Capitolo Secondo

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Niall

L'entrata della scuola era gremita di gente chiassosa ed insonnolita. La solita routine però non lo annoiava, aveva paura delle novità, avrebbero potuto sballare completamente l'equilibrio precario che si era venuto a formare nella sua vita. Era arrivato venti minuti prima dell'apertura, come sempre, in modo da entrare non appena le porte fossero state spalancate, intendeva evitare incontri ravvicinati con gente a lui poco gradita. L'aria pizzicava gli occhi, coperti da rayban da vista neri, la felpa di tre taglie più grandi avvolgeva sciattamente il suo busto magro mentre, seduto sul muretto dinnanzi alla porta, sfogliava il libro di Letteratura Inglese.

«Ehy Nialler!» La voce mascolina del suo amico lo raggiunse, facendo spuntare un piccolo sorriso sul suo viso giovane. «Buongiorno, Liam.» La pacatezza quasi disarmante.

«Sempre a studiare, eh? Anche la mattina non ti dai un attimo di tregua?»

«Beh, il libro di certo non si memorizza da solo, sai com'è.»

Liam rise e «Touche!», esclamò, accusando il colpo. Era intelligente, si, ma lo studio non gli andava proprio giù.

«Oggi pomeriggio lavori?» chiese al biondo, accomodandosi al suo fianco.

«Si, purtroppo, papà ha un impegno e mi ha chiesto di sostituirlo per un po'» disse il biondo, non alzando gli occhi da quelle pagine piene zeppe di parole incomprensibili. Il maggiore annuì, pensieroso.

«Se vuoi ti vengo a fare da sostegno morale.»

«No, una o due ore posso sopportarle benissimo, quindi grazie, ma no grazie.» Niall si arrese, chiudendo di scatto quel mattone noioso.

«Okay, è chiaro il concetto» sospirò Liam.

«Ma prima dimmi, cos'è che invece ti turba e preoccupa tanto, stamattina?»

«Smettila Payne, le tue frecciatine con me non hanno effetto, vai a prendere in giro i tuoi amichetti.»

«Si dà il caso che anche tu sia mio amico, Nialler, e poi Lou ed Harry non sono ancora arrivati, chi posso disturbare se non te?» Il biondo alzò gli occhi al cielo.

«Non capisco ancora come una persona sveglia come te possa frequentare degli idioti come quei due.»

«Quei tre, vorrai dire, c'è anche Za..»

«Non importa, di lui non tengo neanche conto» lo interruppe sgarbatamente.

«Sei troppo duro con lui, Nì, Zayn non è cattivo, tutt'altro.» Prese un grande respiro, espirandolo con uno sbuffo poi.

«È forse uno dei ragazzi più sensibili che io abbia mai conosciuto, davvero, dovresti provare a parlarci.»

«No.» La risposta categorica riuscì a smontare completamente le aspettative dell'amico. Si alzò, mormorando un saluto svelto e si dileguò tra i corridoi, diretto in classe. Per la testa di Payne frullavano troppe domande - a cui forse non avrebbe mai dato risposta - che cominciavano a farlo innervosire. Ma soprattutto una lo turbava più delle altre: perché Niall riservava tutto quel rancore, quel ripudio, nei confronti del moro?

A dirla tutta Nialler non odiava Zayn, no - ci provava, ma non ci riusciva -. Lui semplicemente lo invidiava, e probabilmente temeva.

Il moro non aveva tante preoccupazioni, ed ansie, anzi, forse neanche sapeva cosa significasse la parola terrore. Si, perché Niall aveva paura praticamente di tutto, in quel lurido mondo. Temeva lo sguardo della professoressa di matematica, quando interrogava, temeva i baci affiatati ed erotici di Harry e Louis, temeva il fumo negli occhi di Zayn, temeva le braccia forti di Liam, l'ingenuità dei primini ed i clienti del bar di famiglia. La sua vita apparentemente tranquilla era piena di falsi 'sto bene' e paranoie che lo avrebbero portato alla follia, se già non l'avevano fatto.

«Eccomi Bob, ho fatto più in fretta che ho potuto.»

«Oh, tranquillo, figliolo, è tutto apposto, la mamma se n'è andata cinque minuti fa ed io dovrei proprio scappare.» Bobby afferrò la giacca e se l'infilò, stringendosi per bene la sciarpa al collo.

«Ah, Niall, oggi alle cinque dovrebbe arrivare uno nuovo, ha chiamato proprio poco fa, sai quello che devi fare.»

«Aspetta, cosa?! Devo fare un colloquio con uno sconosciuto e fargli servire i tavoli?! Papà!»

L'uomo esclamò un «Ci vediamo!» e fuggì fuori, inoltrandosi nel traffico inglese. Niall sbuffò, bisbigliando contro colui che l'aveva concepito e cresciuto. Imprecò, cominciando a svuotare la lavastoviglie e a pulire il bancone. Passò il tempo, tra caffè americani, tè e cappuccini. Sentì il campanellino della porta e fissò l'orologio.  Erano le 17:30, non poteva essere il nuovo ragazzo, non sarebbe venuto, ne era più che convinto. Decise di continuare a pulire, sbuffando un «Salve, benvenuto.».

«Ma guarda un po' chi c'è qui.» Quella voce. Quella terrificante - e dannatamente eccitante - voce lo salutò.

«Non pensavo fossi il proprietario di questo locale, Horan.»

«Non lo sono, lo è mio padre.» Non volle guardarlo, continuando ad ordinare gli alcolici sullo scaffale.

«Beh, sono qui per il lavoro.»

«Puntuale eh.»

«Sono solo le 17:30, Niall.» Il nome sulle sue labbra aveva un suono armonioso e dolce.

«Beh, è già venuto qualcuno prima di te.»

«Che cosa?» Il suo tono era passato da strafottente ad allarmato. Era fottuto. Aveva bisogno di quel lavoro o avrebbe dovuto dire addio a Trisha.

«Hai sentito bene, è già venut-»

«Oh, ciao ragazzo, sei qui per il lavoro?» lo interruppe un Bob infreddolito e con le guance rosse.

«Avevo telefonato per-»

«Zayn, giusto?» esclamò, sorridendo cordiale quando il ragazzo annuì.

«Certo, accomodati, sei appena arrivato?» Portò il moro nel suo ufficio privato. Si morse il labbro, stringendo i pugni.

Erano guai.

Grossi.

Enormi.

Fears (Ziall)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora