DEAN
Inizio a guardare l'orologio con ansia, quasi inconsciamente. È in ritardo, il che è strano. Mi aspettavo di vederla arrivare almeno mezz'ora fa, puntuale come d'abitudine, rivolgermi il solito sorriso di plastica uscendo dall'ascensore pensando di farmi credere che sta bene. Sospiro, lasciando che la preoccupazione illumini il mio palmo di giallo. Devo trovare una soluzione, o si distruggerà con le sue stesse mani. Devo metterla faccia a faccia col dolore, o la morsa che la stritola prima o poi la soffocherà. Penso a ciò che mi ha detto Malik, per rincuorarmi almeno un po'. Inizia ad usare la Luminescenza a suo vantaggio, ne destreggia meglio i colori, o quantomeno quelli che riesce a rievocare per scelta. Nonostante tutto l'addestramento comunque procede. Dobbiamo assolutamente lavorare su una gamma di colori più ampia, non può continuare a non illuminarsi neanche fra le mura dove la Luminescenza le è permessa per paura che qualcuno noti i suoi colori. Ma bisogna che affronti questo vuoto, o non potremo andare avanti e la Luminescenza diventerà una gabbia più di quanto non lo sia già. Guardo di nuovo l'orologio, tamburello le dita sul bancone prima di spostare di nuovo lo sguardo sull'ascensore, che rimane chiuso. Dove diamine si è cacciata? Guardo il locale mezzo pieno, alla ricerca di uno di loro, nonostante io abbia già scandagliato ogni angolo almeno tre volte, ma proprio stasera nessuno di loro è qui. Vedo solo Selene, seduta con Stan. Li scruto entrambi, come mi ritrovo a fare ogni volta, e li vedo tranquilli. Se sono tranquilli, vuol dire che Jorge è ancora in giro, vivo, sperando che non manchi ancora molto alla sua prossima telefonata. La mia mente salta da una preoccupazione all'altra, ma decido che è il caso di smetterla, perché ciò di cui posso preoccuparmi una volta esauriti i pensieri per Jorge e per Lara non è pensiero facile e iniziare a scandagliare la folla alla ricerca di un volto che so per certo non troverò non mi gioverebbe a nulla, nonostante talvolta io ceda alla tentazione di cercarla lo stesso. Sospiro, guardo il cellulare un'altra volta, lo lascio lì dov'è, inutile lasciare un'altra chiamata persa.
Le porte dell'ascensore finalmente si aprono, il mio sguardo saetta verso di loro, verso lo spiraglio che lentamente si apre. Non manco di notare che anche Stan e Selene troncano la loro conversazione per porre attenzione all'ascensore. Attendono qualcuno, se non Lara, sicuro Dylan. E infatti è lui che vien fuori dall'ascensore per primo, facendo subito cenno a Selene per notificarle la sua presenza. Con mio sollievo Lara è subito dietro di lui, avvolta in una felpa almeno due taglie più grande, le mani nascoste nelle maniche troppo lunghe. Mi basta uno sguardo per capire che la sua cortina di ferro è abbassata, mi basta uno sguardo anche per capire che è il caso che io la porti via. Il viso teso, le labbra contratte, la mano nascosta: ha bisogno di accendersi. Finalmente avrà mollato la presa. Faccio il giro del bancone alla velocità della luce, lei si protende verso di me nel momento esatto in cui mi vede. Corre a stringermi, mi stringe forte, nascondendosi fra le mie braccia. «Dean...» biascica, rannicchiandosi contro di me. Guardo Dylan, la sicurezza che porta solitamente ben in vista sul volto ora venata dalla preoccupazione. «Grazie Dylan, ci penso io ora» gli dico, prima che il ragazzo apra bocca. Si limita ad annuire mentre Selene si avvicina, facendogli cenno di andare a sedersi al tavolo. Ci scambiamo uno sguardo, allento di poco la stretta solo per poter guardare Lara in viso. «È tutto a posto Lara?» le chiede Selene. Lei ci guarda entrambi. «No...» sussurra. «Qualcuno vi ha visto per strada?» un altro no. Appurato ciò, rimane solo un'opzione. Sospiro, questa volta di sollievo, Selene le da un bacio sulla fronte prima di allontanarsi, le sue labbra inarcate in un lieve sorriso.
«Jasper, chiamami quando chiudi, chiamami per qualsiasi cosa. Intesi?» dico al ragazzo dietro il bancone. «Intesi, capo» risponde, posizionandosi dietro il bancone al mio posto. Ora che il locale è in mani fidate torno a concentrarmi su Lara, senza altri pensieri. La guido verso l'ascensore, aspetto che le porte si chiudano alle nostre spalle. «È Jorge?» chiedo, pur sapendo già la risposta, preferisco sentirglielo dire. «Sì» sussurra. Le prendo una mano. «Ne vuoi parlare?» le chiedo. «Non saprei da dove iniziare...» risponde. La saracinesca del box si apre sul garage. «Forse è il caso di mettere ordine nei pensieri» le dico, «andiamo a casa» aggiungo. La guido verso la macchina, e per tutto il tragitto continuo a guardarla di sottecchi, le mani sempre nascoste nelle maniche della felpa, lo sguardo sempre perso altrove, oltre il finestrino, chiusa in pensieri nei quali io non posso raggiungerla, a meno che lei stessa non me lo permetta. La prima cosa che faccio quando varchiamo la soglia del suo appartamento è tirare le tende con quanta più discrezione possibile. «L'addestramento...» inizia lei. «L'addestramento per stasera può tranquillamente essere rimandato» dico, dirigendomi verso il salotto, sedendomi sul divano. Lei mi segue a testa basta, sedendosi accanto a me. La guardo combattere internamente, le do un pizzicotto sulla guancia per interrompere i suoi pensieri, prima che inizi ad annegarci dentro. «Ehi, questo ha la priorità adesso» dico, finalmente incontra il mio sguardo. Le sue iridi verdi galleggiano in lacrime che si preparano a scivolarle lungo le guance. «Lui non mi avrebbe permesso di saltare l'addestramento...» biascica. «Se non affrontiamo questa questione l'addestramento andrà avanti a rilento, e lo sai anche tu» rispondo. Lei distoglie lo sguardo. Si sta di nuovo barricando dentro di sé, e io spero di riuscire a impedirglielo prima che mi tagli fuori di nuovo. «Lara...» richiamo di nuovo la sua attenzione. «Ho paura Dean, se dovessi di nuovo accendermi nel sonno, se dovessi di nuovo scoppiare senza controllo?» chiede, piangendo, agitandosi sul posto. «Risolveremo la questione come abbiamo fatto la prima volta, risolveremo la questione ogni volta che ce ne sarà bisogno, ma è necessario dare il via a questo processo Lara, devi lasciarti andare» le dico, fermandole le mani, già in preda a spasmi di panico.
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The Shades Of Loneliness
Fantasyvol.1 - The Color Of Citylights Tornare a Metropolys senza di lui si è rivelato difficile tanto quanto aveva immaginato. L'idea di tornare nei corridoi asettici del Nucleo è spinosa tanto quanto il pensiero di rimanere in città. Affrontare se stessa...