«Dove cazzo sei, figlio di puttana?!»
mi ritrovai ad esclamare, alle 2:12 di notte, in preda alla preoccupazione, all'ansia e all'ira.
Il solo pensiero che potesse essere accaduto qualcosa di incredibilmente brutto al mio Ian, anche peggio di quello che ho ora etichettato come "rapimento", che qualcuno gli stesse facendo del male, mi mandava fuori di testa.
Come aveva fatto a sparire nel bel mezzo della notte? Era inconcepibile ed umanamente impossibile. Non ho il sonno particolarmente pesante, al contrario, mi sveglio anche per il più leggero fruscio, era improbabile anche che qualcuno fosse entrato in casa mia, mi avesse sedato in qualche modo e poi avesse rapito Ian, scappando dalla finestra; al quinto piano.
Quale pazzo sarebbe fuggito, usando la finestra, quando era così in alto? Si trattava di morte certa e sono sicuro di non aver trovato alcun cadavere oggi.
Mentre ero completamente esausto, con le gambe che dolevano ed i polmoni che bruciavano per la malsana frenesia di quella notte, mi distesi sull'asfalto e rabbrividii per il freddo che penetrò fin nelle mie ossa.
Non avevo avuto tempo di preoccuparmi per me, ovviamente, quindi non avevo avuto realmente freddo fino a quel momento, in cui mi fermai a pensare e decisi che, forse, aspettare sarebbe stata l'unica cosa che avrei potuto fare.
Non volevo di certo arrendermi in quel modo, ma probabilmente poliziotti e detective erano molto più bravi ed in gamba di me quando si trattava di sparizioni improvvise.
Gradualmente, sentii i miei sensi assopirsi, tutto il mio corpo farsi più leggero mentre mi concedevo al sonno.
Non potevo dormire in strada, ma tutto era così quieto, probabilmente non avevo mai avuto tanta pace intorno a me.
Mi meravigliai di non trovarlo fastidioso, abituato com'ero al frastuono notturno del South Side.
Proprio quando i miei occhi si stavano chiudendo, decisi a riaprirsi solo dopo qualche ora, una telefonata mi fece sobbalzare.
Afferrai velocemente il cellulare dalla tasca, pensando che fosse qualche notizia riguardante Ian, ma il nome che lessi sul display mi lasciò di stucco.
Era lui.
Accettai la chiamata e portai l'apparecchio all'orecchio, con l'intenzione di urlargli contro, ma non mi fu possibile.
«Aiutami»
disse soltanto, la sua voce sembrava spenta, ricordava quella di un automa.
Poi la telefonata terminò ed io lasciai che, a prendere possesso del mio corpo, della mia anima e del mio cervello fosse la paura.
Lasciai che a muovermi, per una volta, fosse il mio cuore terrorizzato, che batteva nel petto tanto forte da parer volesse uscirne.
Ed il cuore, con la paura, alimentarono il vuoto che stavo provando allo stomaco, la dolorosa morsa al petto, fin quando le lacrime non presero a punzecchiare poco amabilmente i miei occhi e sgorgarono da essi.
Stavo piangendo, per la prima volta dopo anni.
E non mi fermai, neanche tentai di smettere, non asciugai le mie lacrime.
Lasciai che consumassero le mie guance e tutto ciò che avevo dentro.
Me ne andai di lì solo un'ora più tardi, quando una uomo di mezza età mi disse di smammare, lanciandomi una ciabatta.
Non mi chiesi cosa ci facesse in giro a quell'ora e con quel freddo, in pigiama.
Composi il numero di Lip, con voce tremante gli dissi cos'era accaduto.
Avevo smesso di piangere, le lacrime sembravano essere finite. Mi sentivo un po' più vuoto, disidratato, ma mi ero sfogato e quasi stavo meglio.
Insieme, tornammo alla stazione di polizia.
~
spazio autrice.
boom, babiess.
okay, a Dicembre ho detto che avrei aggiornato presto, invece siamo quasi a fine Aprile.
Faccio schifo, ma vi amo, quindi perdonatemi.
Ho deciso di terminare il capitolo qui in modo da dedicarne uno solo a ciò che avverrà dopo e spero di scriverlo subito!
Fatemi sapere cosa pensate di questo, se è valsa la pena di aspettare o no.
Kisses,
milkovichsguns