Capitolo primo

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Prologo

Roma, autunno 2013

Lui la guardò sorridendo.
- Come ti chiami?-
- Sabina.-
- Sabina? Proprio senza la r?-
- Sabina-proprio-senza-la-r. E tu?-
- Ivano.-
- Ivano? Proprio con la o?-
- Ivano-proprio-con-la-o.-
Era scoppiata a ridere, e lui aveva notato che aveva un bellissimo sorriso.
Solo più tardi avrebbe scoperto che quel sorriso era sempre più raro.
Ma a quel punto aveva già deciso; per tutto il tempo possibile lo avrebbe voluto al suo fianco.

Capitolo primo   

"Noi cercheremo l'amore altrove,
solo una cosa rimane sicura,
ognuno avrà la propria vita
e proprio questo fa paura

L'amore altrove – A. Amoroso, F. Renga

Roma, agosto 2015

Quel tempo era d'improvviso finito appena dopo gli esami di maturità, quando lei gli aveva detto che voleva andare da suo padre in montagna almeno una o due settimane per poi tornare a Roma e ricominciare da zero ancora una volta, escludendo tutto quello che aveva fatto parte della sua vita nei due anni precedenti.
Lui compreso.
Ivano aveva accettato passivamente la sua decisione, forse perché in fondo al cuore aveva sempre saputo che Sabina non era fatta per restare, che era nata per scappare da qualcosa continuamente, lasciare tutto e andarsene, e soprattutto sapeva di non poter far altro che non fosse accettare le sue decisioni, anche quando significava soffrire.
Così, una mattina di inizio agosto, mentre Roma era praticamente vuota e i pochi rimasti in città ancora dormivano, Sabina lo aspettava seduta sul marciapiede davanti casa, perché anche a costo di sembrare stupida lui voleva portarla alla stazione, salutarla un'ultima volta e convincersi che quello fosse un viaggio senza ritorno.
La ragazza giocherellava con il cellulare accendendo e spegnendo la connessione internet per controllare se suo padre le avesse scritto su whatsapp.
La faceva sorridere ogni volta il pensiero di quell'uomo che faceva il moderno per stare in contatto con lei e far parte della sua vita ad ottocento chilometri di distanza.
Non che fosse poi così anziano, aveva appena poco più di cinquant'anni, ma era un maresciallo dei Carabinieri di una piccola località del Piemonte, e questa sua descrizione, secondo lei, si sposava male con l'idea di un uomo tecnologico.
Sarebbe andato a prenderla alla stazione di Torino Porta Nuova, dove avevano già deciso di fermarsi a mangiare al McDonald's come quando era bambina prima di partire alla volta del paesino di montagna dove avevano casa e lui ancora viveva.
Poi Sabina avrebbe deciso cosa fare e quando tornare a Roma, ma questo sarebbe venuto dopo.
Una o due settimane, aveva detto a Ivano e agli altri amici che aveva ancora nella capitale e a cui aveva ugualmente chiesto rispetto per la sua voglia di andare via, ma non era certa di quanto tempo volesse stare lontana da quella che chiamava civiltà.
Lui le si parò davanti con in mano i due caschi della motocicletta con cui l'avrebbe accompagnata a Termini e, appena lei riprese contatto con la realtà, l'aiutò ad alzarsi.
- Non c'era bisogno che lo facessi, lo sai... mi fai sentire così...- Sospirò Sabina.
- Stronza? No, non lo sei, altrimenti me ne sarei andato io nel momento in cui hai detto che volevi chiudere tutto.-
- Non era riferito solo a noi, lo sai.-
- Lo so, è per questo che sono ancora qui.-
La ragazza si trattenne dall'abbracciarlo solo perché desiderosa di allontanarsi anche e soprattutto da quello, ma gli fu grata per le sue parole.
Lo amava ancora, per ciò che significasse amare alla loro età, e più volte aveva ripensato a quella sua scelta, ma non poteva fare diversamente.
Quegli ultimi due anni passati a Roma appartenevano a una vita che non ci sarebbe dovuta essere, un errore del destino dovuto ad un dramma che si sarebbe portata dietro per tutta la vita, e non poteva continuare in quel modo.
Sapeva che il destino o ciò che era non poteva essere sfidato o cambiato, ma un tentativo andava fatto, anche a costo di perdere tutto.
- Avanti, Sabi, salta su che è ora di andare.- Le disse indicando la moto con cui era andato a prenderla.
La ragazza sorrise. - Manuel ti ha prestato la scheggia'- Chiese guardando il veicolo appartenente ad un loro comune amico.
- Per un'occasione simile è parso giusto anche a lui; tu stai andando via ed è un modo per salutarti per bene. Dopotutto l'idea fu tua.- Le spiegò ricordandole che era stata lei a spingere per sostituire il motorino scassato di Manuel dopo un tragico incidente avvenuto meno di un paio di anni prima.
Sabina non rispose e si girò per raccogliere il borsone da palestra con cui sarebbe partita.
Lo indossò a tracolla come faceva sempre, si fece passare uno dei due caschi da Ivano e salì.
Si strinse a lui per tutta la durata del viaggio, e sperò che quel momento non finisse mai, perché malgrado tutto quel contatto la rassicurava, la faceva sentire protetta.
Roma scorreva sotto e intorno al rapido motociclo.
Era presto, poco più tardi delle otto, ma il caldo sotto ai caschi era già soffocante.
In compenso, per strada, c'erano davvero pochissime macchine, una situazione alquanto irreale per la capitale.
Ancora meno, poi, erano i passanti; qualche turista che si era alzato di buon ora, impiegati che avevano già finito le ferie o dovevano ancora iniziarle, anziani e mamme con bambini piccoli che passeggiavano un poco prima che la calura estiva li privasse della possibilità di uscire di casa.
Roma non era Roma, in quella mattina di Agosto, e Sabina un po' ne fu felice, perché sentirsi estranea al ciò che stava lasciando la aiutava a separarsene. Arrivarono alla stazione Termini quando mancavano poco più di una decina di minuti alle nove e, dopo aver parcheggiato, si fermarono ad un bar per fare colazione.
La ragazza non aveva molta fame, ma prese ugualmente un cappuccino e una brioche, convinta che mangiare qualcosa potesse aiutarla a sbloccare lo stomaco stretto nella morsa nell'ansia.
Lo faceva sempre, quando l'agitazione era tanta e la voglia di ingerire anche solo un biscotto veniva a mancare provava comunque a non rimanere senza niente, era una cosa che aveva imparato anni prima, quando praticava ginnastica artistica a livello agonistico e sapeva che volente o nolente non poteva iniziare la gara digiuna da ore per colpa di ansie e paure.
Proprio come se fosse stato una competizione anche quel viaggio di ritorno si prospettava difficile da affrontare a stomaco vuoto, e le fece dolcezza notare l'espressione compiaciuta che assunse Ivano nel vederla mangiare.
- Hai qualcosa dietro per il viaggio o questo di basterà fino a Torino?-
- Ho qualcosa dietro per il viaggio e ho anche dei soldi nel caso avessi voglia di comprare qualcosa al bar del treno. Non morirò di fame per un viaggio di quattro ore, se è questa la tua paura.- Gli sorrise.
Lui non rispose, si alzò per andare a pagare e poi tornò verso la ragazza per accompagnarla al binario .
Anche la stazione era semideserta, ma almeno non faceva il caldo di fuori e questo già lo sapevano, visto che Sabina più volte in passato si era rintanata tra i negozi del piano sotterraneo o si era seduta a guardare arrivi e partenze, storie di vite che andavano e venivano.
Il treno non era ancora arrivato, così la giovane, incurante della possibilità di essere vista da qualcuno che non fosse il suo accompagnatore, abbandonò per un attimo il borsone all'inizio della banchina e iniziò a correre.
Corse per qualche metro, poi saltò e si librò in volo facendo quella che si poteva descrivere come una spaccata in aria, atterrando senza sbilanciarsi una manciata di passi più avanti rispetto a dove era partita.
Era una ginnasta, aveva il costante bisogno di stare in movimento, di non fermarsi mai, e non era raro vederla correre e saltare anche lontano dalla palestra.
Ivano raccolse il borsone e si andò a sedere vicino a lei, che intanto si era messa per terra con la schiena appoggiata a uno dei grossi pilastri che, almeno in teoria, dividevano i punti di accesso più comodi alle varie carrozze.
Un'altra ragazza, probabilmente, si sarebbe seduta su una delle panchine di pietra stando ben attenta a non sporcarsi, ma Sabina era fatta così, e forse lui la amava, o le piaceva, o quel che era, anche per quello.
Si ricordava che una volta, prima ancora che si mettessero insieme, si trovavano con altri amici in zona San Paolo e, mentre decidevano come concludere la serata, lei si era seduta, sempre per terra, sui gradini di una lunga scala che collegava due vie del quartiere.
Quando un'amica le aveva fatto notare di come rischiasse di prendersi chissà quali terribili malattie in quel modo lei aveva semplicemente sorriso e, con tutta la naturalezza del mondo, aveva risposto: "e tu sai in quanti modi potrei morire prima ancora che si manifestino i sintomi di qualsiasi malattia?".
Era così, era il suo modo di vedere la vita, ed era pensare a tutto ciò che l'aveva resa così fatalista, ma non poteva farci nulla.
Incrociò le gambe rapida ringraziando di essere in tuta e maglietta, il suo abbigliamento preferito, e si sciolse i capelli castani per stringersi meglio la treccia in cui li aveva raccolti quella mattina.
- Scommetto che lo farai anche appena arrivata in paese.- Le disse Ivano per porre fine al pesante silenzio che era calato tra di loro.
- Cosa?-
- Quel salto, quel volo. Mi ha detto più volte che lo facevi spesso sulla via principale del paesello, no? Quella che lo collega con la piazzetta...-
- Ah, sì. Sì, è possibile; mio padre lascerà la macchina nel parcheggio alto, io gli darò il borsone e poi andrò lì, sulla via principale, e farò quel salto, proprio come hai detto te. In fine cercherò Sergio e Giancarlo, il poco di vita che mi resta lì oltre a mio padre...-
- Andrai a Briançon? Non oggi o domani, ovviamente, ma nel periodo in cui starai su.-
- Mi stai chiedendo se vedrò Jean-Jacques? Che c'è, sei geloso?- Chiese Sabina girando la testa da un'altra parte.
- Geloso?- Mi pare che non stiamo più insieme, no? E poi, proprio perché non siamo una coppia, non ti ho parlato ti lui, ti ho semplicemente domandato se andrai in un posto che ti piace, che ami...-
- Sì, forse, non lo so, dipende da mio padre, da quanto rimarrò su, da tante cose...- Se un attimo prima la ragazza era parsa sul piede di guerra, arrabbiata perché le era sembrato che Ivano volesse infrangere un suo spazio personale, in quel momento si era di nuovo fatta piccola e timida, nascondendosi sotto il peso di tutto ciò che le era accaduto in quei suoi primi vent'anni di vita.
Si voltò nuovamente verso di lui e attese che dicesse qualcosa.
La voglia di parlare del ragazzo non si fece attendere, visto che desiderava godersi ogni attimo a fianco della giovane, soprattutto ascoltando la sua voce, che, già lo sapeva, gli sarebbe mancata più di tutto il resto.
- E dopo?-
- Dopo quando?-
- Quando tornerai a Roma, quando sarà il momento di scegliere l'università... hai già deciso cosa fare?-
Sabina alzò le spalle e annuì. - Sto pensando di iscrivermi a sociologia, in questi due anni, quando ti vedevo studiare quella disciplina, rimanevo sempre affascinata.
Ma è solo un'ipotesi, potrei anche decidere di rimanere da mio padre o lasciare sia la montagna che Roma, non lo so....-
Si trattenne di nuovo tristemente dal cercare l'abbraccio di Ivano dopo avergli confessato tutte le insicurezze che accompagnavano il loro addio e quel suo strano viaggio.
Erano giovani, si erano profondamente amati, anche fisicamente, ma la ragazza si sentì realmente nuda davanti a lui solo in quel momento.
- Continuerò a volerti bene, e a pensarti...- Le sussurrò poi.
Lei sorrise e, per un attimo, gli prese la mano.
In quei momenti, mentre stavano lì a salutarsi a modo loro, tutto il mondo esterno era scomparso, e solo negli attimi di silenzio si accorgevano di come la stazione si stesse leggermente riempiendo.
- Antonello Venditti!- Dichiarò poi deciso Ivano.
- Eh?-
- Antonello Venditti, Sabina. Andiamo, è il tuo cantante preferito, conosci la sua discografia praticamente a memoria, ci sarà una canzone adatta ad una situazione come la nostra, o no?-
La ragazza rimase un po' con lo sguardo perso a pensare, fino a che non scosse velocemente la testa in segno negativo.
- No, francamente non mi viene in mente nulla, nessuna canzone che possa descriverci al momento attuale...-
- Stefano Rosso?-
Altro cenno negativo accompagnato da un leggero sorriso. - Ma no! Se non ce la fa Venditti tanto meno può farcela Rosso...-
- Guccini? De Gregori? Lo Stato Sociale? I Modena? Le Luci Della Centrale Elettrica?-
Lei continuò a ridere e fare segno di no.
- No, Ivano, non mi sembra ci siano canzoni o cantanti in grado di descrivere correttamente la nostra situazione.-
- Allora è davvero particolare... in fondo lasciarsi così, senza smettere di volersi bene...- Commentò il ragazzo. - E invece canzoni che ti descrivano? Dici sempre di avere un nome che odi perché troppo particolare, e in parte è anche vero, quindi non ci sono canzoni che lo portino come titolo, ma ci sarà una qualche canzone in grado di descriverti, no?-
- Credo di no, o forse semplicemente non ci ho mai pensato... Ma perché tutte queste domande?-
- Non lo so, forse ho bisogno di sapere che qualcosa rimarrà. E la musica è qualcosa che rimane, no?-
Lei annuì debolmente.
- Sai, a proposito del tuo nome... qualche giorno fa sono passato dalla Mondadori in Viale Europa, hai presente, no? E mi sono messo a sfogliare i libri con i significati dei nomi, cercavo quello che alla voce Sabina parlava del carattere dicendo tipo che le donne col tuo nome sono... testarde, mi pare, o un aggettivo simile.
Te lo ricordi? Lo avevamo trovato insieme tempo fa.-
- Sì, mi ricordo...-
- Ecco. Comunque sia, non l'ho più trovato, dunque pazienza, mi basterà aver conosciuto il tuo vero carattere senza bisogno di un libro.-
Calò ancora un momento di silenzio che, stranamente, fu rotto dopo poco dalla ragazza.
Aveva ripensato velocemente a quello che si erano detti fino a quel momento e aveva deciso di voler sapere qualcosa in più anche sul futuro del ragazzo.
- Non mi hai detto, invece, cosa vorrai fare tu da Settembre in poi.-
- Sono indeciso tra lettere, storia e, forse, filosofia. Tutte facoltà che mi porteranno poi ad insegnare, insomma, e ovviamente conto di iscrivermi a "La Sapienza", mentre immagino che tu sceglierai Roma Tre...-
- È dietro casa, mi sembra la scelta migliore.-
- Certo, non ne dubito. Però non ti fa strano che tu che hai fatto il classico pensi a sociologia e io che ho fatto il sociale voglia fare lettere?-
- Sì, è un buffo caso della vita.- Rise lei.
Fu un sorriso rapido che abbandonò subito dopo per buttare prima un'occhiata annoiata al suo cellulare e poi uno sguardo al treno arrivato pochi minuti prima facendo un rumore che aveva reso meno pesante uno dei loro tanti silenzi.
- Manca poco più di un quarto d'ora alla partenza, forse è arrivato per me il momento di andare...- Sospirò Sabina alzandosi e recuperando le sue cose.
Controllò tramite il telefono quale fosse la sua carrozza e vi si diresse seguita dal ragazzo, fermandosi quasi davanti alla porta.
- Beh, quindi è ora di salutarsi.- Disse Ivano guardandola negli occhi dopo essersi messo di fronte a lei.
- Temo di sì.-
- Vuoi che resti fino alla partenza del treno?- Le chiese.
- No, non serve, davvero.
- Allora è proprio arrivato il momento...- Decretò rassegnato. - Fai buon viaggio.-
Allungò la mano per salutarla ma, inaspettatamente, ricevette un abbraccio.
Rapido ed improvviso, tanto che appena si riprese la vide già alla porta del vagone.
- Ciao, Ivano... buon tutto.-
Lo salutò semplicemente così, senza voltarsi una volta in più.
Poi cercò il suo posto a sedere e ringraziò di avere uno accanto al finestrino ma dall'altra parte rispetto alla banchina. Ivano non poteva vederla, lì dov'era, e lo stesso era per lei.
Il loro addio era stato così, toccante ma rapido, perché Sabina, se fosse rimasta al suo fianco ancora qualche minuto, avrebbe avuto dei ripensamenti che non poteva permettersi di avere.
Accese l'iPod mentre il treno partiva e si fece cullare dalle parole di una delle ultime canzoni proprio di Venditti.
Quando il brano finì le prese un groppo in gola a pensare che, forse, a Ivano aveva mentito, perché, per quanto strane fossero lei e la sua vita, in alcuni di quei versi si era ritrovata.
Ma, mentre il treno correva, ogni rimorso svaniva.

"E t'ho trovata in ginocchio
le lacrime asciutte,
ma perché sono sempre 
la peggiore di tutte,
la peggiore di tutte."

Cosa avevi in mente – A. Venditti

Il nome di ogni tua emozioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora