Capitolo 1

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...E io levai li occhi e credetti vedere Lucifero come io l'avea lasciato

Dante inf. Canto xxxiv

Pavia giorno 1, ore 00.08 (notte tra il 20 e il 21 Agosto)

Al centro della stanza buia c'era soltanto una piccola palla di gomma rossa. Poi un refolo blando, proveniente da una sola direzione, ne aveva mosso a poco a poco  il profilo, spostandola verso il fondo. Fu così che, per inseguire quel piccolo oggetto con il cono di luce della lampada tascabile,  si accorse che c'era qualcosa che non andava. Sulla parete di fronte, dove il soffitto veniva interrotto da una fenditura quadrata fatta di mattoni spezzati, scendevano due funi che proseguivano nel buio profondo, ai cui capi erano state legate strettamente due braccia bianche. Il resto del corpo, immobile e con le gambe innaturalmente strette, completava il macabro disegno di una "Y" umana. La testa invece era staccata dal resto della figura e giaceva a terra, vicino ai piedi nudi: "Y.".Fece due passi indietro, trasse un profondo respiro e deglutì cercando di ricacciare in gola un conato di vomito; compì un giro con la piccola lampada per seguire il contorno di quella figura gelida e poi si voltò. Prima a destra, d'istinto, spostando solo la testa. Poi subito in alto da dove era passata quell'aria più fresca. La proiezione di ombre sghembe su frammenti di vuoto, era tutto ciò che indistintamente si percepiva oltre la scena, come se il buio si riflettesse contro uno specchio rotto. Dal buco ampio sul soffitto che ora stava illuminando, non proveniva alcun rumore. Sentì le gambe sostenere un peso enorme perché erano come pietrificate. Diresse di sbieco la luce, oltre l'apertura: c'era solo una coppia di carrucole, quelle da cui scendevano le funi con cui era stato legato il corpo. Ebbe la sensazione di essere lì in leggero ritardo: l' attimo dopo di un' ombra che alle sue spalle, lentamente, si stava ritirando. Pensò che tanto non avrebbe potuto farci nulla lo stesso. Decise che gli restava soltanto unicamente di tornare indietro e ripercorrere in fretta quelle fitte tenebre senza fine: sempre se avesse avuto ancora la forza per poterle affrontare.

Monogramma NovecentoWhere stories live. Discover now