Zayn
Il cielo, in quella mattina di metà aprile, era stranamente ceruleo. Il bianco delle nuvole sfumava le striature rosee ed aranciate del sole mattiniero. Le tende blu svolazzavano sotto il fievole venticello primaverile, mentre la pelle ambrata di Zayn rabbrividiva; sole o non, c'erano solo sette gradi. Socchiuse di poco gli occhi, constatando che fossero già le otto e quaranta ed in venti minuti lui avrebbe dovuto prepararsi, farsi tre chilometri per raggiungere la scuola e fumarsi almeno due sigarette. Un suicidio, ma doveva farlo o i servizi sociali avrebbero avuto qualcosa da ridire anche a quel proposito.
La doccia fredda fu benefica per lui, che quel giorno aveva troppe cose impegnative da fare. Al solo pensiero gli veniva mal di testa. Scosse il capo, stringendo gli occhi e continuando a strofinare velocemente la mano sulla sua erezione mattutina. Ne uscì completamente sveglio venti minuti - buoni - dopo. Sua madre continuava a bussare e lui cominciava a perdere la pazienza.
«Arrivo, arrivo.» Cercò di usare il tono più dolce che possedesse e dovette prendere tre respiri profondi prima di far scattare la chiave e varcare la soglia.
«In camera, Zay.» La raggiunse a passo felpato, infilandosi la maglietta nera a maniche lunghe. Si affacciò sulla stanza, vedendo la donna seduta sul letto con il capo fra le mani. Il comodino era pieno di calmanti ed antidepressivi, la camera puzzava di stantio, la luce dell'abat-jour era fioca.
«Che c'è, mamma?» Guardarla gli faceva male, si chiedeva dove fosse finita quella donna piena di energie e carisma quale era pochi anni prima. La loro vita era perfetta, prima che suo padre e Jaymie morissero, due anni prima. Il colpo di grazia, però, era arrivato un anno dopo, quando i servizi sociali avevano bussato alla loro porta, volendo portare Zayn via da Trisha, che non in grado di mantenerlo. Fu quello a spezzarla del tutto, viveva ogni giorno con la paura che glielo togliessero, con la paura che la separassero anche da lui, l'unica famiglia che le era rimasta. Fu così che il moro iniziò anche a lavorare, tutti i pomeriggi, in un magazzino di spaccio alimentare, dove la paga era bassa ed i proprietari bastardi. Portava a malapena i soldi per pagare alcune bollette. Andavano avanti di stenti.
«Ho... Finito il Prozact, devi comprarne altre due scatolette.»
«Mamma, te ne ho comprata una giovedì scorso.»
«E allora? Non sono fatti tuoi!»
«Si, dato che oggi è solamente lunedì e non navighiamo di certo nei soldi!» urlò, facendola sobbalzare.
«Dannazione! Vedi di darti una calmata, ne stai diventando dipendente, Cristo santo!» Il pugno destro finì contro lo scaffale appeso al muro, facendo crollare libri e fotografie. Trisha rimase a bocca aperta perché lui non era mai stato un tipo violento.
«Fanculo.» Uscì dalla stanza sbattendo la porta. Era stanco di tutta quella situazione. In più avrebbe dovuto saltare anche la prima ora. Si prospettava una giornata alquanto grigia.
«Zayn, ma che diavolo ti è successo?»
«Sei ridotto uno straccio, amico.»
Era quella l'accoglienza che i suoi amici gli riservavano ogni mattina, da più o meno quattro anni.
«Grazie, anche io vi trovo in forma!» Ma una battuta ogni tanto non era mai fuori luogo, per lui. Loro erano le uniche persone in grado di renderlo almeno un po' felice. Si buttò sulla panchina del bar in cui si erano dati appuntamento, accendendo una delle sue beniamine.
«Di un po', a quante siamo stamani?» Dannato Harry ed i suoi modi di parlare all'antica.
«Non credo tu voglia saperlo, Harreh.» Ed effettivamente la cifra di quante se ne era già fumate era decisamente alta, anche per lui. Ma in fondo, i polmoni incatramati non erano il dilemma della sua esistenza, anzi, quello era soltanto il più piccolo dei problemi.
«Sai che a Niall non piace la puzza di fumo?» Quella frase avrebbe dovuto proprio tenersela per sè, Louis che in cambio ricevette un «Fottiti» adirato.
Nessuno doveva toccare il tasto Niall James Horan, nessuno, neanche i suoi migliori amici.
«Dai, Zà, non essere suscettibile, sai che scherzo!» Un coppibo ben assestato gli arrivò sul capo.
«Idiota, tappati quella tua boccaccia! Poi ti lamenti se ogni tanto ti rifila dei gran pugni, ci credo!»
Louis ed Harold erano - un diciannovenne ed un diciottenne - inseparabili, la classica coppietta, ma... Tutto fumo e niente arrosto. Con Styles nei paraggi, la parola sesso per Tomlinson era tabù e Zayn sapeva perfettamente a cosa puntare per colpirne l'orgoglio, ma non l'avrebbe mai fatto, Harry si sarebbe offeso a morte.
«Già, tappati la bocca, LouLou, prima che ti spacchi la faccia» gli consigliò il moro, aspirando avidamente la nicotina contenuta nella piccola stecca di tabacco che reggeva tra il pollice ed il medio della mano destra. Sbuffò il fumo sul viso giovane e allegro del ragazzo, provocando una smorfia schifata.
«Che schifo Zayn, non capisco proprio come tu faccia a star bene, i tuoi polmoni saranno andati a puttane.»
«Fidati, non più di quanto non lo sia andata la mia vita.» Quella nota di amarezza inquietò gli animi dei due giovani ragazzi, anche se ormai abituati al suo umore nero. Così Harry gli si sedette vicino, abbracciandogli le spalle, stringendolo contro il suo petto allenato.
«Noi siamo qui con te, lo sai.» Purtroppo quelle calde parole non ebbero alcun effetto su di lui, aveva imparato ad essere forte, a resistere.
«Sto bene, ragazzi, non preoccupatevi, ho solo avuto una nottata difficile, è normale dopo tutto» disse poi, scrollandosi di dosso il riccio.
«E dimmi, che hai fatto alla mano?»
«Ho preso a pugni una mensola.»
«E questa tu la chiameresti normalità?»
«No, questa la chiamo disperazione.»
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Fears (Ziall)
FanfictionNiall aveva paura di tante cose. Troppe per i gusti di Zayn. Zayn, invece, diceva di non aver paura di niente. Cosa assolutamente impossibile, secondo Niall. Niall aveva paura di Zayn Malik, che lo amava più di qualsiasi altra persona in quel lurid...