Capitolo Terzo

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Zayn

«Quindi, ragazzo, hai esperienze in questo campo?»

«No, ma sono uno che impara in fretta.» Bob prese due respiri profondi, prima di fissare i suoi occhi, così simili al figlio, in quelli di Zayn, che non era mai stato così agitato.

«Si sono presentati altri quattro ragazzi, tutti con esperienze e destrezza dietro al bancone, n-»

«Sarò disposto a fare anche i doppi turni, farò di tutto.»

«Beh, Zayn, non si tratta di ore di lavoro e turni, ma di dare la precedenza a chi magari... È più portato.» Il moro abbassò lo sguardo, mordendosi le labbra. Quel posto era la sua unica possibilità per non perdere sua madre, la sua unica possibilità di sopravvivenza.

«Senti, tu adesso starai un po' dietro i tavoli a prendere e servire le ordinazioni, devo riflettere sulle varie possibilità.» L'uomo si alzò, sollevando la cintura dei pantaloni. Aprì la porta, sorridendo cordialmente al diciassettenne dietro di lui seduto.

«Su, sbrigati!»

«Allora tutto chiaro? Scrivi l'ordine, appendi la comanda, prendi l'ordine e lo servi» ripeté, spiccio «Per ogni cocktail, bibita speciale e panino puoi chiedere a...»

«Niall, si, Bobby, ho capito» rispose divertito.

«Bene, portami una Guinness, starò lì seduto ad osservarti.»

«Agli ordini, capo!» Quel lavoro era sicuramente uno dei più semplici che avesse mai fatto, i clienti erano tutti cordiali e sorridere non gli era troppo complicato, il vero problema stava nel ragazzo dietro il bancone. Il suo viso scuro, l'espressione falsamente rilassata ai clienti e gli occhi spenti lo avevano sconcertato. Lui non era il Niall che aveva conosciuto anni prima, non era più il ragazzo di cui apprezzava l'allegria e spensieratezza. «Scusa, potrei avere un te caldo, giovanotto?»

«Subito!» sorrise ad un'anziana signora, camminando verso il bancone.

«Un the al tavolo cinque, Niall» disse, incassando il conto di un tavolo vicino alla vetrata che gli aveva, gentilmente, lasciato anche dieci pounds di mancia.

«Grazie e a presto!» Il pomeriggio passò veloce, aveva imparato dove si trovavano birre, vini, coca cole e sprite, si muoveva bene fra i tavoli stretti ed i clienti erano soddisfatti. Aveva anche ricevuto qualche numero di cellulare da alcune ragazze, segnato in penna su di un tovagliolo con tanto di 'call me xoxo' alla fine della serie di cifre. Sospirò, mentre lucidava il bancone in legno laccato e marmo. Niall era sparito nella stanza del 'boss'. L'orologio segnava le otto e mezza, era tardi, sua madre avrebbe dato di matto senza le medicine.

«Penso che dovresti dargli una possibilità, Niall» udì, provenire dalla stanzetta.

«Lo so, papà, ma Matt si era presentato prima di lui e-»

«Ed i clienti non sono mai stati così soddisfatti. Niall, è per il nostro bene, sii comprensivo.»

«Ma...» Fu distratto, mentre udiva la conversazione, dall'entrata di qualcuno nel bar.

«Mi spiace, signorina, ma siamo chiusi» informò gentilmente la donna, un sorriso insicuro stampato in volto.

«Oh, anche per uno dei proprietari è chiuso?»

«Signora Horan?» chiese, stupito. Ecco da chi aveva preso le labbra Niall.

«Chiamami Maura. Sei il nuovo barista?»

«Non ancora» disse, un po' scoraggiato.

«Bob, amore, mi piace il ragazzo - esclamò spalancando la porta dello studio - mi ha dato della signorina.» Quelle parole lo fecero felice, almeno aveva la proprietaria dalla sua parte. I due si salutarono con un bacio pieno di amore, un'amore che Zayn forse non avrebbe mai provato, o, almeno, non sarebbe stato corrisposto.

«Beh...» L'uomo fece quattro passi verso di lui, lo sguardo basso.

«Dammi il grembiule.» Il cuore del moro perse un battito. No, ti prego... Si morse il labbro, torturando la maglia che stava indossando, lo sguardo straziato, quasi. Bob si voltò, incamminandosi verso gli armadietti degli impiegati.

«Mi spiace, l'armadietto è un po' rovinato, ma spero possa andarti bene lo stesso!» esclamò scoppiando poi a ridere. Zayn ricominciò a respirare, sollevato.

«Mio Dio, signore non può farmi cose del genere!» Una mano sul cuore e gli occhi quasi lucidi. Voleva iniziare da capo tutto quanto, voleva una vita migliore, si sarebbe messo anche a studiare, per ottenere il diploma, e... Avrebbe cercato di avvicinarsi, ancora una volta, al bellissimo figlio del suo capo.

«Chiamami Bob o capo, come più preferisci. Allora, alcuni accorgimenti: non si fuma dentro, l'orario di inizio turno deve essere rispettato, quindi niente ritardi, ragazzo!, poi niente flirt troppo espliciti, hai venti minuti di pausa quando vuoi durante il tuo turno e... Il sorriso sempre in faccia è d'obbligo!»

«Okay, capo.»

«Tutto chiaro, quindi?»

«Cristallino.»


«Due confezioni di prozact, per favore.» Mostrò la ricetta, del medico di sua madre, al solito anziano farmacista, che sorrise comprensivo. Quell'atteggiamento di pena nei suoi confronti lo faceva infuriare, non ne aveva proprio bisogno. «Prego» fece la voce dell'anziano, dopo che lo ebbe ringraziato. «Arrivederci.» Si voltò, per incamminarsi verso casa ma prima di uscire, intravide una testa bionda a tre banconi di distanza dal suo, il capo chino a leggere la ricetta. «Posso aiutarla?» sentì chiedere la farmacista al ragazzo, che subito sgranò gli occhi e la bocca. Le porse la carta e lo sentì parlare. «Due scatole di Lexotan.»

Lexotan.

Niall.

Paure.

Niall era in una fottuta farmacia a comprare dei fottuti ansiolitici.

Zayn si ritrovò percorso da un brivido. Il corpo immobile.

Gli attachi di Niall non erano mai terminati e si rese conto che la sua lontananza non aveva per nulla avuto l'effetto sperato.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 03, 2015 ⏰

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