Sono in ritardo, che strano. La prima lezione del corso è iniziata da tre minuti ed io sono ancora sul tram, a sette fermate dalla sede della facoltà. Pur essendomi svegliata presto, non mi capacito del fatto per cui ogni qual volta devo assolutamente essere puntuale, accumulo un mostruoso ritardo.
L'orologio segna le 8:13 quando finalmente trovo l'aula e letteralmente ci precipito dentro, dico proprio "precipito" perché entrando non noto un gradino e cado con libri e vari fogli spargendoli davanti a me. Quando alzo gli occhi vedo un'intera classe di cento e passa matricole intente a guardarmi e ridere, fortunatamente il professore si è avvalso dei famosi "quindici minuti accademici" ed è arrivato dopo che io, rossa in viso per la vergogna, ho raccolto tutto e mi sono seduta nel primo posto libero che ho trovato. Finisco di sistemarmi e, appena alzo lo sguardo dagli appunti per guardarlo, noto qualcosa di familiare in lui, come se lo avessi già incontrato da qualche parte. Vorrei rifletterci meglio, ma non posso perché una ragazza, bruttina, denti e viso mal curati, occhiali e capelli sporchi, si rivolge a me con una sorta di smorfia apostrofandomi con un《Ehi, la prossima volta fai meno rumore che qui c'è gente che vorrebbe seguire la spiegazione》. Non posso fare a meno di notare la quantità di sporco accumulatosi sopra di lei, per questo non le rispondo.
La lezione prosegue molto velocemente, non riesco a smettere di pensare al fatto di avere iniziato l'università, mi guardo in giro, non c'è nessun viso conosciuto. Meglio, l'ultima cosa che voglio è frequentare gli stessi corsi dei miei compaesani dopo tutto quello che è successo.
Non devo pensarci, non devo pensarci, non devo pensarci, ma è troppo tardi ormai. La mia mente ritorna a quel giorno..Era davvero una brutta giornata, pioveva e soffiava un vento molto forte, strano dato che eravamo in pieno luglio. Lavoravo assieme ad un signore di mezza età, Enzo, in una gelateria in centro. Le sei ore lavorative passarono terribilmente lentamente e quando finì il turno mi fiondai verso la mia scatoletta, una piccola utilitaria rossa di seconda mano, regalatami dai miei genitori per il diploma, e partì per dirigermi verso casa di Veronica, che abitava a circa mezz'ora di viaggio.
Presi l'autostrada per fare prima, c'erano poche macchine, la pioggia non accennava a diminuire. L'ultima cosa che ricordo è di aver visto una macchia gialla sorpassarmi sulla destra, per poi ritrovarmela davanti. Mi svegliai qualche giorno dopo dal coma indotto farmacologicamente, il ragazzo che guidava la moto ne perse il controllo sull'asfalto bagnato e cadde proprio mentre rientrava dal sorpasso, non potei far nulla se non inchiodare per lo spavento, la macchina iniziò a girare su se stessa, colpendo anche il motociclista che giaceva a terra, uccidendolo, aveva 26 anni, stava tornando a casa dall'ospedale, dove sua moglie aveva appena partorito una bambina.Un fastidioso ticchettio mi riporta nel mondo reale, guardo l'orologio, sono già le 10:17, tra dieci minuti posso uscire a prendere una boccata d'aria, penso. Nel tempo restante cerco di costringermi a non fare caso al tic-tic che la mia vicina fa giocherellando con la sua penna, devo assolutamente allontanarmi da lei, non riesco più a starle vicina. Il professore ci comunica che la lezione è terminata, mentre ci prepariamo per uscire sento vagamente che chiede se tra gli alunni è presente Giada Renga, sono io, cosa vorrà?
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La mia nuova vita con te
Random12 settembre 2014. Mi svegliai troppo presto quel mattino, alle 5:00, ero troppo emozionata, il primo giorno di università era alle porte. Città nuova, casa nuova, compagni nuovi, l'unica costante della mia nuova vita era Veronica, la mia migliore a...