Capitolo primo ~ Una vita normale

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Sofia Povs ••
DRIIIIIIN
Mi sveglio mugolando e spengo quell'arnese infernale.
Mi stropiccio gli occhi e controvoglia mi alzo appoggiando saldamente i piedi sul pavimento freddo.
Ancora insonnolita mi vesto e mi preparo per un'altra giornata di scuola.
Scendo a fare colazione e vedo mia madre intenta a prepararsi un tè.
Non la saluto nemmeno e rubo dal frigorifero del burro e delle fette di pane.
"Hey! Si mangia in cucina non in camera!" Urla mia madre quando si accorge di me.
Non la degno di uno sguardo ed esco dalla cucina.
"Signorina Sofia! Così non si fa riporta immediatamente qui quello che hai preso dalla dispensa!" Continua  a urlare.
Sbuffo.
Non sopporto la gente che urla di primo mattino.
Seduta alla scrivania spalmo il burro su una fetta di pane e ascolto la musica nelle cuffiette cercando di dimenticare la voce fastidiosa e stridula di mia madre.
Addento la fetta affamata e continuo a imburrare l'altra.
La porta si apre di scatto ed entra mia madre infuriata.
"Allora ascoltiamo quando parlo o no??" Strilla avvicinandosi.
In un sol boccone finisco la prima fetta di pane e con la bocca piena finisco di imburrare l'altra in silenzio.
Mia madre arrabbiata mi strappa di mano il pane e mi guarda severa.
"Si mangia in cucina ho detto!" Urla.
Finalmente la guardo e mando giù quello che avevo mangiato.
La guardo inespressiva per poi girarmi
"Se non ci stai tu lì posso anche mangiare in cucina." Rispondo tranquilla.
Non ottengo risposta ma capisco che ho centrato in pieno.
Non mi piace essere così cattiva credetemi ma non sapete cosa mi ha fatto passare. Proprio non avete idea.
La sento uscire dalla stanza e mi alzo andando in bagno a lavarmi i denti, mi era completamente passata la fame con quella piccola discussione.
Davanti allo specchio lego i capelli in una coda alta, aggiungo del mascara leggero e mi dirigo verso la porta.
Afferro lo zaino e infilo al volo le scarpe.
Velocemente esco senza salutare nessuno.
Appena fuori respiro a pieni polmoni l'aria fresca mattutina e inizio a camminare in direzione della fermata del bus.
Durante il tragitto prendo le mie amate cuffiette e inizio ad ascoltare la musica.
Quando arriva la corriera salgo e mostro l'abbonamento al conducente per poi sedermi tra i sedili davanti.
Appoggio la testa contro il finestrino come sempre e chiudo gli occhi lasciandomi trasportare dalla dolce musica dei Queen.
Sento qualcuno osservarmi.
Apro gli occhi e scruto i passeggeri ma nessuno sta guardando nella mia direzione.
Stranita aguzzo la vista ma nessuno mi presta attenzione.
Eppure ho questa fastidiosa sensazione di essere osservata.
È come se lo sguardo dello sconosciuto mi trafiggesse il corpo come fosse di carta e il suo sguardo una lama.
Arrivata alla fermata scendo velocemente e mi dirigo verso la scuola girandomi di tanto in tanto a controllare se qualcuno mi stesse fissando.
Le lezioni passano lentissime e io giocherello con la matita tra le dita.
Dopo l'intervallo ascolto si e no le ultime due ore di lezione per poi correre fuori quando la campanella suona.
Torno a casa e come qualche ora prima ho quella brutta sensazione di essere osservata.
Appena entro in casa mi fiondo in camera mia e mi sdraio mettendo la musica a tutto volume.
Mia madre è al lavoro e ho tutta la casa per me.
Preparo il pranzo e passo il pomeriggio ad ascoltare musica, mesaggiare, cantare a squarciagola e a sonnecchiare.
Verso le 17 mi alzo di scatto e prendo la giacca appoggiata all'attaccapanni.
Afferro le chiavi di casa mi infilo le scarpe e apro il mio armadio in camera.
Prendo una tela bianca, una tavolozza e una piccola scatola contenenti le tempere.
Esco di casa e mi dirigo verso  il parco della città, da lì si puó osservare i bellissimi tramonti di Richmond, negli Stati Uniti.
Ebbene si, abito in America e qui nella mia città si possono vedere i più bei tramonti americani.
Mi siedo su una panchina dipinta di blu e appoggio il cavalletto e la tela. Con calma spremo i tubetti di colore sulla tavolozza e afferro con dita agili il pennello.
Osservo incantata il bellissimo cielo dipinto da colori caldi e focosi come il rosso, l'arancione e il giallo.
Con pennellate veloci inizio a dipingere quel bellissimo panorama quando qualcuno appoggia una mnao sulla mia spalla.
Mi giro di scatto e mi ritrovo un uomo davanti, un uomo innaturale.
è alto circa due metri e mezzo, ha lunghe braccia e lunghe gambe, è molto magro anche ma slanciato e muscoloso. Non ha volto e la sua pelle è bianca come il marmo.
"Buonasera." Dico educatamente sorridendo.
L'uomo pare sorpreso dalla mia neautralità e dalla mia tranquillità ma si riiprende quasi subito.
"Mi dia la mano signorina." Dice allunganodomi la sua grande mano.
Lo fisso confusa e lui mi incita calmo.
Dubbiosa allungo la mano timorsa e lui la afferra delicatamente. La prende, la osserva la rigira e appoggaia due dita sopra il mio polso.
Finalmente alza lo sguardo verso di me e non dice niente.
"Sei speciale." Sussurra tremante e sento molta emozione nella sua voce.
Lo guardo senza capire con occhi curiosi cercando di capire.
"Ci rivedremo presto Sofia. Bello il disegno." Mormora scomparendo all'improvviso. Di lui mi restano solo le sue parole che mi ronzano nella mente come uno sciame di ape ripetendosi all'infinito.
"Ci rivedremo." Cosa avrà voluto dire? E come fa a conoscere il mio nome?

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