Capitolo 9 Il salotto

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-Volete un tè. Chiese Debora, allontanandosi dalla cucina.
-Che si fa con Melker ? Insistette Lou, guardandola, aveva assunto una smorfia di malinconia.
-Non uscirà dalla camera, perciò non preoccupiamoci ora.
Edit posò un braccio sulle sue spalle e l'accompagnò in cucina, un gesto stranamente materno.
Si sedettero sugli sgabelli e aspettarono che l'acqua bollisse.
Con più calma Nabil si allontanò dalla finestra e rimase in piedi in cucina, con le braccia conserte. Jo si era seduto di fronte a lui, con una faccia ferita in volto.
Debora si chiese il perché, ma non lo pole dire, quindi abbassò gli occhi e tamburellò le unghie sul tavolo.
Mindy si era seduta sul divano, nel più totale silenzio.
La sua coinquilina ultimamente era dell'umore nero; lo capiva dalle candele accese nel salotto di casa loro, nella porta accanto a quella dei quattro, la 33. Un'altra relazione finita male.
Le si strinse il cuore.
-Lou sono comparsa a casa tua e non mi sono, anzi ci siamo- disse guardando Nabil- presentati. Sono Debora, vivo in questo appartamento da poco più di due mesi, quindi sono in parte nuova anche io.
Mentre parlava sorrideva gentile; vedeva il viso di Lou addolcirsi a poco.
Capì al volo la sua espressione.
Qualcuno di normale!
Come biasimarla, si era abituata al l'atteggiamento degli altri, ai litigi da poco più di una settimana.
Quindi voleva apparirle gentile.
Ci riuscì.
-Cosa fai? Le chiese lei mentre Debora stava per sciogliere  gli infusi nelle tazze diverse.
-Cosa preferite? Chiese rivolta agli altri.
-La tazza con Ferb che pensa. Disse Miguel.
-Mi riferivo al tipo del tè, caro. Debora lo guardò come un inserviente guarda una persona malata di mente.
-Ah butta quello che preferisci.
Disse quello con una scrollata delle spalle.
-Tè nero per me.
-Anche per me. Disse Mindy, copiando Edit; cosa molto frequente.
Porse le tazze a tutti dopo aver avuto le loro risposte.
Due tè neri in tazze blu, con Winnie Poh che dorme; un tè verde per Jo, in una tazza piena di sorrisi.
Appena gliela passò lui le sorrise riconoscente.
-Grazie mama.
Mama era il soprannome che Edit le aveva dato, perché aveva decretato che era troppo premurosa; Debora ci aveva pensato su più volte, essere buoni non era una cosa negativa da nascondere aveva deciso in fine, perciò aveva accettato a buon grado il soprannome.
Un tè rosso per Nabil, che dopo averlo trangugiato, riferì che doveva andarsene a lavorare e salutò tutti con un cenno della mano.
Mentre passava il tè a Lou con una tazza piuttosto spoglia, parlò un po' di sé.
-Sono una maestra di asilo. Ma non credere che i bambini siano così adorabili. Ieri un mio alunno mi ha colorato i capelli di verde con il pennarello, mancava poco che lo scaraventavo fuori dalla finestra per l'esasperazione.
Disse toccandosi le punte dei capelli scuri, sciolti, lunghi fino alla schiena.
-Sei di origine cinesi? Chiese l'ovvietà solo per sentirla parlare.
-Si, mia madre è cinese, mio padre lavorava qui, quindi ci siamo spostati in città ad Utrecht. Poi finita l'università ad Amsterdam, dovevo fare un corso di pedagogia in ospedale e lì ho conosciuto Nabil e mi ha consigliato di venire a vivere qui.
-Ti sei pentita, no? Scherzò Mindy, era venuta vicino a noi.
-Tu cosa fai? Le chiese.
Lou rimase in silenzio, con l'indice torturava la tazza, era in imbarazzo non aveva fatto piani.
-Non saprei, mi ero solo soffermata sul cambiare vita.
-Cosa ti piacerebbe fare? Chiese Mindy.
-Non lo so.
-Sai almeno come ti chiami? Disse Edit ironica. Lou la ignorò.
-Sai la lingua vero? Chiese Debora.
-Si, la base ecco. Disse quella annuendo
-È già qualcosa. Perché non vieni da noi?
-Detesto i bambini. Rivelò.
-Potresti lavorare nel mio negozio di vestiti? È un bel posto.
-Grazie magari.
-Oppure chiediamo a Miguel se ha un lavoro da passarti.
-Perché dove lavora?
-Nella squadra di calcio, non so come, ma conosce gente disperata che ha sempre qualcosina da rifilargli.
-Mi piace l'idea del negozio. Decise
-Anche a me. Sorrise Mindy.

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