarati proibiti ed eretici.. e, talvolta, anche con le persone colpevoli di aver osato pensare con la propria testa.
Ricordava di essere rimasta in ginocchio a fissare la cenere e i brandelli di pagine ormai perdute, mentre alle sue spalle Isobel torreggiava, sorridendo col ghigno di un dio maligno che beffa gli uomini, strappando loro la vita nel momento di più grande felicità.
Quella cenere aveva spento e annichilito la cultura e la sapienza, ma aveva nel contempo acceso, nella giovane, un fuoco divoratore che l'aveva condotta sino all'altro capo del mondo.
Si domandò se anche ora, Isobel stesse ridendo.

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