Un Solitario Convinto

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UN SOLITARIO CONVINTO

Il letto è sfatto. Teo si sveglia sudato e guarda l'orologio. Sono le otto e venti. E' già in ritardo per andare al lavoro. Si guarda intorno e non riconosce quella camera. Ma dove diavolo è finito? Alle pareti ci sono poster di cantanti che lui non conosce. Hanno tutti un viso famigliare, ma lui non ascolta quel genere di musica e non saprebbe dire chi sono. La trapunta del letto è rosa. Il lenzuolo lo avvolge, quasi a soffocarlo. Cerca di districarsi dalle coperte, ma una mano lo trattiene. Si gira a guardare. Per poco non urla. Qualcosa gli torna alla mente. Ieri ha fatto serata, e come al solito un bel po' di ragazze ci hanno provato con lui. Una, in particolare, ha deciso di stordirlo con l'alcool e poi portarlo in camera sua. Teo non ricorda molto, del resto. Sicuramente hanno fatto sesso. La ragazza mugola qualcosa. Teo le prende la mano e cerca di togliersela di dosso. Le unghie smaltate di rosso della ragazza affondano nel suo petto.

«Teo», sussurra lei. Di colpo sgrana gli occhi nocciola. E' molto bella. Ma non basta per voler restare.

Come si chiama? Teo non se lo ricorda proprio. Deve smetterla di bere e deve smetterla di andare a letto con ragazze che conosce la sera prima.

Al mattino, poi, si sente uno schifo.

«Buongiorno, mio principe», sussurra la ragazza.

A Teo viene da ridere. Non direbbe a nessuno "mia principessa". Troppo sdolcinato. Però deve dire qualcosa. Qualsiasi cosa. Forza, Teo, ce la puoi fare.

«Ehi... dormito bene?», azzarda.

Lei si scosta i capelli dal viso.

«Vuoi la colazione a letto?», gli domanda.

A Teo sembra di essere in un incubo.

«Che? No, no, sono già in ritardo, devo andare al lavoro!»

La ragazza si aggrappa al suo braccio.

«Non mi fai due coccole?»

«Devo proprio scappare», risponde Teo. Sta iniziando a innervosirsi.

«Almeno sussurra il mio nome, all'orecchio, come facevi stanotte. Così mi rimetto a dormire pensando a te»

Merda. Il nome. Teo scava nella memoria, ma nella sua testa c'è solo un buco nero che sta per esplodere.

«Te lo ricordi, il nome, vero?», chiede la ragazza. Lo guarda fisso negli occhi. Teo non regge lo sguardo.

«Maria?», azzarda. Si chiamano in tante, Maria. O Marianna. O Maria qualcosa. Forse ci azzecca.

La ragazza stringe il lembo del lenzuolo e fa una smorfia, offesa. Decisamente, non si chiama Maria qualcosa.

«Mi dispiace, ero un po' sbronzo, ieri sera»

Lei si tira a sedere e si copre il seno nudo col lenzuolo.

«Vuoi il mio numero di telefono, allora?»

Teo sospira. Non vuole un'altra seccatura. Non ha intenzione di richiamarla. Lui non vuole mettersi con nessuna.

«Ma se non ricordo nemmeno come ti chiami... Questo non ti infastidisce?»

«Mi chiamo Chantall»

Altro che Maria. Non ci sarebbe mai arrivato.

«Bene, Chantall, si è fatto tardi e io devo andare al lavoro»

Si veste in fretta, senza guardarla. Quando si volta verso di lei, vede che ha le lacrime agli occhi.

«Senti, Chantall, io non ti ho promesso niente...», dice, con la voce più dolce che può.

«Ma abbiamo fatto l'amore...», mormora lei, delusa.

A Teo vengono i brividi. Gli sembra già di avere le catene ai polsi. Lui ci tiene alla sua solitudine. E' un solitario. Un solitario convinto.

«L'amore? Io non ci credo nell'amore», sussurra. Ma lei sta già piangendo. Forse non l'ha neanche sentito.

Non ci credo nell'amore, si ripete Teo, nella testa. Non ci credo e nessuno riuscirà mai a farmi cambiare idea.

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